Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20100 del 17/04/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 20100 Anno 2013
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: GRAMENDOLA FRANCESCO PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AVELLONE LEONARDO N. IL 16/12/1967
avverso la sentenza n. 4214/2011 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 31/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FRANCESCO PAOLO GRAMEN9OLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. TIA-k.iCkeetZ 5 27cle-g)”-Q-che ha concluso per )t-ti, Luktattikinî URJAPL
Air–C1A-0

Udito, per la arte civile, l’Avv
Udit i difexisor Avv.

Data Udienza: 17/04/2013

Osserva in:
FATTO E DIRITTO

Con sentenza in data 31/10/2012 la Corte di Appello di Palermo,
in riforma della sentenza in data 20/5/2011, con la quale il
Tribunale in sede aveva dichiarato Avellone Leonardo colpevole
del reato di cui all’art.392 cp., e condannato alla pena di
offesa costituita parte civile, dichiarava n.d.p. nei confronti
del predetto perché estinto il reato per prescrizione,
condannando l’imputato alle ulteriori spese processuali sostenute
dalla parte civile.

Si contestava all’imputato di essersi, al fine di esercitare il
preteso diritto di occupare con propri autoveicoli il posto auto
sito nell’area condominiale e assegnato al condomino Andriolo
Massimo, che ne aveva il possesso esclusivo, pur potendo
ricorrere al giudice l fatto arbitrariamente ragione da sé medesimo
mediante violenza sulle cose, consistita nell’occupare tale posto
con due diverse autovetture, in tal modo mutandone la
destinazione a uso esclusivo del condomino Andriolo.

Contro tale decisione ricorre l’imputato personalmente, il quale
a sostegno della richiesta di annullamento ne denuncia l’erronea
applicazione della legge penale e il vizio di motivazione sotto
due profili:

il

primo

in

alla

riferimento

valutazione

dell’arbitrarietà della

condotta,

richiamando il principio

espresso in una recente

sentenza di

questa Sezione in un caso

assolutamente sovrapponibile

a

sostenendo che, pur essendo

incontestato il dato storico-

quello

in

discussione,

e

fattuale, ammesso dallo stesso ricorrente, la corte di merito
aveva omesso di considerare che l’azione reattiva dell’imputato
ad un suo sacrosanto diritto ad occupare un posto macchina
dell’area condominiale, doveva essere ritenuta del tutto priva di
rilevanza penale, proprio perché nei fatti chiara espressione del

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giustizia oltre al risarcimento del danno in favore della parte

principio,

ribadito in quella sentenza del “qui continuat non

attentat” e “vim vi repellere licet”; il secondo in riferimento
alla condotta posteriore all’occupazione, posta in essere dal
ricorrente, consistita nell’essersi rivolto al giudice civile ed
avere ottenuto ragione, sintomatica della sua consapevolezza
della non arbitrarietà dello spoglio.

E’ risaputo dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte che
in presenza della causa estintiva della prescrizione, l’obbligo
di declaratoria di una più favorevole causa di proscioglimento ex
art.129/2 cpp. da parte della Corte di Cassazione richiede il
controllo unicamente della sentenza impugnata, nel senso che gli
atti dai quali può essere desunta la sussistenza della causa più
favorevole sono costituiti unicamente dalla predetta sentenza, in
conformità con i limiti di deducibilità del vizio di mancanza o
manifesta illogicità della motivazione, che ai sensi
dell’art.606/1 lett.e), deve risultare dal testo del
provvedimento (Cass.Sez.IV 27/4-22/9/2000 n.9944 Rv.217255; Sez.I
5/2-5/3/2003 n.10216 Rv.2235735).
Nel caso in esame la sentenza impugnata non è censurabile né
sotto il profilo del vizio di motivazione, né sotto quello della
violazione di legge, giacché non commette il delitto de quo colui
che usi violenza sulle cose al fine di difendere il diritto di
possesso in presenza di un atto di spoglio, sempre che l’azione
reattiva avvenga nell’immediatezza di quella lesiva del diritto;
il che non si è verificato nel caso in esame, in cui è assente il
requisito della continuità dell’azione criminosa, posta in essere
dall’imputato, rispetto al pacifico possesso dell’area da parte
del condomino leso nel suo diritto.
Segue alla declaratoria di inammissibilità la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento
in favore della cassa delle ammende della somma, ritenuta di
giustizia ex art.616 cpp, di C 1.000,00.

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Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.

P.

Q.

M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in
favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma 17/4/2013

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