Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19925 del 23/03/2018
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19925 Anno 2018
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: MENGONI ENRICO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PANDETTA CARMELO nato il 17/03/1973 a CATANIA
avverso la sentenza del 17/11/2017 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO MENGONI;
Data Udienza: 23/03/2018
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 17/11/2017, la Corte di appello di Catania, in riforma
della pronuncia emessa il 3/4/2017 dal locale Tribunale, rideterminava la pena a
carico di Carmelo Pandetta in otto mesi di reclusione e mille euro di multa, con
riguardo al delitto di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
2. Propone ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore,
chiedendo l’annullamento della decisione. La Corte di appello avrebbe dovuto
giudizio di prevalenza, sì da pervenire ad una pena equa, con applicazione del
minimo edittale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il gravame risulta manifestamente infondato.
Osserva il Collegio, infatti, che la Corte di merito, pronunciandosi proprio sul
tema qui riprodotto, ha steso una motivazione del tutto congrua e non
censurabile; in particolare, quanto alle circostanze attenuanti generiche, queste
sono state negate in ragione di un recente e specifico precedente a carico
(idoneo a giustificare la contestazione della recidiva specifica ed
infraquinquennale), nonché dell’assenza di qualsivoglia elemento positivo
valutabile (tale non potendosi ritenere, peraltro, la confessione, resa in presenza
di prove certe di responsabilità). La sanzione applicata, peraltro, risulta
contenuta in termini prossimi al minimo, anche tenuto conto della recidiva,
muovendo da una base di un anno di reclusione e 1.500,00 euro di multa in
ragione del carattere pesante dello stupefacente in esame (cocaina). Sì da non
potersi accogliere, quindi, le censure dedotte in questa sede, che, peraltro, non
considerano in alcun modo gli argomenti appena richiamati.
4. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in euro 3.000,00.
concedere le circostanze attenuanti generiche nella massima estensione e con
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 23 marzo 2018
sigliere estensore
Il Presiden
Il