Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20090 del 17/04/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 20090 Anno 2015
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: FUMO MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FIORENTINO FABIO N. IL 08/08/1972
avverso la sentenza n. 2980/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
06/12/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/04/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO
persona se

Data Udienza: 17/04/2015

udito il PG in persona del sost. Proc. gen. dott. F. M. Jacoviello, che ha chiesto rigettarsi il
ricorso.
RITENUTO IN FATTO

2. Ricorre per cassazione il difensore e deduce illogicità della motivazione circa la
qualifica del Fiorentino quale amministratore di fatto, violazione dell’articolo 192 terzo comma
del codice di rito in ordine alla valutazione delle dichiarazioni dei coimputati Palese, Rota e
Gordienko (moglie separata dell’imputato), violazione del medesimo articolo, comma secondo,
in ordine alla mancanza di gravità e concordanza degli indizi assunti a base della condanna.
2.1. In particolare, il ricorrente si duole del fatto che la qualifica di amministratore di
fatto sia stata ritenuta semplicemente sulla base della relazione del curatore, il quale aveva
esaminato i tre soggetti sopra indicati. Tra costoro, Palese è stato anche formalmente imputato
nel procedimento, Rota avrebbe dovuto esserlo in quanto precedente amministratore, mentre
la Gordienko, già socia della S.r.l., era certamente animata da sentimenti ostili nei confronti
del Fiorentino. Va peraltro ricordato che il curatore non è stato sentito in dibattimento, in
quanto deceduto. Ne consegue che la condanna dell’imputato è maturata unicamente sulla
base della relazione scritta del predetto curatore, mentre Rota, Palese e Gordienko non sono
stati (neanche essi) sentiti in dibattimento. È venuta così a mancare la possibilità di qualsiasi
verifica dell’attendibilità delle propalazioni rese dai predetti, cui, inevitabilmente, è conseguita
la arbitraria attribuzione della qualifica di amministratore di fatto in capo al ricorrente. Non
risultano – pertanto – minimamente soddisfatte le condizioni che la legge e la giurisprudenza
pongono perché un soggetto possa essere ritenuto dominus di una società.
2.2. La corte poi neanche sembra essersi posta il problema consistente nel fatto che,
all’epoca del fallimento, il legale rappresentante era tale Lepore e, prima di lui, tal Rizzardi.
Invero il collegio di merito ha fermato la propria disamina al gennaio 2005, data in cui il Palese
ha lasciato la carica e data alla quale quindi si arrestano le dichiarazioni del Palese stesso. Ne
consegue che nulla si può affermare circa la responsabilità del Fiorentino in ordine al mancato
reperimento e alla mancata consegna della documentazione contabile, che deve pur essere
stata nel possesso, ad un certo punto, del Rizzardi e poi del Lepore.
Tali doglianze, puntualmente rappresentate nell’atto d’appello, non hanno ricevuto risposta
alcuna dal giudice di secondo grado.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Costituisce principio consolidato, elaborato da questa sezione (es. ASN 200439001RV 229330), quello in base al quale, in tema di prova documentale, le relazioni e gli
inventari redatti dal curatore fallimentare sono sicuramente ammissibili in ogni caso e non
solo quando siano ricognitivi di una organizzazione aziendale e di una realtà contabile, atteso
che gli accertamenti documentali e le dichiarazioni ricevute dal curatore costituiscono prove
rilevanti nel processo penale, al fine di ricostruire le vicende amministrative della società. Ne
consegue che è corretto l’inserimento della relazione diretta al giudice delegato nel fascicolo
processuale, in quanto il principio di separazione delle fasi non si applica agli accertamenti
aventi funzione probatoria, preesistenti rispetto all’inizio del procedimento o che appartengano
comunque al contesto del fatto da accertare. Ne consegue ulteriormente che – certamente possono essere veicolate attraverso lo gli scritto del curatore i contributi di conoscenza forniti
dalle persone che lo stesso ha avuto modo di ascoltare e le cui parole ha verbalizzato.
1.1. Nondimeno, se le persone che il curatore ha esaminato rivestono il ruolo di indagati
o imputati nel medesimo procedimento e procedimento connesso o collegato, tali dichiarazioni
vanno valutate alla luce del terzo comma dell’articolo 192 cpp, in quanto non può certo essere
il “filtro” consistente nell’intervento del curatore quel che può valere a far derogare dalla

1. Con la sentenza di cui in epigrafe, la corte di appello di Milano, in parziale riforma
della pronuncia di primo grado, ha assolto Fiorentino Fabio dal delitto di truffa; ha
confermato la condanna dello stesso con riferimento al delitto di bancarotta fraudolenta
documentale e per distrazione (di un’autovettura in leasing) in relazione al fallimento della
S.r.l. TRAVELGRAD (dichiarato con sentenza 2 novembre 2006) , rideterminando più
favorevolmente la pena (anni 3 e mesi 6 di reclusione).

2. Nel caso in esame, come effettivamente lamentato dal ricorrente, non solo non sono
stati sentiti in dibattimento i soggetti che il curatore ha esaminato (e dunque – a fortiori – non
è stato applicato il canone valutativo ex comma terzo dell’art. 192 del codice di rito), ma non è
stato possibile ascoltare neanche il curatore stesso, in quanto, nel frattempo, come premesso,
egli è deceduto.
2.1. Ne consegue che la qualifica di amministratore di fatto riconosciuta in capo al
Fiorentino riposerebbe, a tal punto, solo sulle dichiarazioni del notaio Cutino, dichiarazioni, per
quel che si legge a pagina 2 della sentenza di appello, di per sé sono certamente idonee ad
indicare un forte coinvolgimento del Fiorentino nella gestione della TRAVELGRAD, ma che non
possono ritenersi sufficienti per affermare che lo stesso fosse (o fosse stato) amministratore di
fatto della società predetta, alla luce di quanto previsto dall’art. 2639 cc e dalla copiosa
giurisprudenza di questa corte di legittimità.
3. Resta poi inesplorata la problematica relativa al momento in cui la distrazione è stata
consumata, così come non è mai stato chiarito dalla sentenza di secondo grado se Palese e/o
Rizzardi abbiano mai avuto la disponibilità dei libri e delle scritture contabili.
Sul punto, invero, il giudice di appello esibisce una motivazione carente e superficiale, che non
chiarisce affatto quale sia stata in concreto la condotta del ricorrente e se dunque essa possa
essere riportata allo schema della bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale.
4. Si impone, conseguentemente, l’annullamento della sentenza impugnata e il rinvio
per nuovo esame ad altra sezione della corte d’appello di Milano, che farà applicazione dei
principi di diritto sopra enunciati.
PQM
annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della corte di
appello di Milano.

Così deciso in Roma il 17. IV. 2015.-

predetta regola di valutazione. Diversamente ragionando, si giungerebbe alla conclusione ovviamente paradossale – che, se un soggetto imputato o indagato di reato connesso o
collegato o del medesimo reato opera una chiamata in correità davanti al giudice, si deve fare
applicazione del terzo comma dell’articolo 192 del codice di rito, se – viceversa – tali
dichiarazioni vengono rese al curatore, esse sarebbero valutabili ex se. Ma l’apparente
paradosso si supera se solo si distingue tra acquisibilità (della relazione) e valutazione (del suo
contenuto).

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