Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20123 del 10/04/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 20123 Anno 2018
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: RECCHIONE SANDRA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
TATARU GEORGIANA PETRONELA nato il 24/04/1993 a IASI (ROMANIA)

avverso la sentenza del 02/03/2017 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere SANDRA RECCHIONE
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIUSEPPINA
CASELLA che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
Udito il difensore della parte civile C. Malara che deposita conclusioni e nota spese
Udito il ddifensore dell’imputato P. Caruso che si riporta ai motivi di ricorso

Data Udienza: 10/04/2018

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La Corte di appello di Reggio Calabria in parziale riforma della sentenza di primo
grado, emessa all’esito della celebrazione del rito abbreviato, condannava la
Tataru alla pena di anni tre, mesi otto di reclusione ed euro 3000 di multa per i
reati di rapina aggravata, tentata estorsione e lesioni.

2.Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore

2.1. vizio di legge e di motivazione in relazione al mancato inquadramento del
fatto qualificato come tentata estorsione nel delitto di esercizio arbitrario delle
proprie ragioni.
Si tratta di doglianza inammissibile.
Il collegio ribadisce che è configurabile il delitto di estorsione, e non quello di
esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone, in
presenza di una delle seguenti condizioni relative alla condotta di esazione violenta
o minacciosa di un credito: a) la sussistenza di una finalità costrittiva dell’agente,
volta non già a persuadere ma a costringere la vittima, annullandone le capacità
volitive; b) l’estraneità al rapporto contrattuale di colui che esige il credito, il quale
agisca anche solo al fine di confermare ed accrescere il proprio prestigio criminale
attraverso l’esazione con violenza e minaccia del credito altrui; c) la condotta
minacciosa e violenta finalizzata al recupero del credito sia diretta nei confronti
non soltanto del debitore ma anche di persone estranee al sinallagma contrattuale
(Cass. sez. 2 n. 11453 del 17/02/2016, Rv. 267123)
Nel caso di specie in coerenza con tali linee ermeneutiche evidenziava in primo
luogo che il credito asseritamente vantato era ingiusto, in quanto l’imputata era
stata incaricata per un periodo di prova e pretendeva denaro non pattuito (pag.
15 della sentenza impugnata); in secondo luogo, con valutazione di merito esente
da vizi logici e non censurabile in questa sede, evidenziava che la condotta posta
in essere era idonea ad annullare le capacità volitive della vittime e dunque a
costringere la stessa alla prestazione ingiusta pretesa inquadrandosi pacificamente
nel reato di estorsione (pag. 14 della sentenza impugnata).

2.2. Vizio di legge e di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche.
Anche questo motivo è inammissibile.
Nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è
necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o
sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia
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dell’imputato che deduceva:

riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o
superati tutti gli altri da tale valutazione (Cass. Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010
Rv. 248244; Cass. Sez. 1^ sent. n. 3772 del 11.01.1994 dep. 31.3.1994, rv
196880).
La concessione delle attenuanti generiche richiede infatti l’apprezzamento di
elementi positivi che orientino la discrezionalità affidata al giudice nella definizione
del trattamento sanzionatorio verso la attribuzione di una sanzione meno afflittiva.
Nel caso di specie, in coerenza con tali linee ermeneutiche rilevava l’irrilevanza

elementi che venivano ritenuti ostativi alla concessione dell’invocato beneficio
sanzionatorio (pag. 19 della sentenza impugnata).

2.3. Vizio di legge e di motivazione in relazione al mancato assorbimento del reato
di lesioni in quello di tentata estorsione, o di esercizio arbitrario delle proprie
ragioni, qualora si ritenesse accoglibile il primo motivo di ricorso.
Il motivo è inammissibile.
Il collegio ribadisce che la condotta di violenza, la quale, cumulativamente od
alternativamente con quella di minaccia, costituisce il nucleo essenziale del delitto
di estorsione, è in esso interamente assorbita quando non provoca alcuna lesione
personale (come nel caso in cui l’agente si limiti ad immobilizzare la vittima o a
percuoterla ovvero esplichi solo la violenza c.d. reale); in caso contrario, devono
trovare applicazione le norme sul concorso di reati (Cass. Sez. 2, n. 16658 del
16/01/2014 – dep. 16/04/2014, D’Errico, Rv. 259556; Cass. Sez. 2, n. 45738 del
04/11/2003 – dep. 26/11/2003, Uzebu, Rv. 227617).
Nel caso di specie, in coerenza con tali indicazioni la Corte territoriale rilevava il
concorso formale tra i reati (pag. 17 della sentenza impugnata).

2.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616
cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali
nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si
determina equitativamente in C 2000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 2000.00 in favore della Cassa delle ammende.
Condanna altresì la ricorrente la ricorrente alla rifusione a favore dello Stato delle
spese di difesa della parte civile Raia Felice per questo grado di giudizio liquidate
in euro 3510 oltre rimborso forfettario al 15% CPA ed IVA.

della sola incensuratezza e l’assenza di qualunque segnale di ravvedimento,

Sentenza a motivazione semplificata

Così deciso in Roma, il giorno 10 aprile 2018

Il Presidente

L’estensore

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