Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19908 del 23/03/2018
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19908 Anno 2018
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: MENGONI ENRICO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PERINI SILVANO nato il 26/01/1973 a ROVERETO
avverso la sentenza del 03/05/2017 della CORTE APPELLO di TRENTO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO MENGONI;
Data Udienza: 23/03/2018
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 3/5/2017, la Corte di appello di Trento, in parziale
riforma della pronuncia emessa il 28/5/2015 dal Tribunale di Rovereto, ed in
continuazione con altra del medesimo Tribunale a data 22/5/2014, irrogava a
Silvano Perini la pena di 10 mesi, 20 giorni di reclusione e 1.800,00 euro di
multa in ordine ai delitti di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen., 73, comma 5, d.P.R 9
ottobre 1990, n. 309.
chiedendo l’annullamento della pronuncia. La Corte di merito avrebbe
confermato la responsabilità dell’imputato soltanto in forza di dichiarazioni rese
da terzi, come tali insufficienti anche alla luce del modesto quantitativo di
sostanza rinvenuto, ben compatibile con l’uso personale. Nessun argomento, poi,
sarebbe stato speso con riguardo alla mancata riduzione della pena per le
circostanze attenuanti generiche, così come in punto di aumento della stessa a
titolo di continuazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il gravame risulta manifestamente infondato.
Al riguardo, occorre innanzitutto ribadire che il controllo del Giudice di
legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della
decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo,
restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e
valutazione dei fatti (tra le varie, Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv.
265482; Sez. 3, n. 12110 del 19/3/2009, Campanella, n. 12110, Rv. 243247).
In tal modo individuato il perimetro di giudizio proprio della Suprema Corte,
osserva allora il Collegio che le censure mosse dal ricorrente al provvedimento
impugnato si evidenziano come inammissibili; ed invero, dietro la parvenza di
una violazione di legge o di un vizio motivazionale, peraltro del tutto generica, lo
stesso di fatto tende ad ottenere in questa sede una nuova ed alternativa lettura
delle medesime emergenze istruttorie già esaminate dai Giudici di merito,
sollecitandone una valutazione diversa e più favorevole.
Il che, come riportato, non è consentito.
4. La doglianza, inoltre, oblitera che la Corte di appello – pronunciandosi
proprio sulla questione qui riprodotta – ha steso una motivazione del tutto
congrua, fondata su oggettive risultanze dibattimentali (le dichiarazioni della
Paquali, il ritrovamento del bilancino, le condizioni economiche del soggetto) e
2. Propone ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore,
non manifestamente illogica; come tale, quindi, non censurabile. Argomenti,
peraltro, sui quali il Perini non ha speso alcuna considerazione,
tamquam non
essent.
5. Con riguardo, poi, alle circostanze attenuanti generiche, queste sono
state escluse in ragione dei precedenti penali a carico, tali da giustificare la
contestazione di recidiva reiterata ed infraquinquennale; in tal modo, quindi, e
contrariamente all’assunto di cui al gravame, la sentenza ha fatto corretta
applicazione del costante principio per cui, nel motivare il diniego della
considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o
rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti
decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale
valutazione (per tutte, Sez. 3, n. 28535 del 19/3/2014, Lule, Rv. 259899).
6. Da ultimo, con riferimento all’aumento di pena a titolo di continuazione,
rileva la Corte trattarsi ancora di una censura fondata sul merito, con la quale si
lamenta che “tale aumento avrebbe dovuto essere inferiore, data la scarsa
rilevanza del quantitativo stupefacente ritrovato allo scrivente”; quanto, poi, alla
motivazione sul punto, si osserva che l’aumento in esame è stato così modesto
(3 mesi di reclusione e 300,00 euro di multa) da non richiedere un particolare
sforzo argomentativo.
7. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 23 marzo 2018
sigliere estensore
concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il Giudice prenda in