Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20078 del 26/01/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 20078 Anno 2015
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Marino Andrea, nato a Palermo il 19/12/1976
avverso la sentenza emessa il 16/10/2013 dalla Corte di appello di Palermo
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Mario Fraticelli, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso;
udito per il ricorrente l’Avv. Antonella Cassandro, la quale ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso, e l’annullamento della sentenza impugnata

RITENUTO IN FATTO
Andrea Marino ricorre personalmente avverso la pronuncia indicata in
epigrafe, recante la conferma della sentenza di condanna emessa a suo carico
dal Tribunale di Palermo in data 08/01/2013 (per reati ex artt. 385, 582, 585
cod. pen. e 4 della legge n. 110 del 1975).

Data Udienza: 26/01/2015

Con l’odierno ricorso l’imputato lamenta violazione dell’art. 548, comma 3,
cod. proc. pen., facendo presente di non aver ricevuto l’avviso di deposito della
sentenza di appello né presso il domicilio eletto (che egli indica in Carini, Via
Gorizia 53), né presso la residenza anagrafica in Palermo, Via Salgari 69; il
Marino segnala che in atti non vi è alcuna dichiarazione di domicilio da parte sua
in Palermo, Viale Cavaretta 41, recapito risultante nell’intestazione della
pronuncia, tant’è vero che nell’epigrafe della sentenza di primo grado si legge
semplicemente la sua residenza del tempo, e che in occasione di vari rinvii delle

autorizzazioni a recarsi in Tribunale, libero e senza necessità di scorta. Anche
nell’atto di appello era stato peraltro indicato il medesimo domicilio di Carini, Via
Gorizia 53.
Identico vizio si sarebbe realizzato, già in precedenza, quanto al decreto di
citazione per il giudizio di secondo grado, che il Marino assume non essergli mai
stato notificato, derivandone la sua erronea dichiarazione di contumacia e la
preclusione alla possibilità di esercitare le facoltà previste dall’art. 489 del codice
di rito.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve ritenersi inammissibile.
1.1 Deve innanzi tutto rilevarsi che dall’esame degli atti – consentito a
questa Corte in ragione delle questioni processuali sollevate – emerge in realtà
una formale elezione di domicilio da parte del Marino, datata 11/12/2008, in
Palermo, Viale Cavarretta 41: l’elezione

de qua, che il ricorrente sostiene

erroneamente non esservi mai stata, e che invece non solo esiste ma non risulta
revocata da atti successivi, si riferisce espressamente al procedimento penale n.
11469 R.G.N.R., lo stesso indicato nell’intestazione delle due pronunce di merito.
1.2 Quanto alla notifica del decreto di citazione per il giudizio di secondo
grado, questa venne ritualmente tentata presso quel domicilio eletto, rimanendo
senza esito (il Marino vi risultava sconosciuto); nell’atto di appello, in vero, non
vi era alcuna diversa dichiarazione od elezione di domicilio a firma
dell’interessato, essendosi limitato il difensore dell’imputato – unico soggetto a
sottoscrivere quella impugnazione – a indicare il proprio assistito come
“residente a Villa Grazia di Carini, Via Gorizia”.
Stante l’accertata inidoneità del domicilio eletto, dunque, il Marino fu
correttamente citato presso il difensore ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod.
proc. pen., come da relata del 29/07/2013; peraltro, anche ammettendo che
quella citazione non potesse intendersi regolare, deve prendersi atto che in

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udienze dibattimentali egli aveva ricevuto all’indirizzo di Carini plurime

occasione della conseguente udienza la difesa non eccepì alcunché. Al contrario,
la giurisprudenza di legittimità ha più volte rilevato che «la notificazione
all’imputato del decreto di citazione per il giudizio di appello presso lo studio del
difensore di fiducia, invece che presso il domicilio eletto, in quanto eseguita in
forme diverse da quelle prescritte, ma in concreto idonea a determinare una
conoscenza effettiva dell’atto, dà luogo ad una nullità di ordine generale a
regime intermedio, che, quindi, non può essere dedotta per la prima volta in
sede di legittimità» (Cass., Sez. VI, n. 42755 del 24/09/2014, Zemzami, Rv

grado, v. Cass., Sez. VI, n. 29677 del 24/06/2014, Mamone).
1.3 Altrettanto rituale deve intendersi la notifica al Marino dell’estratto della
sentenza di appello, avvenuta ancora una volta presso il difensore Avv. Pietro
Piazza il 29/11/2013, in ragione della già emersa irreperibilità dell’imputato
presso il domicilio eletto. Il ricorso per cassazione, a quel punto, avrebbe
dovuto essere presentato entro 45 giorni dalla scadenza del termine che la Corte
territoriale si era assegnata ai sensi dell’art. 544, comma 3, cod. proc. pen. (60
giorni, a decorrere dal 16 ottobre):

ergo,

non oltre il 29/01/2014.

L’impugnazione oggi in esame risulta invece depositata il 31/01/2014,
rivelandosi pertanto – e financo – tardiva.
2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna del Marino al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità,
in quanto riconducibile alla volontà del ricorrente (v. Corte Cost., sent. n. 186 del
13/06/2000) – al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma
di C 1.000,00, così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 26/01/2015.

260434; per l’affermazione di analoghi principi in relazione al giudizio di primo

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