Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19918 del 23/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19918 Anno 2018
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: MENGONI ENRICO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
HARATAU VASILE nato il 11/09/1997

avverso la sentenza del 09/05/2017 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO MENGONI;

Data Udienza: 23/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 9/5/2017, la Corte di appello di Roma confermava la
pronuncia emessa il 5/11/2016 dal locale Tribunale, con la quale Vasile Haratau
era stato giudicato colpevole del delitto di cui all’art. 73, commi 1 e 4, d.P.R. 9
ottobre 1990, e condannato alla pena di tre anni, otto mesi dì reclusione e
12.300,00 euro di multa.
2. Propone ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore,

riconoscimento dell’ipotesi di cui al comma 5 dell’art. 73 contestato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il gravame risulta manifestamente infondato.
Questa Corte – anche a Sezioni unite – ha costantemente affermato che la
circostanza attenuante speciale del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, comma
5, d.P.R. n. 309 del 1990, oggi fattispecie autonoma di reato, può essere
riconosciuta solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile
sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla
disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la conseguenza che,
ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni
altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio (Sez. U, n. 35737 del
24/6/2010, Rico, Rv. 247911; successivamente, per tutte, Sez. 3, n. 23945 del
29/4/2015, Xhihani, Rv. 263651); orbene, il Collegio di appello ha fatto buon
governo di questo principio.
Tanto premesso, la Corte di appello – pronunciandosi sul punto – ha steso
una motivazione del tutto adeguata e non manifestamente illogica, come tale,
dunque, non censurabile; in particolare, ha evidenziato che la gravità della
condotta emergeva dalla differente natura della sostanza in sequestro (cocaina e
marijuana) e dal quantitativo rinvenuto (cocaina per 35 dosi e confezionamento
in 38 involucri singoli), in uno con gli ordinari strumenti per il confezionamento,
sottoposti a sequestro.
Sì da non poter esser riconosciuta l’ipotesi lieve invocata anche in questa
sede.
4. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a

chiedendo l’annullamento della decisione con riferimento al mancato

norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in euro 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2018

nsigliere estensore

Il Pres’dent

ammende.

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