Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 20010 del 11/04/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 20010 Anno 2018
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: CATENA ROSSELLA

ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
LO NARDO VINCENZO nato il 18/01/1957 a PALERMO
BRONZELLINO GIUSEPPA nato il 28/01/1958 a PALERMO
LO NARDO PIETRO nato il 03/11/1980 a PALERMO

avverso la sentenza del 01/02/2017 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ROSSELLA CATENA;

Data Udienza: 11/04/2018

Fatto e diritto
Con sentenza del 01/02/2017 la Corte d’Appello di Palermo confermava la
sentenza di primo grado, con cui Lo Nardo Vincenzo, Bronzellino Giuseppa e Lo
Nardo Pietro erano stati condannati a pena di giustizia, oltr’e che al risarcimento
del danno nei confronti delle parti civili, per i reati di cui: a) agli artt. 110, 612,
comma secondo, cod. pen., nonché il solo Lo Nardo Pietro, anche del reato di cui
all’art. 635, comma secondo, n. 3, cod. pen., in Palermo, il 19/12/2009.
Nell’interesse degli imputati è stato proposto ricorso per cassazione, con il quale
si lamenta vizio di motivazione in riferimento alla valutazione delle prove

n. 7, cod. pen., con conseguente pronuncia di sentenza di improcedibilità per
essere il danneggiamento non previsto dalla legge come reato, nonché in
relazione al trattamento sanzionatorio.
In relazione al ricorso di Lo Nardo Pietro, imputato di entrambi i reati di cui ai
capi A) e B), osserva il Collegio che, in realtà, le censure aspirano ad una
rivalutazione del compendio probatorio preclusa in questa sede.
Secondo il costante insegnamento di questa Corte, esula dai poteri del giudice di
legittimità quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di
merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di
una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze
processuali (per tutte: Sez. Un., 30/4-2/7/1997, n. 6402, Dessimone, riv.
207944; tra le più recenti: Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 – 06/02/2004, Elia,
Rv. 229369). Nel caso in esame la sentenza impugnata – con motivazione esente
da censure logiche – ha ricordato come le dichiarazioni delle persone offese
fossero logiche, coerenti e conformi tra loro, oltre che confermate dalla
deposizione di tre testi oculari e dalla relazione di servizio redatta dagli operanti.
I motivi proposti tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile ricostruzione
dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di
merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le
ragioni del suo convincimento.
La novella codicistica, introdotta con la L. del 20 febbraio 2006, n. 46 ,che ha
riconosciuto la possibilità di deduzione del vizio di motivazione anche con il
riferimento ad atti processuali specificamente indicati nei motivi di
impugnazione, non ha mutato la natura del giudizio di cassazione, che rimane
pur sempre un giudizio di legittimità, sicché gli atti eventualmente indicati, che
devono essere specificamente allegati per soddisfare il requisito di
autosufficienza del ricorso, devono contenere elementi processualmente
acquisiti, di natura certa ed obiettivamente incontrovertibili, che possano essere

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testimoniali ed alla insussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 624

considerati decisivi in rapporto esclusivo alla motivazione del provvedimento
impugnato e nell’ambito di una valutazione unitaria, e devono pertanto essere
tali da inficiare la struttura logica del provvedimento stesso. Resta, comunque,
esclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da
contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa
lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione
storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti di
prova.
E’ stato ulteriormente precisato che la modifica dell’art. 606 lett. e) cod. proc.

sovrapporre la propria valutazione a quella già effettuata dai giudici di merito
mentre comporta che la rispondenza delle dette valutazioni alle acquisizioni
processuali può essere dedotta nella specie del cosiddetto travisamento della
prova, a condizione che siano indicati in maniera specifica e puntuale gli atti
rilevanti e sempre che la contraddittorietà della motivazione rispetto ad essi sia
percepibile “ictu °culi”, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere
limitato ai rilievi di macroscopica evidenza, senza che siano apprezzabili le
minime incongruenze. (Sez. 4, n. 20245 del 28/04/2006, Francia, Rv. 234099)
Inoltre, il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un’informazione
inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova
decisiva, può essere dedotto con il ricorso per cassazione quando la decisione
impugnata abbia riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di
cosiddetta “doppia conforme”, essere superato il limite costituito dal devolutum
con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d’appello, per
rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati
probatori non esaminati dal primo giudice (Sez. 4, n. 19710 del 03/02/2009,
P.C. in proc. Buraschi, Rv. 243636; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano,
Rv. 257499; Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013 – 29/01/2014, Capuzzi, Rv.
258438).
Quanto alla sussistenza della contestata aggravante, in riferimento al reato di
danneggiamento di cui al capo B), va ricordato che la condotta era stata
esercitata su di una vettura parcheggiata sulla pubblica via, come chiaramente
indicato dalla sentenza di primo grado, per cui sicuramente l’aggravante
contestata sussiste, essendo del tutto irrilevante che, ai fini del solo trattamento
sanzionatorio, detta circostanza aggravante sia stata neutralizzata dalla
concessione delle circostanze attenuanti generiche, che, evidentemente, non
incidono sulla qualificazione del reato.
Ne discende l’inammissibilità del ricorso di Lo Nardo Pietro, con condanna del
predetto, ex art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e di

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pen., per effetto della legge n. 46 del 2006, non consente alla Cassazione di

una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni
dedotte, si stima equo determinare in euro 2.000,00.
Fondata risulta, al contrario, la doglianza relativa alla determinazione della pena
per il reato di minaccia grave, di cui al capo A), in riferimento a Lo Nardo
Vincenzo ed a Bronzellino Giuseppa, i quali sono stati condannati solo per detto
reato. Considerato che ai predetti imputati sono state concesse, già con la
sentenza di primo grado, le circostanze attenuanti generiche, appare evidente
come l’eliminazione della circostanza aggravante di cui all’art. 612, comma
secondo, cod. pen., per effetto del bilanciamento ex art. 69 cod. pen., avrebbe

comma primo, cod. pen., e che, quindi, ai ricorrenti Lo Nardo Vincenzo e
Bronzellino Giuseppa avrebbe dovuto applicarsi la sola pena pecuniaria.
Il motivo di ricorso, quindi, appare fondato. Atteso che alla data del 19/06/2017
risulta, tuttavia, decorso il termine massimo di prescrizione del reato, pari ad
anni sette mesi sei, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, in
riferimento agli imputati Lo Nardo Vincenzo e Bronzellino Giuseppa, per essere il
reato a loro ascritto estinto per intervenuta prescrizione, con revoca delle
statuizioni civili nei confronti dei detti imputati.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Lo Nardo Vincenzo e
Bronzellino Giuseppe, per essere il reato di cui all’art. 612, comma secondo, cod.
pen., a loro ascritto al capo A), estinto per intervenuta prescrizione, e revoca le
statuizioni civili nei confronti dei predetti imputati. Dichiara inammissibile il
ricorso di Lo Nardo Pietro e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, il 11 aprile 2018
Il Componente estensore

Il Presidente

determinato l’individuazione del trattamento sanzionatorio previsto dall’art. 612

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