Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19993 del 11/04/2018
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19993 Anno 2018
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: CATENA ROSSELLA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
LICITRA MARIO nato il 22/06/1956 a RAGUSA
avverso la sentenza del 18/10/2016 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ROSSELLA CATENA;
Data Udienza: 11/04/2018
Fatto e diritto
Con sentenza del 18/10/2016 la Corte d’Appello di Catania confermava la
sentenza di primo grado, con cui Licitra Mario era stato condannato a pena di
giustizia per il reato di cui agli artt. 216, comma 1 n. 1 e 2, 223 r.d. n.
267/1942, in Ragusa, il 07/05/2002.
Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per cassazione, con il quale
si lamentano violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla
maturata prescrizione del reato.
quindi prima dell’entrata in vigore della disciplina di cui alla legge 251/2005,
entrata in vigore in data 08/12/2005.
Ne consegue che, nel caso di specie, il calcolo della prescrizione debba essere
effettuato in base ai criteri di cui alla previgente disciplina normativa che, per il
reato di bancarotta, prevedeva il termine massimo di prescrizione pari ad anni
quindici; detto termine risulterebbe decorso alla data del 07/05/2017, in epoca
successiva, quindi, alla sentenza impugnata.
Il ricorso va, quindi, qualificato come inammissibile, non contenente alcuna
doglianza nei confronti della sentenza impugnata, dovendosi qualificare, peraltro,
manifestamente infondata l’eccezione di prescrizione. Ed infatti va ricordato che
a norma dell’art. 10, comma terzo, legge 251/2005, “Se, per effetto delle nuove
disposizioni, i termini di prescrizione risultano più brevi, le stesse si applicano ai
procedimenti e ai processi pendenti alla data di entrata in vigore della presente
legge, ad esclusione dei processi già pendenti in primo grado ove vi sia stata la
dichiarazione di apertura del dibattimento, nonché dei processi già pendenti in
grado di appello o avanti alla Corte di cassazione.”
Alla inammissibilità del ricorso consegue,
ex art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in
favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si
stima equo determinare in euro 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, il 11 aprile 2018
Il Componente estensore
Il Presidente
Nel caso in esame la sentenza di primo grado risulta emessa in data 06/12/2005,