Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20058 del 06/11/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 20058 Anno 2015
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: BEVERE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PEZZINO ANTONINO N. IL 23/06/1949
avverso la sentenza n. 5410/2010 CORTE APPELLO di TORINO, del
17/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/11/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO BEVERE
Udito il Procuratore Gqnerale in persona del Dott. n 0A>, o
che ha concluso per A \
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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Data Udienza: 06/11/2014

Il ricorso è manifestamente infondato, in quanto le argomentazioni in esso contenute in
relazione alla valutazione e qualificazione logico-giuridica del fatto , da un lato, mancano di
specificità (per genericità e indeterminatezza, nonché per reiterazione di censure già formulate
nei confronti della decisione del giudice di primo grado, determinando un irrituale regredire
dello svolgimento del processo) ; dall’altro, contengono argomenti che propongono una serie
di critiche fattuali e valutative , sprovviste di persuasivi dati storici alternativi e di convincenti
addentellati giurisprudenziali, idonei a infrangere la lineare razionalità della decisione
impugnata, nella quale il giudice di appello ha già rilevato che
a. l’istituto dell’exceptio veritatis è stato introdotto limitatamente alla diffamazione specifica,
consistente nell’attribuzione di un fatto determinato , mentre nel caso in esame l’accusa
mossa agli ispettori coinvolge un’indeterminata serie di comportamenti deontologicamente e
giuridicamente censurabili;

FATTO E DIRITTO
Con sentenza 17.1.2013, la corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza 30.10.09
del tribunale di Casale Monferrato, ha ridotto a 2 mesi di reclusione la pena inflitta a PEZZINO
ANTONINO, per il reato di diffamazione a mezzo stampa, commesso in concorso con Vella Carlo
Giovanni- deceduto- mediante la pubblicazione, sul periodico “L’informatore” del 16.12.04, di un
articolo , dal titolo “L’illegalità dei poliziotti ha un prezzo” e dal prologo “Accusato ingiustamente
dagli ispettori del commissariato Zucca e Nicodemo” In tale articolo il Pezzino Antonino,
maresciallo maggiore della guardia di finanza, in servizio presso la procura della Repubblica di
Vigevano, aveva affermato che gli ispettori del commissariato di Vigevano, Zucca Luigi e
Nicodemo Domenico, avevano manipolato il contenuto della trascrizione di conversazione
telefonica registrata 29.5.1994 , intercorsa tra il Pezzino e l’indagato Filangieri, e avevano
effettuato_indagini a_ carico del _ primo. .con_modalità illegali. Secondo_la testimonianza del
vicedirettore del giornale, Pacali Mario, l’articolo era stato scritto dal Vella, utilizzando gli atti ,
portati dal Pezzino stesso, relativi al procedimento avente ad oggetto i reati ex artt. 323,326,379 c.p.
I giudici di merito , riconosciuta la valenza diffamatoria del contenuto dell’articolo,in cui sono
riportate tra virgolette le parole attribuite all’imputato, hanno escluso che abbiano un fondamento
di verità le accuse formulate nei confronti della correttezza morale e professionale degli ispettori di
polizia , non essendo emersa alcuna trasgressione del loro operato e hanno concluso con
l’affermazione di responsabilità del Pezzino in ordine al reato di diffamazione, condannandolo
anche al risarcimento dei danni in favore delle partici civili.
Nell’interesse dell’imputato è stato presentato ricorso per i seguenti motivi:
1. mancata assunzione di prove decisive : la corte di appello non ha ammesso le prove
documentali aventi ad oggetto due aspetti fondamentali : la falsa verbalizzazione e lo
svolgimento di indagini con modalità illegali;
2. vizio di motivazione : la carenza documentale ha reso non praticabile ed inefficace
l’exceptio veritatis , in riferimento all’art. 596 co. 3 punti 1 e 3 c.p. , invocata dal ricorrente.
Tale carenza non ha consentito di dimostrate la fondatezza delle affermazioni del vice
direttore Pacali, secondo cui era presente nella redazione un dossier contenente gli atti del
procedimento a carico del Pezzino e quindi questi era estraneo alla diffamazione. Quanto
alle affermazioni attribuitegli nell’articolo, esse fanno parte di un ricorso alla prefettura di
Pavia, mirante alla propria tutela e quindi sono legittimanti il riconoscimento dell’esimente
dell’art. 598 c.p. , anche perché manca la prova che tale documento fosse pervenuto al
giornale ad opera del Pezzino;
3. il tempo trascorso dalla data del fatto contestato comporta la dichiarazione di estinzione del
reato per prescrizione , senza che siano confermate le statuizioni civili , in considerazione
della mancanza di prove sulla riconducibilità del reato al ricorrente„

Alla manifesta infondatezza dei motivi sopra esaminati consegue la declaratoria di inammissibilità
del ricorso .
Va rilevato che,successivamente alla pronuncia della sentenza di appello, è maturato il termine di
prescrizione che non porta però alla declaratoria di estinzione del reato. Secondo un condivisibile
orientamento interpretativo, l’ inammissibilità, conseguente alla manifesta infondatezza dei motivi,
non consente l’instaurazione , in sede di legittimità, di un valido rapporto di impugnazione e
impedisce di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità ex art. 129 cpp, ivi compreso
l’eventuale decorso del termine di prescrizione (S.U. n.32 del 22.11.2000 rv 217266;. sez. 2„ n.
28848 dell’8.5.2013 rv 256463).
Va quindi ribadita l’inammissibilità del gravame con condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000, 00, in favore della Cassa delle Ammende

PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di € 1.000, 00, in favore della Cassa delle Ammende.

b. la fonte delle accuse tanto diffamatorie quanto infondate provenienti dal Pezzino hanno
preso spunto da documentazione portata nella redazione del giornale dal medesimo e sono
state integrate da sue personali e infondate valutazioni censorie;
c. l’invocata “immunità” ex art. 598 c.p. , derivante dall’uso difensivo di atti contenenti offese
dirette alla controparte, è configurabile all’interno del processo a cui si riferisce e in cui lo
scritto è destinato ad essere utilizzato , non ha quindi rilevanza esimente l’introduzione di
atti che hanno radici e funzioni estranee al presente processo.
L’esimente di cui all’art. 598 cod. .pen. – concernente la non punibilità delle offese contenute.
scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorità giudiziarie e amministrative (nella specie un
procedimento disciplinare) – non è applicabile qualora le espressioni offensive siano contenute in
una memoria difensiva inviata ad autorità diverse dal legittimo contraddittore del procedimento, in
quanto l’operatività dell’esimente – funzionale al libero esercizio del diritto di difesa – deve restare
circoscritta,all’ambito _delgiudizio.ordinariood.amministrativo nel corsa ideLquale le offese siano_
profferite, a condizione che siano pertinenti all’oggetto della causa o del ricorso amministrativo(cfi -.
sez.5,n. 7633 del 18/11/2011,Rv. 252161).
Quanto al motivo concernente la mancata assunzione di prova decisiva, si rileva che, ai fini della
configurazione del vizio previsto dall’art. 606 lett. d) c.p.p. , è indispensabile che la prova indicata
– dal ricorrente abbia ad oggetto un fatto – certo nel suo accadimento e non una prova docun-rentale(come nel caso della richiesta della produzione suindicata), che debba essere vagliata unitamente
agli altri elementi di prova acquisiti, non per elidere l’efficacia dimostrativa di questi ultimi, ma per
effettuare un confronto , all’esito del quale si prospetta l’ ipotesi di un astratto quadro storicovalutativo, favorevole alla parte ricorrente, da sovrapporre alla ricostruzione dei fatti e alla
valutazione effettuate dai giudici di merito. Si tratta di proposizioni inammissibili, in quanto tese a
provocare le non consentite “rilettura” e rivalutazione delle emergenze processuali.

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