Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20070 del 26/01/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 20070 Anno 2015
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
Sabatino Antonietta, nata a Salerno il 20/11/1958

avverso la sentenza emessa il 19/07/2013 dalla Corte di appello di Salerno
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Mario Fraticelli, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso;
udito per il ricorrente l’Avv. Francesco Guerritore, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della sentenza impugnata

RITENUTO IN FATTO
Il difensore di Antonietta Sabatino ricorre avverso la pronuncia indicata in
epigrafe, recante la conferma della sentenza di condanna della sua assistita a
pena ritenuta di giustizia per il delitto di furto aggravato, in ipotesi commesso in
concorso con Matteo Scogliera (sentenza emessa dal Tribunale di Salerno,

Data Udienza: 26/01/2015

i
sezione distaccata di Montecorvino Rovella, in data 24/05/2010). L’episodio in
contestazione riguarda la sottrazione di un computer portatile presso un centro
commerciale dove l’apparato era esposto: il pc sarebbe stato disancorato da un
alloggiamento cui era in precedenza avvitato, quindi nascosto in una cesta sotto
il giubbino dello Scogliera che, unitamente alla presunta complice, aveva
oltrepassato le casse dell’esercizio senza pagare il corrispettivo, venendo poi
bloccato dagli addetti alla sicurezza.
Con l’odierno ricorso, si lamenta mancanza e contraddittorietà della

affermazioni del coimputato circa l’estraneità della Sabatino al furto che il solo
Scogliera aveva realizzato; nel contempo, i giudici di merito avrebbero travisato
il contenuto della testimonianza di un sottufficiale dell’Arma dei Carabinieri, dal
quale non sarebbero giunti riscontri all’ipotesi accusatoria, ma anzi la conferma
di elementi di responsabilità unicamente a carico dello Scogliera (solo costui era
stato visto svitare il computer dall’alloggiamento, ed un “chiavino” era stato
rinvenuto addosso all’uomo, peraltro reo confesso del furto di altri due pc di cui
permise il ritrovamento ai militari). La donna, al contrario dello Scogliera, non
era stata arrestata in flagranza di reato, visto che si era limitata ad aggirarsi nel
centro commerciale con atteggiamento di paura, e doveva perciò ritenersi avesse
davvero provato a far desistere il compagno dal proposito delittuoso, come
appunto dichiarato dal coimputato. In definitiva, nella fattispecie non sarebbe
comunque stato dimostrato un concorso materiale o morale della ricorrente, non
avendo ella istigato o determinato al furto lo Scogliera, né agevolato
quest’ultimo all’atto del compimento della condotta tipica.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Le doglianze esposte dalla ricorrente non possono trovare accoglimento, ma
si impone comunque l’annullamento della sentenza impugnata, in punto di
qualificazione giuridica del reato in rubrica.
Deve infatti ritenersi pacificamente provata, come correttamente evidenziato
dai giudici di merito, una condotta di concorso della Sabatino nella sottrazione
della refurtiva. Già il Tribunale aveva ritenuto «ampiamente configurabile
l’ipotesi concorsuale come contestata», rilevando in termini logici che la
ricorrente aveva «non solo presenziato al momento in cui lo Scogliera compiva
tutte le operazioni materiali dirette ad impossessarsi del computer, ma anche
accompagnato lo stesso verso l’uscita del supermercato, ben consapevole che il
predetto aveva occultato al di sotto del giubbotto il

2

computer,

giammai

motivazione della sentenza impugnata, non essendosi tenuto conto delle chiare

discostandosi in modo energico e palese da detta iniziativa criminosa ma per ciò
stesso rafforzandola». La Corte di appello, a pag. 4 della sentenza oggetto
dell’odierno ricorso, segnala con argomentazioni altrettanto lineari come i testi
escussi fossero stati «estremamente precisi e tra loro concordi nell’indicare la
condotta dell’imputata la quale, mentre Scogliera Matteo, con due chiavini che
aveva con sé, svitava i bulloni che assicuravano il

computer alla sua base

espositiva, lo coadiuvava materialmente; in particolare, il teste Mangone Roberto
che “praticamente, alternativamente, prima uno toglieva un bullone, poi si

magari, copriva l’attività svolta da questo soggetto”. A fronte della evidenza
rappresentativa fornita dal teste sulla base della visione dei filmati del circuito di
sorveglianza interna, le dichiarazioni di Scogliera Matteo rivelano la loro
inaffidabilità in quanto evidentemente tese a scagionare l’attuale appellante al
punto da negare finanche che Sabatino Antonietta si trovasse vicino a lui nel
momento in cui provvedeva a sbullonare il computer».
Osservazioni che la difesa mira a superare limitandosi ad una mera
riproposizione della tesi già sostenuta e, come appena rilevato, adeguatamente
confutata: tanto più ove si consideri che i giudici di appello ribadiscono che
un’attività di copertura a mo’ di “palo”, come quella addebitata in concreto alla
Sabatino, integra senz’altro una ipotesi di concorso, senza neppure potersi
ravvisare in simili fattispecie gli estremi per l’applicazione dell’ipotesi attenuata
ex art. 114 cod. pen.
In ordine alla corretta qualificazione giuridica del reato contestato alla
ricorrente, è tuttavia necessario prendere atto delle recenti indicazioni delle
Sezioni Unite di questa Corte, di cui alla sentenza n. 52117 del 17/07/2014 (ric.
P.g. in proc. Cukon): componendo un risalente contrasto interpretativo, il
massimo organo di nonnofilachia è infatti giunto all’affermazione del principio che
«il monitoraggio nell’attualità dell’azione furtiva avviata, esercitato sia mediante
la diretta osservazione della persona offesa (o dei dipendenti addetti alla
sorveglianza o delle forze dell’ordine presenti in loco), sia mediante appositi
apparati di rilevazione automatica del movimento della merce, e il conseguente
intervento difensivo in continenti, a tutela della detenzione, impediscono la
consumazione del delitto di furto, che resta allo stadio del tentativo, in quanto
l’agente non ha conseguito, neppure momentaneamente, l’autonoma ed effettiva
disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di
controllo diretto del soggetto passivo».
Una situazione siffatta, considerando quanto evidenziato nella motivazione
delle pronunce di merito, risulta essersi verificata appunto nel caso di specie,
dove il personale addetto alla sorveglianza provvide a monitorare “in diretta” il

facevano un giro, poi si vedeva che toglievano un altro bullone e anche la donna,

comportamento dello Scogliera e della Sabatino, organizzando di conseguenza la
propria attività di controllo: si legge infatti nella sentenza di primo grado che «i
testi escussi nel dibattimento hanno riferito di avere visionato le riprese
effettuate dalle telecamere a circuito interno, verificando la contestuale presenza
di un uomo e di una donna nei pressi degli scaffali del supermercato, sorpresi
ancora insieme dai vigilanti all’esterno del supermercato». Con evidenza ancora
maggiore, dalla denuncia di furto in atti risulta che vi erano già stati analoghi
furti nei giorni precedenti, e che a tal fine era stato predisposto un apposito

donna) come responsabile dell’ennesima sottrazione di un pc “Toshiba”: nel
descriverne la condotta, la persona offesa evidenziava che l’uomo «ha svitato i
quattro bulloni, ha prelevato il

computer,

strappato da tergo le targhette

contenenti i dati identificativi dello stesso, poi lo ha riposto prima in una cesta e
mentre si allontanava lo ha occultato dietro la schiena coperto dal giubbotto,
appena ha oltrepassato la corsia casse senza pagare è stato fermato».
Non può dirsi, pertanto, che gli autori della sottrazione della

res ne

conseguirono una autonoma ed effettiva disponibilità, il che impone la
riqualificazione dell’addebito ai sensi degli artt. 56, 624, 625 nn. 2 e 7 cod. pen.
(ferma restando la concessione in favore dell’imputata delle circostanze
attenuanti generiche, con giudizio di prevalenza sulle aggravanti ravvisate) e la
necessità di provvedere – da parte del giudice di merito – alla conseguente
rideterminazione del trattamento sanzionatorio.

P. Q. M.

Annulla la sentenza impugnata, qualificato il fatto come furto tentato, e rinvia
per nuovo esame sulla determinazione del trattamento sanzionatorio alla Corte
di appello di Napoli.
Rigetta il ricorso nel resto.

Così deciso il 26/01/2015.

servizio, all’esito del quale era stato individuato un uomo (in compagnia di una

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