Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20066 del 22/12/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 20066 Anno 2015
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sui ricorsi proposti nell’interesse di

Lleshi Ardian, nato a Kruje (Albania) il 19/06/1978

Gjonaj Frederik, nato a Lac (Albania) il 26/08/1989

Hoxha Marsel, nato a Diber (Albania) 1’11/10/1987

avverso la sentenza emessa il 17/07/2013 dalla Corte di appello di Trieste

visti gli atti, la sentenza impugnata e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Mario Pinelli, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
udito per il Lleshi e per il Gjonaj l’Avv. Guido Galletti, il quale ha concluso
chiedendo l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della sentenza impugnata;
udito per l’Hoxha l’Avv. Gian Paolo Cappelletti, il quale ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della sentenza impugnata

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 22/12/2014

1. Il 17/07/2013, la Corte di appello di Trieste confermava la sentenza
emessa il 12/09/2012 dal Gup del Tribunale di Udine nei confronti di Ardian
Lleshi, Frederik Gjonaj e Marsel Hoxha, condannati a pene ritenute di giustizia in
relazione a un addebito di associazione per delinquere (finalizzata alla
commissione di furti presso abitazioni private) ed a numerosi reati-fine del
presunto sodalizio, realizzati nell’autunno 2011.
Secondo l’ipotesi accusatoria, i tre imputati avevano utilizzato come covo e

spostamenti necessari al fine della commissione dei reati – alcune autovetture di
cui disponevano: la presenza di uno di tali veicoli, una “Audi A6” a sua volta di
provenienza illecita, nei luoghi di svolgimento degli episodi delittuosi era stata
confermata in molti casi dalle rilevazioni del sistema di localizzazione satellitare
e/o dalle registrazioni dei transiti telepass. Stando alla rubrica, si assumeva che
nel giro di breve tempo, in particolare dal 27 ottobre al 21 novembre 2011 e
spesso con più azioni realizzate in una medesima notte, i prevenuti avessero
commesso 49 furti, talora rimasti allo stadio del tentativo: la declaratoria di
penale responsabilità interveniva però, oltre che per l’addebito ex art. 416 cod.
pen., per 23 reati-fine quanto al Lleshi, per 24 nei confronti del Gjonaj e per 21
quanto all’Hoxha.

2. Propone un unico ricorso, nel comune interesse dei suoi assistiti, il
difensore del Lleshi e del Gjonaj, che deduce:
violazione di legge processuale, nonché carenza e contraddíttorietà della
motivazione della sentenza impugnata.
La difesa segnala che, fino dall’udienza preliminare, venne sollevata
eccezione di nullità della richiesta di rinvio a giudizio per omesso
interrogatorio degli imputati, i quali ne avevano fatto richiesta all’esito
della notifica dell’avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen.: il Gup aveva
rigettato l’eccezione medesima, rilevando che l’istanza – per quanto
formalizzata con atto spedito via posta prima della scadenza del termine
previsto dalla legge – risultava pervenuta oltre i venti giorni, mentre la
Corte di appello aveva ritenuto decisiva la circostanza che, a seguito del
richiamato rigetto, gli imputati avevano comunque chiesto di essere
giudicati nelle forme del rito abbreviato, sanando ogni eventuale vizio.
Nell’interesse dei ricorrenti si obietta che la disciplina di cui agli artt. 582
e 583 cod. proc. pen. deve intendersi applicabile anche ad atti non aventi
natura di impugnazione stricto sensu, con la conseguente necessità di
avere riguardo alla data di spedizione della richiesta, piuttosto che a

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base operativa un’abitazione locata da tale Bledar Taci, nonché – per gli

quella della ricezione; inoltre, la decisione della Corte territoriale sarebbe
viziata giacché vi si fa riferimento all’impossibilità di dedurre una ipotesi
di nullità generale a regime intermedio “a seguito del giudizio
abbreviato”, quando invece nella fattispecie la questione era stata
sollevata prima di chiedere l’ammissione al rito speciale. Perciò, l’opzione
per il giudizio abbreviato, che non sarebbe stato possibile esercitare in un
momento successivo, ed appariva necessitata in vista della prospettiva di
godere di uno sconto di pena in caso di condanna, non avrebbe potuto

inosservanza ed erronea applicazione di legge processuale e nullità della
notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare.
La Corte di appello, su ulteriore eccezione difensiva, si sarebbe limitata a
rilevare che il difensore ha diritto soltanto alla ricezione dell’avviso, e non
ad avere copia della richiesta di rinvio a giudizio, ma il profilo di doglianza
sollevato risultava diverso: dagli atti relativi ai vari tentativi di notifica
effettuati, si evince infatti che in due casi su tre non era stata indicata la
data dell’udienza, determinandosi pertanto una radicale incompletezza su un punto essenziale ai fini dell’esercizio del diritto di difesa dell’avviso de quo
violazione di legge processuale, sulla ritenuta utilizzabilità delle
dichiarazioni rese da Bledar Taci e da Thalita Nicolè
La difesa degli imputati sopra indicati fa presente che il Taci era
sottoposto a indagini per i medesimi fatti contestati ai ricorrenti: pur
trattandosi di dichiarazioni spontanee, nel relativo verbale non risulta che
per ognuna delle dichiarazioni de quibus si fosse dato atto di tale
carattere, né se a monte delle stesse vi fosse stata una previa domanda
degli operanti (come invece imposto dalla lettura del combinato disposto
degli artt. 357, 373 e 136 cod. proc. pen.).
Quanto alla Nicolè, costei avrebbe dovuto considerarsi indiziata di reato
non già per il mero rapporto di convivenza con il Taci, e dunque sul
presupposto di un suo coinvolgimento nella detenzione di alcuni oggetti di
provenienza furtiva, motivato in base alla relazione con il suddetto, bensì
a causa del comportamento concretamente assunto dalla donna: ella
aveva infatti dichiarato di avere rinvenuto in casa delle monete, che
tuttavia aveva posto a disposizione degli inquirenti solo dopo un
considerevole lasso di tempo
inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 416 cod. pen.
I giudici di merito avrebbero ritenuto configurabile nella fattispecie
concreta un reato associativo, piuttosto che un mero concorso di persone
4,
4000,1

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intendersi una tacita rinuncia al diritto di rendere interrogatorio

in una pluralità di reati in continuazione, malgrado fosse dimostrato che
all’interno del presunto gruppo non esisteva gerarchia interna o
distribuzione dei compiti, e pur risultando che «il programma delittuoso
era generico e veniva di volta in volta posto in essere». Del tutto
irrilevante dovrebbe poi ritenersi il particolare che i tre imputati erano
gravati da precedenti per reati contro il patrimonio, o che gli stessi
vennero sorpresi in un giorno particolare – il 21/11/2011 – con “la
refurtiva della giornata in mano”: secondo la tesi difensiva, mancherebbe

organizzazione, non desumibile neppure dall’elevato numero di furti
contestati
– mancanza della motivazione, per erronea valutazione degli elementi di
prova quanto a reati per cui in sede cautelare non erano stati ravvisati
gravi indizi di colpevolezza
La difesa fa presente che per numerosi degli addebiti su cui risulta
pronunciata sentenza di condanna il Gip del Tribunale di Udine non aveva
ritenuto sussistente una sufficiente piattaforma di gravità indiziaria: la
diversa valutazione operata all’esito del giudizio di merito non consegue
peraltro all’acquisizione di nuovi atti di indagine, essendo gli elementi
istruttori rimasti identici
mancanza della motivazione, per erronea valutazione degli elementi di
prova quanto ai reati di cui ai capi 4), 5) e 6)
Secondo il difensore del Lleshi e del Gjonaj risulta dimostrato che in
concomitanza con gli addebiti in questione un distinto ufficio requirente
procedeva a carico di diversi soggetti, in particolare di una presunta
banda di altri albanesi: tale circostanza avrebbe dovuto ritenersi
indicativa dell’impossibilità di ascrivere agli odierni ricorrenti tutti i furti
dell’epoca, tanto più che in atti si rinvengono denunce relative ad episodi
occorsi quando gli imputati erano sicuramente ristretti
– mancanza della motivazione, per omessa disamina degli elementi
evidenziati in sede di motivi di appello
Richiamando per esteso il contenuto dei motivi di gravame quanto alla
contestata responsabilità del Lleshaj e del Gjonaj relativamente ai reati
sub 7), 8), 9), 10), 16), 20), da 23) a 27) e da 44) a 50), il difensore
degli imputati lamenta che la Corte territoriale non avrebbe
compiutamente esaminato ogni specifica doglianza.

3. Propone a sua volta ricorso il difensore dell’Hoxha, che lamenta:

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comunque la prova del carattere permanente della ipotizzata

inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 415-bis, comma 3, 416 e
419 cod. proc. pen.
Le censure della difesa dell’Hoxha coincidono con quelle formulate
nell’interesse del Lleshi e del Gjonaj con il primo motivo del loro ricorso
violazione dell’art. 189 cod. proc. pen.
Nell’interesse dell’Hoxha si torna ad eccepire l’inutilizzabilità dei dati
relativi ai dispositivi GPS installati sulle auto monitorate dalla polizia
giudiziaria, forniti tramite supporti magnetici, nonché dei dati forniti dalla

acquisizione e conservazione dei predetti dati, costituenti tutti documenti
informatici, e pertanto prova atipica disciplinata dall’art. 189 cod. proc.
pen., ammissibile previo contraddittorio tra le parti e ciò anche a causa
della sua labilità». A riguardo, la valutazione della Corte territoriale secondo cui le prove in questione non potrebbero intendersi atipiche non può condividersi, essendosi comunque svolte con modalità diverse da
quelle previste per i mezzi di prova da considerare tipici: in ogni caso, si
osserva che «l’ammissibilità dei predetti dati, costituenti documenti
informatici, è preclusa dalla mancanza del prescritto contraddittorio tra le
parti», giacché «non è stato rispettato l’obbligo di adottare misure
tecniche atte ad assicurare la conservazione dei dati originali e per
impedirne l’alterazione; inoltre, i supporti magnetici sono stati duplicati
senza stabilire espressamente né alcuna tutela, né le modalità operative»
inosservanza ed erronea applicazione di legge penale, nonché carenza di
motivazione della sentenza impugnata
Contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito, gli accertamenti
compiuti dagli inquirenti avevano al più portato a individuare l’Hoxha non
già come membro di un sodalizio criminoso, bensì come semplice
partecipe, in via occasionale, a due furti (del 18 e del 21 novembre
2011); fra l’altro, non risultano rinvenute tracce del ricorrente, né cose a
lui riferibili, nel presunto covo della banda.
La difesa osserva altresì che della contestata associazione per delinquere
sembra mancare già l’elemento materiale, atteso che il gruppo sarebbe
stato limitato proprio ai tre imputati, e risulta pacifica una certa
grossolanità sul piano organizzativo, se è vero che in taluni casi i furti
vennero realizzati quando le vittime erano in casa, e per ciò solo gli autori
fuggirono immediatamente senza persistere nel proposito criminoso
carenza di motivazione quanto ai reati di cui ai capi 4), 5) e 6)
Con riguardo agli episodi appena segnalati, gli elementi a carico
dell’Hoxha deriverebbero soltanto dalla sua ipotizzata presenza a bordo di

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Società Autostrade e dai sistemi telepass, «per mancanza dei verbali di

una “Peugeot” transitata da un casello, peraltro in tempo di notte, giacché
uno degli occupanti – come risultato dalle immagini tratte da un impianto
di videosorveglianza – avrebbe avuto caratteristiche somatiche simili
inosservanza ed erronea applicazione dell’art.

62-bis

cod. pen. e

mancanza di motivazione
La difesa lamenta che le circostanze attenuanti generiche risultano essere
state negate all’imputato solo in virtù dei suoi precedenti, ma occorre
tenere presente che di condanne pregresse a carico dell’Hoxha ve ne sono

rivelatosi un reo di occasione e sostanzialmente improvvisato, oltre ad
avere tenuto un corretto comportamento sia durante la restrizione della
libertà che nel corso del processo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi non possono trovare accoglimento.

2. Con riguardo all’impugnazione presentata per il Lleshi ed il Gjonaj, si
impongono le seguenti valutazioni.
2.1 Quanto alla pretesa nullità della richiesta di rinvio a giudizio per vizi
correlati all’avviso di conclusione delle indagini preliminari, è pacificamente
affermata in giurisprudenza la valenza sanante dell’opzione dell’imputato per il
rito abbreviato, attesa la natura di nullità a regime intermedio da ricollegare a
tutte le ipotesi

de quibus:

come correttamente evidenziato dalla Corte

territoriale, ciò accade quando la richiesta di giudizio abbreviato intervenga dopo
un esercizio dell’azione penale avvenuto prima della scadenza del termine di
venti giorni previsto dall’art. 415-bis cod. proc. pen. (Cass., Sez. I, n. 949
dell’08/11/2011, Piacente), nel caso di omesso espletamento di un interrogatorio
che pure sia stato espressamente sollecitato (Cass., Sez. I, n. 19948 del
05/05/2010, Merafina; v. anche Cass., Sez. II, n. 19483 del 16/04/2013,
Avallone), e financo laddove l’avviso di conclusione delle indagini preliminari non
sia stato notificato tout court (Cass., Sez. VI, n. 25153 del 04/05/2010, Leotta;
v. anche Cass., Sez. III, n. 7336 del 31/01/2014, Laneve).
In tale contesto, non ha alcun pregio l’osservazione difensiva secondo cui le
pronunce appena richiamate pongono l’accento sull’efficacia sanante che si
produce “a seguito” di una istanza di rito abbreviato, quando invece nella
fattispecie concreta la nullità era stata eccepita in via preliminare; è infatti
evidente che la sanatoria di una nullità a regime intermedio, sul piano logico,

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solo due, risalenti nel tempo; egli, inoltre, è un soggetto di giovane età,

non può che prodursi in conseguenza di un posterius.

A prescindere dalla

correttezza o meno delle determinazioni adottate dal Gup del Tribunale di Udine
dinanzi alla eccezione de qua, come inizialmente prospettata, la successiva
scelta del rito speciale esercitata dagli imputati comportò dunque la sanatoria in
argomento: ed il fatto stesso che, come si legge nel ricorso, quella opzione fu
motivata dalla prospettiva di ottenere uno sconto di pena in caso di condanna
offre la misura evidente della volontà degli odierni ricorrenti dì privilegiare
ragioni di convenienza (niente affatto “necessitate”) rispetto all’interesse a far

2.2 In ordine alla dedotta nullità concernente l’omesso avviso al difensore
della fissazione dell’udienza preliminare, si rileva – dalle stesse produzioni
allegate al ricorso, ed a prescindere dalla completa leggibilità di tutti gli avvisi
inviati al comune patrocinatore dei tre imputati – che in allegato alle
comunicazioni via fax indirizzate al difensore vi era una contestuale nota, con cui
si dava atto della trasmissione del “testo originale dell’avviso al difensore di
fissazione udienza preliminare / giorno 31.05.2012”. Si trattava della data
esatta, quando il Gup friulano celebrò appunto l’udienza in questione; in detta
occasione, venne disposto il rinvio al 12/09/2012 a seguito delle richieste di rito
abbreviato già ricordate.
Ergo, da un lato gli atti pervenuti al difensore recavano comunque, sia pure
facendo riferimento ad una comunicazione ulteriore rispetto all’avviso formale
(quand’anche incompleto o non del tutto leggibile), l’indicazione della data in cui
l’udienza preliminare sarebbe stata tenuta; dall’altro, ancora una volta, la scelta
del giudizio abbreviato ebbe efficacia sanante della ipotesi di nullità, parimenti a
regime intermedio.
2.3 A proposito della contestata utilizzabilità delle dichiarazioni del Taci e
della Nicolè, va innanzi tutto ricordato che «le dichiarazioni spontanee rese alla
polizia giudiziaria dalla persona soggetta alle indagini possono essere utilizzate
nel giudizio abbreviato, posto che l’art. 350, comma settimo, cod. proc. pen. ne
preclude l’utilizzazione nella sola sede dibattimentale» (Cass., Sez. V, n. 18064
del 19/01/2010, Avietti, Rv 246865); analogamente, si è affermato che identico
regime di utilizzabilità deve riconoscersi alle «dichiarazioni rese spontaneamente
alla polizia giudiziaria da soggetto che non ha ancora formalmente assunto la
qualità di indagato» (Cass., Sez. V, n. 18519 del 20/02/2013, Cecchetti, Rv
256236; v. anche Cass., Sez. V, n. 6346 del 16/01/2014, Pagone). La
giurisprudenza di questa Corte ha del resto chiarito che il descritto regime di
utilizzabilità vale anche nei confronti del coimputato, chiamato in reità od in
correità (v. Cass., Sez. I, n. 40050 del 23/09/2008, Ponte).

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valere il presunto vizio processuale nelle ulteriori fasi del giudizio.

Tanto premesso, come si legge nella motivazione della sentenza impugnata,
la natura spontanea della deposizione resa dal Taci risulta pacifica, dal momento
che questi si presentò ai Carabinieri a seguito di una perquisizione già compiuta
presso il suo domicilio (né le norme di rito impongono a pena di nullità o di
inutilizzabilità l’adozione delle peculiari formalità evidenziate dalla difesa); la
Corte di appello ha peraltro segnalato come le dichiarazioni dello stesso Taci
rimasero sostanzialmente irrilevanti ai fini dell’affermazione della penale
responsabilità dei ricorrenti. Quanto alla Nicolè, la sola circostanza che ella

provenienza furtiva non poteva ex se deporre per la necessità di una sua
iscrizione nel registro degli indagati.
2.4 Manifestamente infondate debbono considerarsi le censure relative alla
contestata ravvisabilità del reato associativo. La stessa precisazione, che si
legge nel ricorso, secondo cui i reati posti in essere dal presunto sodalizio furono
caratterizzati da un “programma delittuoso generico”, che veniva realizzato “di
volta in volta”, sconfessa in radice l’assunto difensivo: l’assenza di una
pianificazione dettagliata, infatti, descrive l’in sé della ipotesi criminosa ex art.
416 cod. pen., distinguendosi in tal modo dalla ben diversa fattispecie di un
concorso di persone in reati espressivi di un disegno unitario, ordito ab initio nei
particolari.
Altrettanto ineccepibile appare la ricostruzione fatta propria dai giudici di
merito, nel sottolineare l’assoluta e stabile dedizione degli imputati alla
commissione di furti sistematici nel breve periodo considerato: nel giro di meno
di un mese, tenendo conto del numero delle contestazioni per cui è stato
formulato un giudizio di colpevolezza, i ricorrenti realizzarono furti con cadenza
pressoché quotidiana, evidentemente scegliendo all’ultimo momento gli obiettivi
da aggredire (così trovando ulteriore conferma l’assunto accusatorio anche in
ordine alla associazione per delinquere).
2.5 Del tutto generica risulta la doglianza afferente il difetto di acquisizioni
istruttorie ulteriori, rispetto al quadro valutato – con riguardo ad alcuni addebiti,
in senso favorevole agli imputati – in sede di provvedimenti

de libertate: il

rigetto parziale della richiesta del P.M. per l’applicazione di misure cautelari a
carico del Lleshi e del Gjonaj non poteva del resto comportare alcuna preclusione
nell’ambito del processo di cognizione, né la difesa degli imputati si confronta
analiticamente con la motivazione adottata dalla Corte territoriale per giungere
alla conferma della sentenza di primo grado anche con riferimento ai reati di cui
ai capi da 17 a 22.
2.6 La prospettata esistenza di altri soggetti dediti alla commissione di reati
contro il patrimonio nello stesso ambito territoriale, in forma organizzata o

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provvide più o meno immediatamente a consegnare agli inquirenti un bene di

meno, costituisce argomentazione ictu °culi irrilevante: il fatto che nel carteggio
processuale risultino denunce relative a furti avvenuti dopo la restrizione in
carcere dei ricorrenti può darsi per pacifico, a fronte comunque di capi di
imputazione che si riferiscono a reati commessi non oltre il 21 novembre 2011.
2.7 Gli ultimi motivi di ricorso si rivelano inammissibili: il difensore del Lleshi
e del Gjonaj si limita a riprodurre per esteso il contenuto dei motivi di appello a
suo tempo sviluppati con riguardo ai singoli reati-fine, per poi – senza in alcun
modo confrontarsi con le reali argomentazioni esposte dalla Corte territoriale su

segnalare genericamente che i giudici triestini non avrebbero proceduto ad una
compiuta disamina dei motivi di gravame, né saputo “sufficientemente obiettare”
o dato adeguate “spiegazioni sulle ragioni per cui non potessero accogliersi le
censure della difesa”, ovvero avrebbero “liquidato le questioni in una pagina”.
Per costante giurisprudenza di questa Corte il difetto di specificità del motivo
– rilevante ai sensi dell’art. 581, lett. c), cod. proc. pen. – va apprezzato non solo
in termini di indeterminatezza, ma anche «per la mancanza di correlazione tra le
ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le
esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità che
conduce, a norma dell’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.,
all’inammissibilità dell’impugnazione» (Cass., Sez. II, n. 29108 del 15/07/2011,
Cannavacciuolo).

3. Analizzando l’impugnazione proposta nell’interesse dell’Hoxha, le ragioni
esposte sub 2.1 con riferimento al ricorso del Lleshi e del Gjonaj debbono
intendersi qui richiamate anche in ordine al primo, corrispondente motivo
sviluppato per il coimputato.
3.1 La doglianza relativa alla lamentata violazione dell’art. 189 del codice di
rito non può intendersi fondata: è infatti lo stesso ricorrente a precisare
espressamente che i dati di cui alle rilevazioni del sistema satellitare GPS o dei
transiti veicolari presso i caselli

telepass

risultano versati su “documenti

informatici”. Ci si trova dinanzi, pertanto, a prove documentali, mentre le
norme invocate dalla difesa (sino a leggi di ratifica di convenzioni internazionali
sul cyber-crime) non hanno nel caso concreto alcuno spazio di applicazione:
come già osservato dalla Corte di appello di Trieste, quei testi rimangono del
tutto inconferenti, riguardando la disciplina dettata per peculiari categorie di
documenti informatici cui riconoscere fede privilegiata, e non è affatto vero che
solo documenti di tal fatta possano assumere attitudine probatoria nel processo
penale.

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quegli specifici episodi, al limite anche per tentare di confutarne la decisività –

3.2 Il motivo di ricorso dedicato alla contestata partecipazione dell’Hoxha a
reati ulteriori rispetto a quelli che si assumono commessi il 18 e 21 novembre
2011, come pure l’ulteriore motivo concernente la decisività del riconoscimento
delle sembianze dell’imputato quale occupante della vettura di cui alle riprese di
un impianto di videosorveglianza, involgono questioni di mero fatto, e si
risolvono in inammissibili sollecitazioni a questa Corte affinché rivaluti le
risultanze istruttorie.
Come già segnalato con riguardo al Lleshi ed al Gjonaj, le censure sulla

tutto inconsistenti: il difensore dell’Hoxha rappresenta fra l’altro che la presunta
associazione “non risulta formata che da tre persone” (ma si tratta, appunto, del
numero minimo di necessari compartecipi) e che vi sarebbe stata una certa
grossolanità sul piano organizzativo, manifestata dalla scelta di obiettivi con i
potenziali derubati ancora in casa o dall’utilizzo di veicoli rubati per gli
spostamenti (ma, all’evidenza, ben può esservi associazione per delinquere
anche laddove i membri del sodalizio non rivelino una particolare abilità).
3.3 Quanto infine alla negazione delle circostanze attenuanti generiche, deve
qui ribadirsi che «la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai fini dell’art.
62-bis cod. pen. è oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice

con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione,
non sindacabile in sede di legittimità, purché non contraddittoria e congruamente
motivata, neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno
dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato» (Cass., Sez. VI,
n. 42688 del 24/09/2008, Caridi, Rv 242419). Come lo stesso ricorrente
evidenzia, la Corte di appello ha posto l’accento sulla esistenza a carico
dell’Hoxha di precedenti specifici (e non solo, ove sì tenga conto della analitica
esposizione delle ragioni ostative al riconoscimento delle attenuanti de quibus,
che si legge a pag. 22 della sentenza impugnata): a riguardo, deve tenersi conto
che «ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche
il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133
cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il
riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla
personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di
esso può essere sufficiente in tal senso» (Cass., Sez. II, n. 3609 del 18/01/2011,
Sermone, Rv 249163).

4. il rigetto dei ricorsi comporta la condanna degli imputati al pagamento
delle spese del presente giudizio di legittimità.

10

ritenuta sussistenza di un sodalizio rilevante ex art. 416 cod. pen. appaiono del

..

P. Q. M.

Rigetta i ricorsi, e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso il 22/12/2014.

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