Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19992 del 11/04/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19992 Anno 2018
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: CATENA ROSSELLA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RANIERI MICHELE nato il 08/06/1961 a MONTALTO UFFUGO

avverso la sentenza del 05/10/2016 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ROSSELLA CATENA;

Data Udienza: 11/04/2018

Fatto e diritto

Con sentenza del 05/10/2016 la Corte d’Appello di Lecce confermava la sentenza
di primo grado, con cui Ranieri Michele era stato condannato a pena di giustizia
per il reato di cui agli artt. 7 e 5, comma primo, legge 386/1990, in Brindisi il
21/07/2009.
Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per cassazione, con il quale
si lamenta vizio di motivazione in riferimento all’affermazione di penale
responsabilità ed al trattamento sanzionatorio, anche in riferimento alla mancata

Il ricorso è inammissibile, per assenza di specificità, in quanto fondato su
censure che, nella sostanza, ripropongono le stesse ragioni già discusse e
ritenute infondate dal giudice del gravame. La mancanza di specificità del
motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice
censurato senza cadere nel vizio indicato, conducente, a mente dell’art. 591
comma 1 lett. c), cod. proc. pen., all’inammissibilità (Sez. 4, 29/03/2000, n.
5191, Barone, Rv. 216473; Sez. 1, 30/09/2004, n. 39598, Burzotta, Rv.
230634; Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270, Scicchitano, Rv. 236945; Sez. 3,
06/07/2007, n. 35492, Tasca, Rv. 237596). La sentenza impugnata ha ricordato
come all’imputato fosse stato personalmente notificato il provvedimento
prefettizio con cui gli era fatto divieto di emettere assegni per anni tre.
Il ricorso è inammissibile anche in quanto la graduazione della pena, in relazione
agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed
attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così
come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e
133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di
cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui
determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5,
n. 5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142), ciò che – nel caso
di specie – non ricorre. Invero, una specifica e dettagliata motivazione in ordine
alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per
circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla
misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto
dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo: “pena
congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure il richiamo alla gravità
del reato o alla capacità a delinquere (Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Denaro,

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concessione delle circostanze attenuanti generiche.

Rv. 245596). Nel caso in esame la sentenza ha rilevato come la presenza di
plurimi precedenti penali e l’assenza di fatti positivamente valutabili non
consentissero la concessione delle circostanze attenuanti generiche, con
conseguente conferma del trattamento sanzionatorio.
Alla inammissibilità del ricorso consegue,

ex art. 616 cod. proc. pen., la

condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in
favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si
stima equo determinare in euro 2.000,00.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, il 11 aprile 2018
Il Componente estensore

Il Presidente

P.Q.M.

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