Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19912 del 23/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19912 Anno 2018
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: MENGONI ENRICO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
FOGLIA MANZILLO LUIGI nato il 23/06/1982 a PIANO DI SORRENTO

avverso la sentenza del 19/04/2017 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO MENGONI;

Data Udienza: 23/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 19/4/2017, la Corte di appello di Firenze, in sede di
rinvio, confermava la pronuncia emessa il 30/4/2013 dal Tribunale di Pistoia,
sezione distaccata di Monsummano Terme, con la quale Luigi Manzillo Foglia era
stato giudicato colpevole dei reati di cui ai capi a) e b) della rubrica – entrambi
ex d. Igs. n. 285 del 1992 – e condannato alla pena di cui al dispositivo.
2. Propone ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore,

conversione della pena detentiva breve in pecuniaria, avrebbe impiegato un
giudizio di meritevolezza soggettiva che non avrebbe più ragion d’essere,
dovendosi applicare soltanto criteri oggettivi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il gravame risulta manifestamente infondato.
Osserva il Collegio, infatti, che la Corte di merito – pronunciandosi sulla
stessa questione qui riprodotta – ha sviluppato un argomento del tutto congruo e
non censurabile; in particolare, con riferimento ai criteri di cui all’art. 133 cod.
pen., la sentenza ha evidenziato che la pena pecuniaria risultava inadeguata alla
gravità dei fatti ed alla personalità dell’imputato, “non esercitando la stessa
efficacia afflittiva né rieducativa, tenuto conto anche dei precedenti penali da cui
Foglia Manzillo è gravato, ed in particolare sia di quelli posti in essere con l’uso
della violenza, che di quello di tolleranza abituale della prostituzione nel proprio
locale”.
Una motivazione adeguata, quindi, che sfugge alla censura proposta (id est:
mancata valutazione di elementi oggettivi); ciò, peraltro, anche alla luce del
costante indirizzo di legittimità, peraltro citato nella sentenza impugnata, a
mente del quale, ai fini della sostituzione della pena detentiva con pena
pecuniaria, il giudice ricorre ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., senza tuttavia
dover prendere in esame tutti i parametri indicati nella norma e potendo la sua
discrezionalità esser esercitata solo sugli aspetti ritenuti decisivi in proposito
(Sez. 5, n. 10941 del 26/1/2011, Orabona, Rv. 249717).
Quel che si riscontra appieno nella pronuncia in esame.
4. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a

chiedendo l’annullamento della decisione. La Corte di appello, nel negare la

norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in euro 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2018

Il

9sigliere estensore

Il Presid

ammende.

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