Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20046 del 14/11/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 20046 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI
CATANZARO
Nei confronti di :
1. BORRELLO LUIGINO N. IL 16.07.1961
2. DAFFINA’ ROBERTO N IL 20.11.1961
3. RUBINO PAOLO N. IL 26.11.1961
4. SALADINO MARIO N. IL 28.05.1943
Avverso la sentenza del GIP presso il TRIBUNALE DI LAMEZIA TERME in data 29 gennaio
2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI, sentite le
conclusioni del PG in persona della dott. ssa Maria Giuseppina Fodaroni che ha chiesto
l’annullamento con rinvio. E’ presente l’avvocato Cantafora del foro di Catanzaro per
Daffinà e Rubino il quale chiede il rigetto; l’avvocato Nicotera per Saladino chiede
dichiararsi l’inammissibilità del ricorso e si riporta alle conclusioni; l’avvocato Serrao per
Borrello chiede il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.

2.

Con l’impugnata sentenza resa ex art. 425 cod. proc. pen, in data 29 gennaio 2014,
il GIP presso il Tribunale di Lamezia Terme dichiarava non luogo a procedere nei
confronti di Borrello Luigino, Daffinà Roberto, Rubino Paolo e Saladino Mario dalla
imputazione loro ascritta perché il fatto non costituisce reato.
Nei loro confronti era stato ipotizzato il reato di cui agli artt. 113 e 589 cod. pen.
perché in cooperazione tra loro e nelle loro qualità di medici in servizio presso la
divisione di chirurgia generale dell’ospedale civile “Giovanni Paolo II” di Lamezio 1/4,
Terme, serbando una condotta negligente ed imperita, cagionavano la morte di

Data Udienza: 14/11/2014

4.

CONSIDERATO IN DIRITTO
5.

Il ricorso è fondato.
Ed invero il ricorrente deduce la inosservanza od erronea applicazione dell’art. 425
c.p.p. che subordina il proscioglimento all’accertamento di una situazione tale di
innocenza da non essere ritenuta superabile in dibattimento dall’acquisizione dì nuovi
elementi di prova o da una possibile diversa valutazione del compendio probatorio
già acquisito. Sussisterebbe ad avviso del ricorrente insufficienza della motivazione,
essendo la vicenda sottoposta all’attenzione del GUP meritevole del vaglio
dibattimentale e la contraddittorietà della motivazione, avendo il GUP formulato un
vero e proprio giudizio prognostico non spiegando perché sia imprevedibile che,
all’esito del dibattimento, si giunga a diversa decisione. Va premesso che sia in
giurisprudenza che in dottrina, si è dell’avviso che all’udienza preliminare debba
riconoscersi natura processuale e non di merito, non essendovi alcun dubbio circa la
individuazione della finalità che ha spinto il legislatore a disegnare e strutturare
l’udienza preliminare; quale oggi si presenta, all’esito dell’evoluzione legislativa
registrata al riguardo, e nonostante l’ampliamento dei poteri officiosi relativi alla
prova: lo scopo (dell’udienza preliminare) è quello di evitare dibattimenti inutili, non
quello di accertare la colpevolezza o l’innocenza dell’imputato. Di tal che, il giudice
dell’udienza preliminare deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere nei
confronti dell’imputato solo in presenza di una situazione di innocenza tale da
apparire non superabile in dibattimento dall’acquisizione di nuovi elementi di prova o
da una possibile diversa valutazione del compendio probatorio già acquisito; e ciò
anche quando, come prevede espressamente l’art. 425 c.p.p., comma 3 “gli elementi
acquisiti risultano insufficienti, contradditori o comunque non idonei a sostenere
l’accusa in giudizio”: tale disposizione è la conferma che il criterio di valutazione per
il giudice dell’udienza preliminare non è l’innocenza, bensì – dunque, pur in presenza
di elementi probatori insufficienti o contraddittori (sempre che appaiano destinati,
con ragionevole previsione, a rimanere tali nell’eventualità del dibattimento) l’impossibilità di sostenere l’accusa in giudizio. Insomma, il provvedimento ai sensi
dell’art. 425 c.p.p., pur motivato sommariamente, in effetti assume natura di
sentenza sol perché la valutazione dopo il contraddittorio svolto in udienzapreliminare è difforme da quella del pubblico ministero, ed implica assunzione del
giudice della scelta d’inibire allo stato l’esercizio dell’azione penale contro l’imputato,
salvo potenziale revoca. Pertanto, a fronte del ricorso, va tenuto in conto che il
controllo di questa Corte sulla sentenza non può comunque avere ad oggetto gli
elementi acquisiti dal P.M., bensì solo la giustificazione resa dal giudice nel valutarli.

3.

Pungitore Rosa, deceduta per “sindrome da disfunzione organica multi sistemica
(SDOM o MOF). In particolare sottoponevano ad interevento chirurgico di
laparatomia la paziente ricoverata in data 30 settembre 2007 per occlusone
intestinale dovuta a neoformazione stenoglante del colon nel tratto del sigma
(tumore del sigma), limitandosi ad un intervento di confezionamento di colostomia,
omettendo di sottoporla al contestuale e necessario intervento di emicolectomia
sinistra, indispensabile per l’asportazione della neoplasia, pur avendo a disposizione
un quadro diagnostico chiaramente ed inconfutabilmente deponente per una
neoformazione, causando inoltre una perforazione del tratto intestinale sede della
massa neoplasica, dovuta alla manipolazione incongrua dell’intestino crasso per il
confezionamento della colostomia, senza effettuare un’adeguata revisione intestinale
prima della sutura di chiusura, con gravi conseguenze per la paziente che veniva
affetta da peritonite secondaria che ne causava il decesso per la instaurazione della
insufficienza multi organo, ciò nonostante un secondo intervento chirurgico effettuato
in data 13 ottobre 2007, necessario per il trattamento della peritonite stercoracea da
perforazione intestinale, con contestuale emicolectomia sinistra per adenocarcinoma
stenostante del sigma
Avverso tale decisione ricorre il PG, denunciando la mancanza e contraddittorietà
della motivazione e l’erronea applicazione dell’art. 425 cod. proc. pen.
Hanno presentato memoria difensiva Salaadino Mario e Borello Luigino

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Lamezia Terme
per l’ulteriore corso..
Così deciso nella camera di consiglio del 14 novembre 2014
IL CONSIGLIER ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Quindi l’unico controllo ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d) ed e)
consentito in sede di legittimità della motivazione della decisione negativa del
processo, qual è la “sentenza di non luogo a procedere”, concerne la riconoscibilità
del criterio prognostico adottato nella valutazione d’insieme degli elementi acquisiti
dal pubblico ministero (Cass. pen. Sez. 4^ n. 2652 del 27.11.2008, Rv. 242500).
Diversamente, si giunge ad attribuire al giudice di legittimità un compito in effetti di
merito, in quanto anticipatorio delle valutazioni sulla prova da assumere. E tanto si
pone in contraddizione insanabile con la possibilità di revoca della sentenza da parte
dello stesso giudice per le indagini preliminari, sopravvenute o scoperte nuove fonti
di prova da combinare eventualmente con quelle già valutate (art. 434 c.p.p.). In
altri termini, paradossalmente, questa Corte potrebbe pregiudicare l’esito di un
eventuale giudizio (Cass. pen. Sez. 5″, n. 14253 del 13.2.2008, Rv. 23949). Invero,
la previsione di cui all’art. 425 cod. proc. pen., comma 3, – per la quale il G.U.P. deve
emettere sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti
risultino insufficienti o contraddittori- è qualificata dall’ultima parte del suddetto
comma terzo che impone tale decisione soltanto ove i predetti elementi siano
comunque inidonei a sostenere l’accusa in giudizio. Ne deriva che solo una prognosi
di inutilità del dibattimento relativa alla evoluzione, in senso favorevole all’accusa,
del materiale probatorio raccolto – e non un giudizio prognostico in esito al quale il
giudice pervenga ad una valutazione di innocenza dell’imputato – può condurre ad
una sentenza di non luogo a procedere. (Cass. pen. Sez. 5^, n. 22864 del
15.5.2009, Rv. 244202 e successive conformi).
Orbene, deve riconoscersi come, nel caso di specie, il G.U.P. sia incorso in palesi
omissioni valutative, conducenti alla insufficiente motivazione adottata, che, invece,
erano ineludibili e ciò con particolare riferimento alla prognosi di inutilità del
dibattimento da cui potesse scaturire uno sviluppo del materiale probatorio in senso
favorevole all’accusa.
Ritiene in buona sostanza la Corte che nella specie il G.U.P. non abbia correttamente
verificato la possibilità di sostenere l’accusa in giudizio e, dunque, la possibilità che i
dati di conoscenza già acquisiti potessero essere integrati nel corso dell’istruttoria
dibattimentale. Il provvedimento impugnato, oltre che formulare apoditticamente il
giudizio prognostico, infatti, tace tra l’altro su elementi che potevano incidere sulla
prognosi in cui si sostanzia la pronuncia di cui all’art.425 cod.proc.pen., scardinando
l’intero impianto motivazionale. In particolare non ha tenuto conto delle conclusioni
rassegnate nella consulenza tecnica disposta dal PM, né di alcuni rilievi del perito
nominato dallo stesso GUP che ha evidenziato atti omissivi nella condotta dei medici
che ebbero in cura la paziente sia per errori della fase empirica, sia per errori della
fase razionale
6. Alla luce di rilievi fin qui svolti, il provvedimento impugnato deve essere annullato
con trasmissione degli atti al Tribunale di Lamezia Terme per l’ulteriore corso.

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