Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20100 del 12/12/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 20100 Anno 2015
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RIVOLI LUIGI N. IL 05/06/1949 parte offesa nel procedimento
c/
D’AMORE ROCCO
avverso il decreto n. 6949/2013 GIP TRIBUNALE di NOLA, del
23/09/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Don, ROSA PEZZULLO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. A ,

i

Data Udienza: 12/12/2014

h 12

RITENUTO IN FATTO
1. Con decreto in data 23.9.2013 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Nota
disponeva l’archiviazione del procedimento nei confronti di D’Amore Rocco, per il reato di cui
all’art. 479 c.p. in danno di Rivoli Luigi, ritenendo che l’opposizione alla richiesta di
archiviazione fosse inammissibile, ai sensi dell’art. 410 c.p.p., essendo le investigazioni
suppletive richieste (escussione del querelante, ovvero delle persone informate sui fatti), prive

2. Avverso tale decreto Rivoli Luigi ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del
proprio difensore, lamentando l’inosservanza e violazione degli artt. 127, 409 e 410 c.p.p.,
nonché la violazione del diritto di difesa, avendo il G.I.P. effettuato una valutazione diretta
della capacità dimostrativa delle investigazioni difensive richieste, senza fissare l’udienza
camerate e senza consentire alla p.o. di esplicitare la portata degli atti sollecitati; in
particolare, il ricorrente ha evidenziato che D’Amore Rocco, vigile urbano in servizio presso il
Comune di Brusciano redigeva il verbale di contestazione, in cui si attestava che l’auto del
deducente “sostava in area vietata, come da segnaletica esistente”, omettendo però di dare
conto che sulla vettura erano esposti i contrassegni attestanti la sua qualità di portatore di
handicap, con possibilità di sostare anche nelle aree vietate; egli, pertanto, impugnava innanzi
al Giudice di Pace detto verbale di contravvenzione, rappresentando anche documentalmente
la detta situazione; nel giudizio si costituiva quale convenuto il Comune di Bruscìano, che nella
propria comparsa contestava le affermazioni dell’attore espressamente scrivendo: “sul veicolo
EH087ZB non era esposto il tesserino di parcheggio invalidi” e ciò induceva il ricorrente a
proporre querela, ma il P.M., rubricato il fatto ex art. 479 c.p., avanzava istanza di
archiviazione, ritenendo non raggiungibile la prova sulla falsità del verbale di constatazione,
non essendovi testimoni ed essendo, di contro, sia la p.o., che l’indagato, interessati a
sostenere le proprie opposte tesi; a ciò seguiva opposizione, con richiesta di sentire il
querelante per chiarire le modalità del fatto, di escutere tre testi, abituali frequentatori della
p.o. sulla circostanza che l’auto del Rivoli esponeva sempre i contrassegni attestanti il suo
stato; in tale contesto, dunque, la valutazione operata dal Gip, che, senza fissare camera di
consiglio e dare luogo al contraddittorio tra le parti, emetteva de plano l’impugnato decreto di
archiviazione, ritenendo irrilevanti le indicate indagini, non è condivisibile, non avendo il P.M.
effettuato alcuna indagine; per quanto concerne il profilo soggettivo del reato, ebbene la
valutazione del Gip neppure appare condivisibile, essendo necessaria l’indagine tesa ad
accertare, sia la presenza del detto contrassegno al momento della contravvenzione, sia la
sussistenza del dolo nel vigile urbano, occorrendo approfondire le modalità dell’elevazione della
contravvenzione da cui, poi, ravvisare la mala fede del vigile; così facendo, il Gip ha
illegittimamente anticipato, in chiave prognostica, in piena assenza di contraddittorio, la

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di incidenza concreta sul tema della decisione.

valutazione sul fondamento delle proposte investigazioni, contravvenendo ai principi più volte
espressi dalla S.C. in proposito.
3. Il procuratore generale in sede ha presentato conclusioni scritte per l’inammissibilità del
ricorso.
4. Il difensore di D’Amore Rocco ha depositato memoria difensiva concludendo per

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, siccome manifestamente infondato.
1.Ed invero, non merita censure il ragionamento, con il quale il G.i.p. ha ritenuto di
disporre l’archiviazione del procedimento nei confronti del D’Amore, ai sensi dell’art. 410
c.p.p., in presenza dell’opposizione della p.o., non essendo tale valutazione in contrasto con i
limiti del sindacato di “ammissibilità” devoluto al giudice, in base alla predetta disposizione.
2. Giova richiamare in proposito i principi più volte affermati da questa Corte, secondo cui,
ai fini dell’ammissibilità dell’opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione, il
giudice deve valutarne la pertinenza, ossia l’inerenza alla notizia di reato, e la rilevanza, cioè
l’incidenza concreta degli elementi di prova sulle risultanze dell’attività compiuta nel corso delle
indagini preliminari, senza, tuttavia, apprezzarne la capacità probatoria, non potendo il giudice
anticipare, attraverso il decreto, valutazioni di merito prognostiche in ordine alla fondatezza o
all’esito delle indagini suppletive indicate, dal momento che l’opposizione è esclusivamente
rivolta

a

sostituire

il

provvedimento

“de

plano”

con

il

rito

camerale

(Sez. 5, n. 3246 del 12/12/2012, Rv. 254375). Il giudice, in particolare, per quanto concerne
la rilevanza, può e deve valutare se gli elementi di prova su cui l’opposizione si fonda siano
idonei ad incidere sulle risultanze delle indagini preliminari e, quindi, sul complessivo quadro
probatorio, esulando dall’ambito operativo del giudizio di ammissibilità che è tenuto a
compiere, la valutazione dell’idoneità degli elementi dedotti alla dimostrazione del predetto
tema di prova, non consentita in tale sede (Sez. 5, n. 26809 del 17/04/2014 Rv. 260571).
Qualora il G.i.p. abbia dichiarato “de plano” l’inammissibilità dell’opposizione della persona
offesa, motivandola sotto entrambi i profili richiesti dall’art. 410 cod. proc. pen. (pertinenza e
rilevanza), il giudice di legittimità non può sindacare la valutazione di merito già effettuata dal
G.i.p. sulla infondatezza della notizia di reato (Sez. 5, n. 47634 del 26/05/2014 Rv. 261675).
3. Tanto premesso, si osserva che il G.i.p., nel caso di specie, ha fatto corretta
applicazione di tali principi, atteso che, dopo aver analizzato gli elementi a carico del
D’Amore, ha, senza incorrere in vizi, concluso per l’inammissibilità dell’opposizione e
2

l’assoluta infondatezza dell’opposizione.

l’infondatezza della notizia dì reato. Dopo aver precisato, infatti, che non è in discussione nella
fattispecie il fatto che il Rivoli fosse in possesso del contrassegno attestante l’invalidità e che
per tale motivo poteva sostare con l’autovettura in zone generalmente vietate, ha rilevato che
l’escussione del querelante, ovvero delle persone informate sui fatti indicate nell’atto di
opposizione, non sono rilevanti rispetto ai temi di indagine già esaminati in relazione al delitto
di falso a carico del D’Amore. Tale valutazione non merita censura avendo, all’evidenza, il
denunciante già descritto nell’atto di querela la condotta riferibile al vigile urbano ed i tre testi

contrassegni attestanti che lo stesso è portatore di handicap, nonché della consuetudinaria
esposizione di tali contrassegni sul vetro dell’auto da lui utilizzata, temi questi senz’altro
irrilevanti, non essendo, peraltro, destinati a dimostrare che proprio quel giorno tali
contrassegni erano esposti o, comunque, in via assorbente che la condotta del D’Amore è stata
commessa con dolo.
Se è pur vero, infatti, che ai fini dell’integrazione del delitto di falsità materiale commessa
dal pubblico ufficiale, l’elemento soggettivo richiesto è il dolo generico, che consiste nella
consapevolezza della “ímmutatio veri”, non essendo richiesto l'”animus nocendi vel decipiendi”,
tuttavia, esso non è in “re ipsa”, in quanto deve essere provato, dovendosi escludere il reato
quando il falso derivi da una semplice leggerezza dell’agente
(Sez. 5, n. 29764 del 03/06/2010).
4. Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonché, trattandosi di causa di inammissibilità
riconducibile a colpa del ricorrente, al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una
somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1000,00, ai sensi dell’art. 616
c.p.p..

p.q.m.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 12.12.2014

avrebbero dovuto deporre sulla circostanza pacifica del possesso da parte del Rivoli dei

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