Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19835 del 18/04/2018
Penale Sent. Sez. 1 Num. 19835 Anno 2018
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: CAIRO ANTONIO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BENEDUCE ROSARIO nato il 05/12/1982 a POZZUOLI
avverso l’ordinanza del 08/11/2017 del TRIB. SORVEGLIANZA di POTENZA
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANTONIO CAIRO;
IletteTsentite le conclusioni del PG -ELISABETTA CENICCOLAk
Data Udienza: 18/04/2018
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
1. Il Tribunale di sorveglianza per il distretto della Corte d’appello di Potenza, con ordinanza in
data 8/11/2017 rigettava il reclamo proposto da Beneduce Rosario avverso il provvedimento
emesso dal magistrato di sorveglianza il 15/6/2017 con cui era stata respinta la richiesta di
liberazione anticipata relativamente al periodo compreso tra il 24/6/2010 e il 24/6/2011.
Richiamava la permanenza del reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, le
informazioni della DDA competente, sui collegamenti del medesimo Beneduce con la
2. Ricorre per cassazione Beneduce Rosario e deduce la violazione di legge e il vizio di
motivazione assumendo l’erroneità delle conclusioni cui era pervenuto il Giudice
a quo,
conclusioni che erano frutto non di una valorizzazione complessiva del quadro istruttorio a
disposizione, ma delle sole informazioni negative offerte dagli inquirenti.
3. Il ricorso in esame è stato proposto personalmente dall’interessato (27/11/2017).
Sia il provvedimento impugnato sia il ricorso sono, tuttavia, successivi al 4 agosto 2017, data
dell’entrata in vigore della legge n. 103 del 2017, con cui si è esclusa la facoltà dell’imputato (e
quindi anche del condannato) di proporre personalmente ricorso per cassazione, prevedendosi
che esso deve essere in ogni caso sottoscritto, a pena d’inammissibilità, da difensori iscritti
nell’albo speciale della Corte di cassazione (artt. 571, comma 1, e 613, comma 1, cod. proc.
pen.; Sez. U, n. 8914, del 21/12/2017, (dep. 23/02/2018) Aiello, Rv. 272011).
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile,
de plano, a norma dell’art. 610,
comma 5-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla medesima legge n. 103 del 2017.
Segue all’inammissibilità la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La circostanza che la causa d’inammissibilità sia frutto di una modifica normativa di poco
precedente la proposizione del ricorso, in relazione alla quale è stato altresì provocato
l’intervento delle Sezioni Unite, consente di escludere profili di colpa che giustifichino la
condanna al pagamento della sanzione in favore della cassa delle ammende (Corte cost. n. 186
del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 18 aprile 2018
criminalità organizzata oltre ad alcune infrazioni disciplinari.