Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20107 del 15/03/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 20107 Anno 2018
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: MICCICHE’ LOREDANA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BOZZI GIORGIO nato il 06/05/1942 a MILANO

avverso la sentenza del 24/01/2017 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere LOREDANA MICCICHE’
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore OLGA MIGNOLO
che ha concluso per il rigetto
E’ presente l’avvocato MELANDRI ALESSANDRA del foro di RAVENNA in difesa di
BOZZI GIORGIO che insiste per l’accoglimento del ricorso riportandosi ai motivi

Data Udienza: 15/03/2018

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’Appello di Bologna, con sentenza del 29 gennaio 2017, confermava
integralmente la sentenza emessa in data 20 dicembre 2013 dal Tribunale di
Ravenna, con la quale Bozzi Giorgio veniva condannato alla pena di mesi uno di
reclusione, per il reato di cui all’art. 590, c. 3, cod.pen., perché, in qualità di legale
rappresentante della Vulcaflex S.p.a., cagionava per colpa, consistita precisamente
nel non aver provveduto ad adottare le misure necessarie affinché le attrezzature di

manutenzione (art. 71, c. 4, lett. a), punto I, d.lgs. 81/2008), lesioni personali al
lavoratore Mbody Merouba, con prognosi superiore ai 40 giorni. Venivano concessi i
doppi benefici di legge.
2.

Il fatto veniva pacificamente ricostruito dai giudici di merito. L’infortunio

avveniva presso lo stabilimento della Vulcaflex di Cotignola la sera del 12 dicembre
2009, quando la persona offesa, che lavorava al reparto calandra 1700, aveva
notato che quattro cassoni in plastica impilati in una colonna alta fin quasi al soffitto
(che vuoti pesavano più di 1 quintale ciascuno) erano posizionati male e, pensando
che potessero sbilanciarsi e cadere facendo male a qualcuno, aveva pensato di
rimuoverli per impilarli meglio. Aveva quindi preso il transpallet solitamente
utilizzato per quell’operazione, e non il muletto (che ha la caratteristica di avere
una cabina che ripara l’operatore) ed aveva inserito le relative forche dopo il primo
cassone, per togliere i tre soprastanti, spostarli, appoggiarli a terra e poi uno alla
volta rimetterli ben incastrati l’uno sull’altro. Nel compiere tale operazione, nel
momento in cui aveva sollevato la pila di tre cassoni con le forche infilate fra il
primo ed il secondo, probabilmente a causa del poco spazio che vi era fra l’ultimo
cassone in cima e il soffitto dello stabilimento, aveva sbattuto contro qualcosa, il
cassone più in alto si era sbilanciato e gli era rovinato addosso colpendolo
pesantemente alla schiena, e provocando le lesioni per cui è processo.
3. Veniva accertato, tramite il manuale d’uso e manutenzione del transpallet, che il
movimento corretto del carrello nell’operazione di impilamento e disimpilamento
sarebbe stato quello di spostare un soLD collo per volta, di non impilare più di tre
cassoni complessivi e di non sollevare e trasportare carichi che possano oscillare
liberamente. Ciononostante, la prassi invece seguita in Vulcaflex era del tutto
diversa: normalmente si movimentavano due cassoni per volta, indipendentemente
dal fatto che si usasse il muletto o il transpallet; prima dell’infortunio i cassoni
erano sempre stati impilati in colonne di quattro; nessuno in azienda aveva fatto
seguire ai lavoratori corsi sul corretto utilizzo dei transpallet; capitava spesso che
gli operai movimentassero contemporaneamente tre cassoni.

lavoro fossero utilizzate in conformità a quanto previsto dal libretto d’uso e

4.

L’imputato, a mezzo dei propri difensori di fiducia, propone ricorso per

cassazione, deducendo due motivi.
5. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta, ex art. 606, c. 1, lett. b) e lett. e),
cod.proc.pen., violazione degli artt. 41, c. 2, 43, 590 cod.pen., 2087 cod.civ. e 71,
c. 4, lett. a) punto I, d.lgs. 81/2008 e conseguente vizio della motivazione per non
avere i giudici di merito ritenuto che il comportamento della persona offesa potesse
porsi quale causa da sola sufficiente a determinare l’evento, trattandosi di condotta

dichiarazioni dei testi Cariello, capo del reparto calandra 1700, Frabetti e Benini
secondo i quali nel reparto stesso vi sarebbero stati a disposizione ben due
transpallet e due muletti, con ciò provando che fossero a disposizione le
attrezzature idonee ad ogni tipo di movimentazione. Inoltre, i dati probatori
avrebbero dimostrato altresì come fosse stata certamente impartita ai lavoratori
(ed alla persona offesa in particolare) un’adeguata formazione generale circa le
corrette modalità di carico e scarico dei cassoni. Ne derivava che il comportamento
del lavoratore dovesse considerarsi del tutto abnorme, e quindi unica causa
dell’evento lesivo.
6. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta, ex art. 606, c. 1, lett. b), lett. c) e
lett. e), cod.proc.pen., violazione d: legge in ordine al trattamento sanzionatorio, in
part colare :n ordine alla mancanza di motivazione circa la richiesta di sostituzione
della pena detentiva con la pena pecuniaria. Il giudice d’appello fornirebbe in punto
di pena una motivazione del tutto generica, senza nulla argomentare in relazione
alla richiesta sostituzione della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Preliminarmente, osserva il Collegio come il reato per il quale l’imputato è stato tratto a
giudizio deve ritenersi prescritto, trattandosi di reato commesso il 12 dicembre 2009:
non ricorrendo alcuna ipotesi di spspensione, il termine di prescrizione è maturato il 12
giugno 2017.
2. Al riguardo, ritenuto che l’odierno ricorso avanzato dall’imputato non appare
manifestamente infondato, né risulta affetto da profili d’inammissibilità di altra natura,
occorre sottolineare, in conformità all’insegnamento ripetutamente impartito da questa
Corte, come, in presenza di una causa estintiva del reato, l’obbligo del giudice di
pmnunciae l’assoluzione dell’imputato per motivi attinenti al merito si riscontri nel solo
caso in c

gli elementi rilevatori de:Hnsussistenza del fatto, ovvero della sua non

attribuibilità penale all’imputato, emergano in modo incontrovertibile, tanto che la
relativa vr!utazione, da parte del giudice, sia assimilabile più al compimento di una
‘constatazione’, che a un atto di ‘apprezzamento’ e sia quindi incompatibile con

abnorme. In particolare, non si sarebbe tenuto debitamente conto delle

qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (v. Cass., n. 35490/2009, Rv.
244274).
3. E invero il concetto di ‘evidenza’, richiesto dal secondo comma dell’art. 129 c.p.p.,
presuppone la manifestazione di una verità processuale così chiara e obiettiva, da
rendere superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi così in qualcosa di più di quanto
la legge richieda per l’assoluzione ampia, oltre la correlazione a un accertamento
immediato (cfr. Cass., n. 31463/2004, Rv. 229275).Da ciò discende che, una volta

dell’imputato occorre applicare il principio di diritto secondo cui ‘positivamente’ deve
emergere dagli atti processuali, senza necessità di ulteriore accertamento, l’estraneità
dell’imputato a quanto allo stesso contestato, e ciò nel senso che si evidenzi l’assoluta
assenza della prova di colpevolezza di quello, ovvero la prova positiva della sua
innocenza, non rilevando l’eventuale nera contraddittorietà o insufficienza della prova
che richiede ti compimento di un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze (v.
Cass., n. 26008/2007, Rv. 237263).
4. Tanto deve ritenersi non riscontrabile nel caso di specie, in cui questa Corte – anche
tenendo conto degli elementi evidenziati nelle motivazioni delle sentenze di merito non ravvisa alcuna delle ipotesi sussumibili nel quadro delle previsioni di cui al secondo
comma de!:’art. 129 c.p.p. Ne discende che, ai sensi del richiamato art. 129 c.p.p., la
sentenza impugnata va annullata senza rinvio per essere il reato contestato all’imputato
estinto pe. prescrizione.
PQM
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.

Così deciso n Roma, il 15 marzo 2018
Il Consiglie:,e estensore

Il Presidente

sopraggiunta la prescrizione del reato, ai fine di pervenire al proscioglimento nel merito

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