Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20098 del 12/12/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 20098 Anno 2015
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BIRIUKOVA ANGELA N. IL 18/03/1971
avverso l’ordinanza n. 164/2013 CORTE APPELLO di
CAMPOBASSO, del 02/08/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO;
lette/senti
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Data Udienza: 12/12/2014

RITENUTO IN FATTO
questa Corte annullava con rinvio

1. Con sentenza del 23.4.2013

l’ordinanza del 3-9.2.2012 con la quale veniva dichiarata l’inammissibilità
della richiesta di revisione della sentenza della Corte di Assise di Appello di
Ancona del 7.3.2003 proposta da Biriukova Angela -ritenuta responsabile
del reato di cui all’art. 575 c.p. commesso in danno di Antonio Colaciopponon risultando comunicato alla parte richiedente il parere del Procuratore
Generale presso la Corte d’Appello dell’Aquila, contenente valutazioni

2. La Corte d’Appello di Campobasso, con ordinanza in data 2.8.2013,
dichiarava nuovamente inammissibile l’istanza di revisione della predetta
sentenza del 7.3.2003 ed avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per
cassazione la Biriukova, affidato a tre motivi, con i quali lamenta:
-con il primo motivo, i vizi di violazione di legge ai sensi dell’art. 606, primo
comma, lett. b) e c) c.p.p., in relazione agli artt. 634 e 630 c.p.p., come
modificato ed integrato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 113/2011,
e 631 c.p.p., ed in relazione all’art. 127 c.p.p., nonchè il vizio di cui all’art.
606, primo comma, lettera e) c.p.p., per carenza e illogicità della
motivazione, atteso che l’ordinanza impugnata ha dichiarato inammissibile
l’istanza di revisione della sentenza di condanna, presentata dalla ricorrente,
in camera di consiglio, de plano, senza alcun contraddittorio con la difesa,
laddove tale istanza presenta tutti i requisiti di cui agli artt. 630 e 631 c.p.p.
per poter essere vagliata nel contraddittorio tra le parti; in particolare, la
richiesta di revisione si fonda, in primo luogo, sulla nuova formulazione
dell’art. 630 c.p.p., come integrato dalla sentenza della Corte Costituzionale
n. 113/2011, che rende ammissibile l’istanza di revisione, non solo nei casi in
cui si debba dare esecuzione ad una sentenza della Corte Europea dei Diritti
dell’Uomo, ma in tutti i casi in cui la sentenza di condanna si pone in
violazione dell’art. 6, in palese violazione dei diritti dell’imputato; tale
questione di diritto non è manifestamente infondata e meritava la trattazione
in pubblica udienza, laddove, la Corte d’Appello di Campobasso ha ritenuto,
invece, che tale impostazione interpretativa si estende oltre il limite
individuato dalla suindicata sentenza della Corte Costituzionale, pur essendo
essa assolutamente controversa, con omissione così del contraddittorio e con
lesione al diritto alla difesa;
-con il secondo motivo, i vizi di violazione di legge, ai sensi dell’art. 606,
primo comma, lett. b) e c) c.p.p., in relazione agli artt. 634 e 630 c.p.p.,
come modificato ed integrato dalla sentenza della Corte Costituzionale n.
113/2011, e 631 c.p.p., in relazione all’art. 127 c.p.p., nonchè il vizio di cui
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sull’ammissibilità della richiesta di revisione.

all’art. 606, primo comma, lettera e) c.p.p., per carenza e illogicità della
motivazione, atteso che la Corte Costituzionale, nella motivazione della
richiamata sentenza, ha affermato principi sostanziali di portata assai ampia
che possono sintetizzarsi nei due enunciati principali del ridimensionamento
del giudicato penale, che può essere infranto in presenza di determinati
presupposti, e della non necessità della novità della prova da assumere, al
fine di adeguare lo svolgimento del processo ai principi di garanzia dei diritti
della difesa; soprattutto in ordine a tale ultimo punto, la motivazione della

limitandosi ad asserire la “non novità” della prova in termini astratti e non
correlati. all’asserita violaziona del principio del contraddittorio; nei caso _di_
specie, in particolare, la sentenza di condanna è stata pronunciata sulla
scorta di una consulenza tecnica di parte del P.M., ritenuta utilizzabile dai
giudici di merito, perchè svolta nel contradditorio con i consulenti della difesa,
ma in realtà, nè il difensore, nè i consulenti dell’imputato hanno partecipato
alla consulenza del P.M. e, dunque, essa non poteva essere utilizzata, nè
essere ritenuta attendibile, giungendo nel merito a conclusioni errate; la
novità della prova, sotto questo profilo, è costituita anche dalle dichiarazioni
allegate all’istanza di revisione, che potranno essere confermate in sede
testimoniale; esclusa tale consulenza, tra le prove utilizzabili dai Giudici di
merito, emerge che appare impossibile che gli imputati abbiano percorso il
tratto di strada tra il luogo in cui avvenne il delitto ed il luogo in cui, secondo
la Pubblica Accusa, presero l’autobus per San Benedetto del Tronto, in circa
30/40 minuti; la sentenza della Corte Costituzionale n. 113/2011, per gli
argomenti esposti, rende ammissibili le istanze di revisione relative a
sentenze di condanna intervenute prima della sua pronuncia, anche nei casi in
cui non sia stata adita la Corte di Strasburgo, ed ogni diversa interpretazione
si porrebbe in insanabile contrasto con l’art. 3 della Costituzione e, dunque,
imporrebbe di sollevare la questione di costituzionalità dell’art. 630 c.p.p., in
relazione agli artt. 117, 111 e 3 della Costituzione e agli artt. 6 e 46 CEDU;
-con il terzo motivo, i vizi di violazione di legge, ai sensi dell’art. 606, primo
comma, lett. b) e c) c.p.p., in relazione agli artt. 634 e 630 c.p.p., come
modificato ed integrato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 113/2011
e 631 c.p.p., ed in relazione all’art. 127 c.p.p., nonchè il vizio di cui all’art.
606, primo comma, lettera e) c.p.p., per carenza e illogicità della
motivazione, atteso che la Corte di appello di Campobasso non ha considerato
che l’istanza di revisione contiene elementi di novità rilevanti e decisivi; in
particolare, contrariamente a quanto rilevato dalla Corte territoriale sono
state allegate le dichiarazioni dell’Avv. D’Angelo, dell’ing. Giacomini, dell’Aw.

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Corte di Appello di Campobasso si è dimostrata particolarmente carente,

Voltattorni e dell’Avv. Scheggia relative alla mancata partecipazione alla
consulenza del P.M.; inoltre, in merito alla nevicata nei giorni I e 2 febbraio
1999 su Ascoli Pisceno ed al rinvenimento delle cicche di sigarette sul luogo
del delitto, elementi indissolubilmente legati tra di loro, sono stati portati
elementi di novità, costituiti dalla consulenza tecnica della difesa a firma
dell’ing. Giacomini, da cui risulta che nella notte tra il I° febbraio e il 2
febbraio 1999 caddero ben 11,4 cm di neve, sicchè i mozziconi repertati dalla
Polizia Giudiziaria e ben visibili sul manto nevoso, non potevano essere

sarebbero stati coperti dalla neve precipitata successivamente; il teste Dott.
Fusari ha ignorato ,com_ptetamente il nato fornito dal pluviometro, dacuLnel_
giorno 2/2/1999 risultavano raccolti 11,4 mm di acqua, che attestano la
precipitazione di 11,4 cm di neve e gli stessi giudici di merito riconoscono che
tra le ore 22,00 dell’ 1/2/1999 e le ore 8,00 della mattina successiva la
temperatura si mantenne ben sotto dello zero, quindi ad una temperatura che
non avrebbe consentito lo scioglimento della neve; la perizia del Prof.
Tagliabracci, in palese contraddizione con quella eseguita dal Dott. Pasqui, ha
eseguito un’indagine soltanto sul DNA genomico, non anche sul DNA
mitocondriale, come invece aveva fatto il Dott. Pasqui e le palesi incongruenze
della perizia Tagliabracci nonchè il metodo scientifico da questi seguito
conferiscono carattere di novità e rilevanza alla necessità di espletare una
perizia sui reperti in atti, tramite appunto, indagini sul DNA mitocondriale,
unica indagine attendibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, siccome manifestamente infondato.
1. I primi due motivi di ricorso, con i quali la ricorrente deduce
l’ammissibilità dell’istanza di revisione proposta, sulla base dell’effettiva
portata della sentenza additiva della Corte costituzionale n. 113/2011- che
avrebbe aperto la strada al rimedio di cui agli artt.629 e ss. c.p.p., non solo
nell’ipotesi specifica in cui si debba dare esecuzione ad una sentenza della
Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ai sensi dell’art. 46 CEDU, ma anche nel
caso in cui la sentenza di condanna, in relazione all’art. 6 CEDU, si pone in
violazione dei diritti dell’imputato- sono completamente destituiti di
fondamento.
1.1.Ed invero, così come rilevato dalla Corte territoriale, l’interpretazione
invocata dalla Biriukova non trova alcun conforto nei principi affermati nella
sentenza n. 113/2011, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità
costituzionale dell’art. 630 c.p.p., nella parte in cui non contempla un
«diverso» caso di revisione, rispetto a quelli già regolati, volto

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presenti sul posto dove furono ritrovati dalla sera del delitto, perchè altrimenti

specificamente a consentire (per il processo definito con una delle pronunce
indicate nell’art. 629 cod. proc. pen.) la riapertura del processo – intesa,
quest’ultima, come concetto di genere, funzionale anche alla rinnovazione di
attività già espletate, e, se del caso, di quella integrale del giudizio – quando
la riapertura stessa risulti necessaria, ai sensi dell’art. 46, paragrafo 1, della
CEDU, per conformarsi a una sentenza definitiva della Corte europea dei diritti
dell’uomo.
1.1.1.L’obbligo

di

conformarsi

alle

sentenze

delle Parti contraenti, comporta, infatti, anche l’impegno degli Stati
contraenti _ a permettere la . riapertura dei processi, _su._ richiesta
dell’interessato, quante volte essa appaia necessaria ai fini della
restitutio in integrum in favore del medesimo, nel caso di violazione
delle garanzie riconosciute dalla Convenzione, particolarmente in tema
di equo processo. Nè può ritenersi contraria a Costituzione – pur
nella indubbia rilevanza dei valori della certezza e della stabilità
della cosa giudicata -la previsione del venir meno dei relativi
effetti preclusivi in presenza di compromissioni di particolare
pregnanza, accertate dalla Corte di Strasburgo, delle garanzie
attinenti a diritti fondamentali della persona: garanzie che, con
particolare riguardo alle previsioni dell’art. 6 della Convenzione,
trovano del resto ampio riscontro nel vigente testo dell’art. 111
Cost.
1.1.2. La Corte Costituzionale ha evidenziato, altresì, come la necessità
della riapertura dovrà essere apprezzata, oltre che in rapporto alla natura
oggettiva della violazione accertata, tenendo naturalmente conto delle
indicazioni contenute nella sentenza della cui esecuzione si tratta, nonché
nella sentenza “interpretativa” eventualmente richiesta alla Corte di
Strasburgo dal Comitato dei ministri, ai sensi dell’art. 46, paragrafo 3, della
CEDU ed il giudice, nel procedere ad un vaglio di compatibilità delle singole
disposizioni relative al giudizio di revisione, non potrà applicare le disposizioni
che appaiano inconciliabili, sul piano logico-giuridico, con l’obiettivo perseguito
(porre l’interessato nelle condizioni in cui si sarebbe trovato in assenza della
violazione accertata, e non già rimediare a un difettoso apprezzamento del
fatto da parte del giudice, risultante da elementi esterni al giudicato), prime
fra tutte quelle che riflettono la tradizionale preordinazione del giudizio di
revisione al solo proscioglimento del condannato. In sostanza, l’ipotesi di
revisione in questione comporta una deroga – imposta dall’esigenza di
rispetto di obblighi internazionali – al principio per cui i vizi processuali
4

definitive della Corte europea dei diritti dell’uomo, sancito a carico

restano coperti dal giudicato. In questa prospettiva, il giudice della revisione
valuterà anche come le cause della non equità del processo rilevate dalla
Corte europea si debbano tradurre, appunto, in vizi degli atti processuali alla
stregua del diritto interno, adottando nel nuovo giudizio tutti i conseguenti
provvedimenti per eliminarli.
1.2. In tale contesto emerge evidente, dunque, come la sentenza n.
113/2011 nel prevedere un nuovo caso di revisione della sentenza di
condanna, la cd. revisione europea, abbia introdotto un’ ipotesi davvero

sensi dell’art. 630 c.p.p., che esclude, proprio per la sua “eccezionalità”,
.interpretazioni estensive. rispetto al fine esclusivo, chiaramentein.dicato _nella _
pronuncia in questione, di consentire l’attuazione del principio sancito nel
primo comma dell’art. 46 CEDU, in tema di forza vincolante delle sentenze
CEDU ( le “Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive
della Corte sulle controversie nelle quali sono parti”).
La riapertura deve, quindi, risultare necessaria, ai sensi dell’art. 46,
paragrafo 1, della CEDU, per conformarsi a una sentenza definitiva della Corte
europea dei diritti dell’uomo e non può all’evidenza operare in mancanza di
una pronuncia CEDU, potendo solo l’esigenza di rispetto di obblighi
internazionali derogare al principio per cui i vizi processuali restano coperti
dal giudicato. E che la sentenza del giudice sovranazionale che accerti la
iniquità del processo, sia ineludibile, per l’ammissibilità della istanza di
revisione, emerge, così come evidenziato dalla Corte territoriale, non solo dal
testo degli artt. 46 e 6 della Convenzione CEDU, ma, anche da norme
successivamente introdotte, e segnatamente, ad esempio, il protocollo nr. 14
alla Convenzione (ratificato e reso esecutivo in Italia con legge 280/05) che
ha introdotto uno specifico procedimento di infrazione attuabile solo se esista,
e quando esista, una decisione del giudice sovranazionale.
E’ stato precisato, altresì, da questa Corte, che la nuova ipotesi di
revisione, introdotta dalla Corte Costituzionale con la sentenza additiva n. 113
del 2011, presuppone che la decisione della Corte Edu, cui sia necessario
conformarsi, sia stata resa sulla medesima vicenda oggetto del processo
definito con sentenza passata in giudicato, oppure abbia natura di “sentenza
pilota” riguardante situazione analoga verificatasi per disfunzioni strutturali o
sistematiche all’interno del medesimo orientamento giuridico

(Sez. 6, n.

46067de1 23/09/2014).
1.3. E’ evidente, dunque, l’erroneità della tesi della ricorrente, che, nella
pacifica assenza di una sentenza definitiva CEDU- che fa scattare l’impegno di
cui al primo comma dell’art. 46 CEDU e la possibilità di esperire il rimedio

“peculiare” rispetto al “sistema” in cui è consentito ricorrere a tale rimedio, ai

della revisione- pretende di far discendere da un’interpretazione estensiva
della pronuncia n. 113/2011 la possibilità della revisione, in presenza di
un’asserita violazione del diritto di difesa (nella specie consistente nella
mancata partecipazione del difensore e dei consulenti dell’imputato alla
consulenza di parte del P.M.), in relazione all’art. 6 CEDU in tema di processo
equo, tralasciando e, comunque, travisando del tutto la ratio della pronuncia
additiva in questione, come innanzi sintetizzata.
1.4. D’altra parte, le censure in punto di violazione dei diritti di difesa nel

consulenti della difesa e dei difensori all’accertamento ed esperimento
compiuto del consulente lecnicn„del.P.M., nel corso delle indagini preliminari
non sono, comunque, suscettibili di far rilevare l’ingiustizia del processo, come
correttamente evidenziato dal P.G. nella requisitoria scritta, già in ragione
dell’ opzione della parte per il giudizio abbreviato, con conseguente
consapevole e calcolata accettazione della utilizzabilità di tutti gli atti non
affetti da inutilizzabilità patologiche o nullità assolute, categorie nelle quali
non sono sussumibili i vizi dedotti in relazione all’accertamento del consulente
tecnico del P.M., considerata anche la ripetibilità di esso.
2. Manifestamente infondato si presenta altresì il terzo motivo di ricorso,
con il quale la ricorrente deduce l’ammissibilità ammissibilità dell’istanza di
revisione, stante la novità degli elementi di prova addotti, già presenti in atti.
Ed invero, non merita alcuna censura la valutazione operata dalla Corte
territoriale che ha ritenuto non “nuove” le circostanze- di cui all’elaborato del
consulente della difesa Giacomini- secondo cui ad Ascoli Piceno, nei giorni
dell’i (data del delitto) e del 2 febbraio 1999 scese una abbondante nevicata,
e che, nonostante tale nevicata, furono rinvenute sul luogo del delitto cicche
di sigaretta, non ricoperte dalla neve, sulle quali sarebbe stato rinvenuto il
DNA di due imputati, atteso che tali elementi sono stati valutati dalla Corte di
Assise di Appello di Ancona, come ammette la stessa istante, laddove assume
come incongrue le valutazioni adottate dalla Corte Distrettuale circa
l’avvenuto deposito dell’acqua nel pluviometro di Ascoli Piceno ed il fatto che
la temperatura esterna consentirebbe lo scioglimento della neve stessa; tale
prova è, stato correttamente evidenziato nel provvedimento impugnato, si
traduce infatti soltanto in una diversa lettura della prova già valutata.
Per quanto concerne, poi, la perizia del Prof. Tagliabracci- che secondo la
ricorrente, incongruamente, sulla base delle attuali conoscenza scientifiche, si
sarebbe soffermata solo sull’ analisi del DNA genomico, con conseguente
necessità di un’ ulteriore indagine sui reperti in atti, da condursi su DNA
mitocondriale, anche qui la Corte territoriale senza incorrere in illogicità ha

6

procedimento presupposto, in relazione alla mancata partecipazione dei

evidenziato come tali deduzioni non introducono alcun elemento di fatto
connotato da novità, ma solo una diversa valutazione di una prova già
valutata.
2.1. La Corte territoriale, invero, ha fatto corretta applicazione dei principi
più volte affermati da questa Corte, secondo cui in tema di revisione, non
costituisce prova “nuova” una diversa valutazione tecnica o scientifica di dati
già valutati, in quanto quest’ultima si traduce in un apprezzamento critico di
emergenze già conosciute e delibate nel procedimento, sostanziandosi in una

in via definitiva, mentre la prova può definirsi “nuova” a norma dell’art. 630
cad. proc. pen._quanda,rnira ad introdurre elementi di fatto diversi da.quelli
già presi in considerazione nel precedente giudizio (Sez. 6, n. 53428
del 05/11/2014).
Ai fini dell’esito positivo del giudizio di revisione, la prova nuova, poi, deve
condurre all’accertamento – in termini di ragionevole sicurezza – di un fatto, la
cui dimostrazione evidenzi come il compendio probatorio originario non sia più
in grado di sostenere l’affermazione della penale responsabilità dell’imputato,
oltre ogni ragionevole dubbio (Sez. 5, n. 24682 del 15/05/2014), situazione
questa che la Corte territoriale non ha ritenuto ravvisabile nella fattispecie in
esame, dando conto di ciò con argomentazioni logiche prive di vizi.
3. Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, trattandosi di causa
di inammissibilità riconducibile a colpa del ricorrente (Corte Costituzionale n.
186 del 7-13 giugno 2000), al versamento, a favore della cassa delle
ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro
1000,00, ai sensi dell’art. 616 c.p.p..
p.q.m.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della cassa
delle ammende.
Così d so il 12.12.2014
\(f)
I esidente
i o Savan

mera “rilettura” di un medesimo dato di fatto già processualmente accertato

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