Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19867 del 13/02/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 19867 Anno 2018
Presidente: MOGINI STEFANO
Relatore: CALVANESE ERSILIA

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
1. Pruneti Andrea, nato a Cannpiglia Marittima il 27/05/1961
2. Nasri Mustapha, nato in Marocco il 01/07/1992
3. Nasry Civae, nato in Marocco i110/02/1983

avverso la sentenza del 06/06/2016 della Corte di appello di Firenze

visti gli atti, il provvedimento denunziato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Ersilia Calvanese;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Paolo Canevelli, che ha concluso chiedendo che i ricorsi siano dichiarati
inammissibili.
RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 6 giugno 2016, la Corte di appello di Firenze ha
parzialmente riformato (limitatamente all’ordine di espulsione di Nasri Mustpha e
Nasry Civae, che ordinava) la sentenza emessa, all’esito di giudizio abbreviato,
nei confronti degli imputati indicati in epigrafe dal Giudice dell’udienza
preliminare del Tribunale di Livorno, che li aveva dichiarati responsabili Mustapha
Nasri e Civae Nasry di reati di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 e il Pruneti

Data Udienza: 13/02/2018

della fattispecie lieve di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990,
condannandoli alla pena ritenuta di giustizia.

2. Avverso la suddetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli
imputati in epigrafe indicati, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti di
cui all’art. 173, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Andrea Pruneti denuncia, a mezzo del suo difensore, il vizio di
motivazione.

alcuna ai motivi di appello e avrebbe stravolto in maniera illogica e apodittica il
senso delle intercettazioni in atti.
In particolare, dalla telefonata n. 144 non emergerebbe alcun accordo per
la cessione della droga e che tale cessione sia mai avvenuta, avendo valore
neutro precedenti occasioni di frequentazione tra i due conversanti.
2.2. Mustapha Nasri deduce, a mezzo del suo difensore, il vizio di
motivazione, per la esclusione della fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R.
n. 309 del 1990.
La motivazione sul punto risulterebbe censurabile, in quanto avrebbe
valorizzato, a fronte di quantitativi esigui, l’esistenza di un’articolata e
complessa, pur se rudimentale, organizzazione, quindi una circostanza non
incompatibile con la suddetta previsione normativa, alla luce dell’art. 74, comma
6, d.P.R. n. 309 del 1990. Viepiù, considerando che la Corte di appello avrebbe
qualificato come rudimentale la suddetta organizzazione.
2.3. Ciaue Nasry denuncia personalmente il vizio di motivazione, per il
mancato riconoscimento della fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n.
309 del 1990.
La Corte di appello avrebbe valorizzato ai fini ostativi del riconoscimento
dell’ipotesi lieve soltanto il dato ponderale della droga trovata in suo possesso e
il carattere sistematico e non episodico dello spaccio, quant’anche tali elementi
non siano incompatibili con la fattispecie evocata, dovendo il giudice apprezzare
anche gli altri parametri indicati dalla citata norma.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono da dichiarare tutti inammissibili per le ragioni di seguito
indicate.

2. I motivi di censura del ricorso proposto da Andrea Pruneti, lungi da
evidenziare il denunciato vizio di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc.

2

Secondo il ricorrente, la Corte di appello non avrebbe fornito risposta

pen., mirano a sottoporre alla Corte di cassazione un alternativo ragionamento
probatorio, ritenuto maggiormente plausibile, fondato su una diversa lettura
delle emergenze processuali, notoriamente precluso in questa sede (tra le tante,
Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482).
Invero, va escluso che possa configurare il vizio di motivazione, anche nella
forma del cosiddetto travisamento della prova, un presunto errore nella
valutazione del “significato probatorio” della prova medesima (ex multis, Sez. 5,
n. 9338 del 12/12/2012 – dep. 27/02/2013, Maggio, Rv. 255087).

nella sentenza impugnata l’accertamento della sua penale responsabilità (nella
specie, l’acquisto a fini di spaccio e la cessione di cocaina ad Alessandro Ferroni e
Manuela Severini).
I Giudici di merito hanno infatti valorizzato, nel ricostruire la portata delle
captazioni, varie conversazioni in sequenza tra loro, il cui contenuto era stato
riportato nella sentenza di primo grado, la cui la lettura congiunta, tendente a
porne in luce i collegamenti e la confluenza in un medesimo contesto
dimostrativo, veniva a fornire la chiara dimostrazione sia della disponibilità da
parte del ricorrente della sostanza stupefacente sia della successiva consegna
della stessa a coloro che l’avevano richiesta.

3. Non hanno fondamento alcuno i ricorsi di Mustapha Nasri e Ciaue Nasry,
che censurano la motivazione della sentenza impugnata sul punto del mancato
riconoscimento dell’ipotesi lieve di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del
1990.
La motivazione della sentenza impugnata per entrambi si fonda infatti sia
sul dato ponderale sia sulla reiterazione e gravità oggettiva dei fatti, che faceva
ritenere esistente una rudimentale organizzazione dedita allo spaccio.
Quanto in particolare al dato ponderale, era stato posto in evidenza già in
primo grado che il traffico di droga operato da costoro era consistente, con
approvvigionamenti rilevanti, di almeno 50 grammi di cocaina al giorno, che
quindi fuoriusciva dalla ipotesi del cosiddetto piccolo spaccio, che si caratterizza,
secondo la giurisprudenza di legittimità, per una complessiva minore portata
dell’attività dello spacciatore e dei suoi eventuali complici, con una ridotta
circolazione di merce e di denaro, nonché di guadagni limitati e che ricomprende
anche la detenzione di una provvista per la vendita che, comunque, non sia
superiore – tenendo conto del valore e della tipologia della sostanza stupefacente
– a dosi conteggiate a “decine” (per tutte, Sez. 6, n. 15642 del 27/01/2015,
Driouech, Rv. 263068).

(

3

Il ricorrente non si correla inoltre al tessuto argomentativo che sostiene

4. Per le considerazioni su esposte, dunque, i ricorsi devono essere dichiarati
inammissibili, con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e, ciascuno, al versamento alla cassa delle ammende di una
somma che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo quantificare nella
misura di euro 2.000.

P.Q.M.

spese processuali e ciascuno al versamento della somma di euro 2.000 in favore
della cassa delle ammende.
Così deciso il 13 2/2018.

Il Consiglier
Ersilia

ensore

Il Presidente
Stefano Mogini

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle

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