Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19891 del 04/05/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 19891 Anno 2018
Presidente: MOGINI STEFANO
Relatore: D’ARCANGELO FABRIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da

Suceveanu Doru, nato a Barlad ‘,Romania) il 24/10/1972

avverso la sentenza del 20/03/2018 della Corte di appello di Bologna

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Fabrizio D’Arcangelo;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Roberto Aniello, che ha concluso chiedendo la declaratoria di
inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, avv. Mauro Cavalli, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 20 marzo 2018 la Corte di appello di Bologna ha
disposto la consegna all’Autorità giudiziaria rumena di Doru Suceveanu, in forza
del mandato di arresto europeo emesso in data 21 dicembre 2017 dalla Sezione

Data Udienza: 04/05/2018

Distaccata del Tribunale Ordinario di Barlad per l’esecuzione della sentenza
irrevocabile di condanna alla pena di tre anni e due mesi di reclusione
pronunciata dalla Corte di appello di Iasi in data 14 marzo 2017, per i reati di
omicidio colposo stradale, aggravato dall’abuso di sostanze alcoliche, in danno di
Ion Griogore, lesioni personali colpose aggravate dall’abuso di sostanze alcoliche
e di guida in stato di ebbrezza con tasso alcolennico superiore a 0,80 g/l, tutti
commessi in Vulpasesti in data 15 marzo 2015.

sentenza e ne chiede l’annullamento, censurando, anche nel merito, ai sensi
dell’art. 22 della legge 22 aprile n. 69 del 2005, la “erronea valutazione dei fatti”
in ordine alla esclusione del radicamento del Suceveanu in territorio italiano alla
stregua della documentazione prodotta.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in quanto il motivo
proposto si rivela manifestamente infondato.

2. Il ricorrente, a mezzo di un unico e articolato motivo, censura la
sentenza impugnata, anche nel merito, ai sensi dell’art. 22 della legge 22 aprile
n. 69 del 2005, ed invoca la applicazione del motivo di rifiuto di cui all’art. 18,
comma 1, lett. r), legge n. 69 del 2005, applicabile, per effetto delle statuizioni
della sentenza della Corte costituzionale n. 227 del 12 maggio 2010, anche ai
cittadini di Paesi dell’UE che risultino residenti o stabilmente dimoranti in Italia.
Il Suceveanu deduce, infatti, che il proprio nucleo familiare aveva stipulato
un regolare contratto di locazione in territorio italiano a far data dal 15
settembre 2015 e che, pertanto, era stabilmente presente in territorio nazionale
da almeno due anni e sei mesi e, comunque, da almeno un anno e sei mesi dalla
data della pronuncia di primo grado della autorità giudiziaria rumena, divenuta
definitiva ed esecutiva dal 9 ottobre 2017.
La mancata indicazione della data di reg . strazione sulla copia del contratto
di locazione prodotta in giudizio non assumeva, del resto, alcuna rilevanza, in
quanto la stabilità di tale domicilio era già stata positivamente valutata alla
udienza del 25 marzo 2018 innanzi alla Corte di appello di Bologna, ai fini della
concessione degli arresti domiciliari.
Atteso, inoltre, che anche i componenti del nucleo familiare del ricorrente
avevano ottenuto il rilascio della carta di identità italiana e che l’emissione di tale

2

2. L’avv. Mauro Cavalli, difensore del Suceveanu, ricorre avverso tale

documento postula la disponibilità di una res denza fondata su un contratto di
locazione valido, non era possibile nutrire alcun dubbio su tale circostanza.
La comprovata presenza della moglie e delle figlie del Suceveanu in
territorio italiano e la disponibilità da parte del ricorrente di un contratto di
lavoro dipendente erano, pertanto, indici sufficienti a far ritenere che il
radicamento del medesimo fosse il risultato di una scelta incondizionata,
svincolata dalla sorti del processo celebrato nel paese di origine e, dunque, non
implicante la volontà di agire secundum eventum litis.

stato di famiglia storico al 15/09/2016 del ricorrente e l’estratto conto
previdenziale estratto dal sito Internet dell’I.N.P.S.

3. Tale censura si rivela, tuttavia, infondata.
Nessuna violazione di legge o vizio di motivazione consegue nella specie al
mancato riconoscimento del motivo di rifiuto di cui all’art. 18, comma 1, lett. r),
legge 69 del 2005 nei confronti del Suceveanu.
La Corte costituzionale, nella pronuncia n. 227 del 2010, nel delineare la
nozione di residenza e di stabile dimora, ha richiamato la sentenza della Corte di
Giustizia dell’Unione europea n. 66/08 del 17/7/2008, Kozlowski, nella quale si
precisa che per residenza deve intendersi la residenza effettiva nello Stato di
esecuzione e per dimora un soggiorno stabile di una certa durata che consenta di
acquisire con lo Stato di esecuzione legami di intensità pari a quelli che si
instaurano in caso di residenza.
La stessa sentenza Kozlowski ha, altresì, segnalato la necessità di una
valutazione complessiva degli e ementi oggettivi che caratterizzano la situazione
del ricercato, in relazione alla durata, alla natura ed alle modalità del suo
soggiorno, nonché ai legami familiari ed economici che ha stabilito nello Stato
dell’esecuzione, sottolineando ancora l’esigenza che il giudice valuti anche
l’esistenza di un interesse legittimo del condannato a che la pena sia scontata in
quello Stato.
Tali indicazioni sono state valorizzate dalla Corte di Cassazione per
delineare il proprio, ormai costante, orientamento interpretativo, secondo il
quale, in tema di mandato di arresto europeo, la nozione di “residenza rilevante”
– dopo la sentenza n. 227 del 2010 della Corte costituzionale – ai fini del rifiuto di
consegna di un cittadino di altro Paese membro dell’Unione, ai sensi dell’art. 18,
lett. r), della Legge 22 aprile 2005 n. 69, presuppone un radicamento reale e
non estemporaneo della persona nello Stato, desumibile dalla legalità della sua
presenza in Italia, dall’apprezzabile continuità temporale e stabilità della stessa,
dalla distanza temporale tra quest’ultima e la commissione del reato e la

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In data 4 maggio 2018 il difensore ha„ inoltre, prodotto il certificato di

condanna conseguita all’estero, dalla fissazione in Italia della sede principale
(anche se non esclusiva) e consolidata degli interessi lavorativi, familiari ed
affettivi, dal pagamento eventuale di oneri contributivi e fiscali. La nozione di
“dimora”, rilevante ai medesimi fini, si identifica, inoltre, con un soggiorno nello
Stato stabile e di una certa durata, idoneo a consentire l’acquisizione di legami
con lo Stato pari a quelli che si instaurano in caso di residenza» (ex plurimis:
Cass. Sez. 6, n. 50386 del 25/11/2014, Batanas, Rv. 261375; Cass. Sez. 6, n.
9767 del 26/2/2014, Echim, Rv. 259118; Cass. Sez. 6, n. 46494 del

Krzysztof, Rv. 254771).
Quanto alla distanza temporale tra la condanna posta a fondamento del
mandato di arresto europeo e la fissazione in Italia della sede principale e
consolidata degli interessi lavorativi e familiari, la giurisprudenza di legittimità
ha, inoltre, precisato che il radicamento in Italia deve considerarsi il risultato di
una scelta incondizionata, svincolata dalle sorti del processo celebrato nel Paese
di origine e, dunque, non implicante la volontà di agire secundum eventum litis
(ex plurimis: Sez. 6, n. 520 del 04/01/2017, Mihai, non massimata sul punto).

4. La Corte di appello di Bologna, muovendo da tali consolidati principi, ha
espresso un apprezzamento sulla carenza di «radicamento» della persona
richiesta in consegna nel territorio italiano, tale da escludere una assimilazione di
tale condizione a quella del cittadino italiano, ai fini della applicazione del motivo
di rifiuto di cui all’art. 18, comma 1, lett. r), legge 69 del 2005.
La frammentaria documentazione prodotta dal ricorrente, infatti, attestava
che il medesimo aveva ottenute il rilascio del documento di identità dal Comune
di Bagnocavallo solo in data 2 febbraio 2017 e non aveva prodotto
documentazione idonea ad attestare l’effettivo svolgimento di attività lavorativa
in territorio italiano.
Nell’udienza di convalida celebrata ai sensi dell’art. 13 della legge 22 aprile
2005 n. 69, infatti, il ricorrente aveva prodotto un fax datato 25 gennaio 2018
della ditta Il Tetto in cui si richiamava il rapporto di lavoro intrattenuto con il
Suceveanu senza alcuna indicazione della data di inizio, dell’attività svolta e del
luogo di lavoro, unitamente ad una manifestazione di disponibilità della
medesima impresa ad assumere il ricorrente.
Parimenti scarsamente significativo ai fini dell’accoglimento della
prospettazione difensiva si rivelava il contratto di locazione abitativa relativo
all’immobile ove il ricorrente ha stabilito la propria residenza, che riportava la
data del 15 settembre 2015, atteso che lo stesso era la mera fotocopia di un atto

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20/11/2013, Chiriac, Rv. 258414; Sez. 6, n. 16169 del 05/04/2013, Pierzyna

che non risultava registrato e che riportava la indicazione della residenza dei
locatari in Romania.
I documenti di identità delle figlie del Suceveanu, nate rispettivamente nel
1999 e nel 2006, erano, inoltre, stati rilasciati solo nel luglio del 2017 delle
competenti autorità italiane.
Anche la moglie del ricorrente, pur titolare di tessera sanitaria italiana, non
risulta in alcun modo inserita nel contesto nazionale, avendo inviato una
dichiarazione di disponibilità ad accogliere il marito agli arresti domiciliari presso

Tali elementi nella valutazione non certamente illogica della Corte di
appello di Bologna, unitariamente considerati, si rivelavano, pertanto inidonei a
dimostrare il radicamento effettivo del soggetto richiesto in consegna in territorio
italiano, documentando, al più, l’intenzione di creare i presupposti per fondare
tale radicamento, allo stato, tutt’altro che realizzato.
Tali rilievi non sono confutati dalla ulteriore documentazione prodotta dal
ricorrente per la udienza del 4 maggio 2018.
Nessun rilievo, infatti, assume la circostanza che il contratto di locazione
sia stato ritenuto idoneo a documentare l’attualità del domicilio del Suceveanu al
fine della concessione degli arresti domiciliari, in quanto ai fini della prova del
radicamento in territorio italiano rileva non solo la prova della situazione attuale
del domicilio, ma anche quella della sua risalenza nel tempo.
Anche l’estratto conto previdenziale estratto dal sito Internet dell’I.N.P.S.
prodotto alla udienza del 4 maggio 2018 attesta attività lavorativa svolta dal
ricorrente solo in via interinale sino all’agosto del 2016 e stabilizzata solo dopo
tale data.
Ritiene, pertanto, il Collegio che le valutazioni della Corte di appello di
Bologna, in quanto congrue e logiche, si sottraggano alle censure articolate dal
ricorrente, anche nel merito,

e, pertanto, il motivo di ricorso debba essere

disatteso.

5. Alla stregua di tali riliev, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod.
proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13
giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
siano stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa
di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma,
determinata in via equitativa, di duemila curo, in favore della cassa delle
ammende.

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l’abitazione di Bagnocavallo redatta in lingua rumena.

La cancelleria è tenuta agli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, I. n.
69 del 2005.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro duemila in favore della
cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art.

Così deciso il 04/05/2018.
Il Consigliere estensore

Il Presidente

Fabrizio D’Arcangelo

Stefano Mogini

22, comma 5, I. n. 69/2005.

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