Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20096 del 06/11/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 20096 Anno 2015
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: BEVERE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TRAVERSI MAURIZIO N. IL 18/05/1974
avverso l’ordinanza n. 33/2014 TRIB. LIBERTA’ di PISTOIA, del
30/07/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO BEVERE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. p A1v-4.93: Q, (5,03Lori,

o

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 06/11/2014

FATTO E DIRITTO
Con ordinanza 30.7.2014, il tribunale di Pistoia ha rigettato il riesame presentato nell’interesse
di Traversi Maurizio, avverso il decreto di convalida del sequestro , ex art. 354 c.p.p., di alcune
confezioni di profumi , recanti marchi contraffatti.
Il difensore ha presentato ricorso per violazione di legge ,in relazione agli artt.474 e 517 c.p. e
vizio di motivazione : il tribunale di Pistoia non ha tenuto conto dell’assenza di contraffazione
di marchi tutelati, in quanto sulle confezioni di profumo era ben visibile l’avvertimento che il
bene era stato prodotto da “Mav 2 profumi” e che “tra il profumo prodotto da Mav e la società
titolare del marchio apposto in funzione descrittiva sul retro della confezione non ricorre nessun
rapporto giuridico / economico” . Quanto al reato ex art. 517 c.p. , è insussistente qualsiasi
risultanza di indagine, attesa la mancanza di segni che collegassero il profumo a quello prodotto
dall’impresa„titolare del marchio,__
Il ricorso non merita accoglimento.
Secondo un consolidato e condivisibile orientamento interpretativo, nel caso in cui è indiscussa la
presenza sui prodotti sequestrati di marchi industriali contraffatti, è irrilevante che sui singoli beni
fossa apposta una qualsiasi scritta idonea ad informare i potenziali compratori dell’effettiva
provenienza della merce.
L’applicazione del segno “Mav 2 Profumi” comunque costituisce non una condizione di vendita
del prodotto con marchio contraffatto (generalmente identificata nel prezzo di offerta, nella qualità
dell’offerente ) , ma logicamente riguarda le modalità di fabbricazione ( applicazione di un segno
di assoluta irrilevanza commerciale , in prodotti contrassegnati da marchio famoso e prestigioso,
esclusivamente idoneo a identificarne la provenienza e a sollecitare l’attenzione dei cittadini).
Questo espediente del doppio marchio può determinare dubbi o sospetti al momento dello stimolo e
del compimento dell’acquisto, ma comunque attiene al processo volitivo del singolo acquirente e
non all’accertata materialità della contraffazione, rilevante ai fini della consumazione del reato in
esame
La tutela della buona fede, apprezzata dall’art. 474 C.P., non è rivolta in favore di chi contrae con
l’autore del reato, bensì nei confronti della generalità dei soggetti possibili destinatari dei prodotti
effettivamente provenienti dalle imprese titolari dei marchi e, mediamente, nei confronti di queste
ultime che hanno interesse a mantenere certa la funzione del marchio come segno di particolare
qualità e originalità della propria produzione.
Posto che nel caso in esame, secondo un valutazione razionalmente compiuta sulla base delle
risultanze delle indagini, la presenza —frutto di contraffazione – dei marchi di cui sono titolari
altre imprese , è idonea a trarre in inganno la generalità dei cittadini, sull’autenticità del
contrassegno e del prodotto ,nonostante l’espediente della confessione della contraffazione
medesima, nessuna censura è formulabile nei confronti della configurazione del reato ex art. 474
c.p. e sulla legittimità del sequestro probatorio.
Il ricorso va quindi rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma 6.11 2014

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