Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20065 del 10/04/2018


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Penale Ord. Sez. 3 Num. 20065 Anno 2018
Presidente: SARNO GIULIO
Relatore: ROSI ELISABETTA

DiQuiùPà_zA,
sul ricorso proposto da:
MALU ARTUR nato il 16/02/1964

avverso la sentenza del 25/10/2017 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di
LECCE
sentita la relazio e svolta dal Consigliere ELISABETTA ROSI;
lette/sent

e constuM01ii- del PG PAOLA FILIPPI

Data Udienza: 10/04/2018

Ritenuto che Malo Artur (alias Mucaj Artur) è stato condannato con sentenza ex art 444 c.p.p.
del GUP del Tribunale di Lecce, emessa in data 25 ottobre 2017 alla pena di anni tre di
reclusione e euro 16.000,00 di multa, per i reati di cui al capo a) ex artt. 110 c.p. e 73 comma
1 e 4 Dpr 309/90, per avere illecitamente detenuto al fine di farne commercio sostanza
stupefacente del tipo marijuana, pari a gr 3.160 (dalla quale sono ricavabili 4.259 dosi) e
cocaina pari a gr. 10 (da cui sono ricavabili 44 dosi), e al capo b) ex artt. 110 c.p. e art. 2 e 7
L. 895/67, per aver illecitamente detenuto una pistola semiautomatica marca “Pardini” modello
GT 9 con n. 7 cartucce inserite nel caricatore. Fatti ambedue accertati in Lecce l’11 luglio

che l’imputato, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per Cassazione, depositato in
cancelleria il 09/11/2017, con il quale lamenta genericamente il vizio di mancata motivazione
circa l’assenza di condizioni per il proscioglimento ex art. 129 c.p.p;

Considerato che in base al testo del comma 2-bis dell’art. 448 c.p.p., come introdotto dalla
legge n. 103 del 2017 in vigore dal 3 agosto 2017, il ricorso avverso la sentenza di
patteggiamento è proponibile solo per motivi attinenti all’espressione della volontà
dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione
giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza;
che, invero, la sentenza che recepisce l’accordo fra le parti va considerata sufficientemente
motivata con una succinta descrizione del fatto (deducibile dal capo d’imputazione), con
l’affermazione della correttezza della qualificazione giuridica di esso, con il richiamo all’art. 129
c.p.p., per escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste, con la verifica della
congruità della pena patteggiata ai fini e nei limiti di cui all’art. 27 Cost. (Sez. 4, n. 34494 del
13/7/2006, P.G. in proc. Koumya, Rv. 234824), ciò in quanto la richiesta consensuale di
applicazione della pena si traduce in una scelta processuale che implica la rinuncia ad avvalersi
della facoltà di contestare l’accusa i cui termini formali e sostanziali sono stati inequivocamente
“accettati” dalle parti con la richiesta ex art. 444 c.p.p., come pure è stata accettata la
dosimetria sanzionatoria;
che nel caso di specie il ricorrente si limita a dolersi genericamente della sentenza impugnata e
ciò dà luogo ad una causa di inammissibilità dichiarabile “de plano”, ai sensi delle modifiche
apportate con legge n. 103 del 2017 e che, alla presente declaratoria, segue, per legge, la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa
delle Ammende della somma di euro quattromila

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.

2016;

Così deciso in Roma, il 10 aprile 2018

Il Presidente

Il consigliere estensore

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