Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19814 del 23/03/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 19814 Anno 2018
Presidente: SARNO GIULIO
Relatore: BARONE LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LO PRESTI CALOGERO PIERO nato il 04/09/1994 a PALERMO

avverso l’ordinanza del 18/09/2017 del TRIB. LIBERTA’ di PALERMO

sentita la relazione svolta dal Consigliere LUIGI BARONE;

sentite le conclusioni del Procuratore Generale, nella persona del sost. PIETRO
GAETA, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso;

udito il difensore presente, Avv. LUCIANO MARIA SARPI, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso.

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Data Udienza: 23/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1.

Con ordinanza del 18.9.2017 il Tribunale del riesame di Palermo confermava il

provvedimento con cui il Gip del medesimo tribunale aveva applicato a Lo Presti Calogero Piero
la misura della custodia in carcere per l’omicidio di Cusimano Andrea e connessi reati in
materia di armi, resistenza ad un pubblico ufficiale, lesioni, violazione degli obblighi inerenti la

2. La vicenda si colloca la mattina del 26 agosto 2017 alle ore 8.00 presso un mercato
rionale di Palermo e vi assistevano due Carabinieri, casualmente presenti sul luogo (M.Ilo
Magg. Carmelo Barbaria e App. Michele Castronovo), che notavano un uomo (successivamente
bloccato ed identificato in Lo Presti Calogero Piero) impugnare una pistola e fare ripetutamente
fuoco all’indirizzo di un venditore ambulante (Cusimano Andrea) che, ai primi spari, tentava
strenuamente, ma invano, di sottrarsi all’agguato, mischiandosi tra la folla a quell’ora
presente.
Il Lo Presti, dopo lungo e concitato inseguimento, veniva bloccato dai predetti militari,
mentre la vittima, trasportata al Pronto Soccorso, decedeva a seguito delle ferite da arma da
fuoco riportate.
Tratto in arresto e sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere, il Lo Presti
impugnava la relativa ordinanza del gip, ma il tribunale del riesame riteneva inammissibili per
carenza di interesse i motivi del gravame, concernenti, soltanto, la configurabilità delle
circostanze aggravanti della premeditazione e dell’art. 7 d.l. n. 152/91, contestata,
quest’ultima, in relazione anche ai reati in materia di armi.

3. Avverso questa decisione ricorre per cassazione il difensore di fiducia dell’indagato.
3.1.

Con un unico motivo eccepisce violazione di legge in relazione alla ritenuta

inammissibilità per carenza di interesse delle doglianze concernenti la applicazione
nell’ordinanza genetica delle aggravanti della premeditazione e dell’art. 7 d.l. n. 152/91, la cui
esclusione (diffusamente argomentata alle pp. 13-24 del ricorso) avrebbe, in tesi difensiva,
comportato l’insussistenza o l’affievolimento delle esigenze cautelari, fronteggiabili, in questa
seconda ipotesi, con la misura degli arresti domiciliari con il controllo a distanza tramite il c.d.
braccialetto elettronico.
Rammenta, al riguardo, il ricorrente che la presunzione prevista dall’art. 275, comma 3,
cod. proc. pen. è relativa e che, come tale, essa può essere superata legittimando, a seconda
delle circostanze, sia la revoca che la sostituzione della custodia in carcere con misura meno
afflittiva.
3.2. LI marzo 2018, il difensore del Lo Presti depositava atto nominato «motivi nuovi
nell’interesse del sig. Lo Presti Calogero Piero» che ripropongono le doglianze già
rappresentate in ricorso.
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misura di prevenzione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.

2. La difesa si duole del fatto che l’omessa valutazione da parte del tribunale del riesame
della sussistenza delle contestate aggravanti dell’art. 7 d.l. n. 152/91 e della premeditazione si

rivelati insussistenti, il ritenuto pericolo di reiterazione criminosa sarebbe stato escluso o
comunque fortemente ridimensionato, al punto da consentire l’applicazione di una misura
meno afflittiva rispetto alla custodia in carcere, in primis: gli arresti domiciliari con il controllo a
distanza attraverso il c.d. “braccialetto elettronico”.

3. Per vagliare la fondatezza di tale assunto, occorre partire dal consolidato principio di
diritto, enunciato nell’ordinanza impugnata, secondo cui nel procedimento incidentale cautelare
ai fini dell’ammissibilità dell’impugnazione è necessario che il soggetto che propone il gravame
sia portatore di un interesse concreto ed attuale allo stesso e ciò è, in linea generale, da
escludersi quando la doglianza sia rivolta all’esclusione di una circostanza aggravante, salvo
che questa incida sul computo della pena edittale e di conseguenza sulla disciplina dettata
dagli artt. 278 e 289 cod. proc. pen.; sulla competenza a provvedere; sul regime delle
presunzioni; sulla legittimità della disposta misura cautelare.
Sul tema, oltre gli arresti menzionati nel provvedimento impugnato (Sez. 3, n. 36731 del
2014; Sez. 2, n. 32655 del 14/07/2015, Senatore, Rv. 264526) merita di essere richiamata
anche Sez. 6, n. 7203 del 08/02/2013, Vuocolo, Rv. 254507, la quale ha affermato che ai fini
della sussistenza dell’interesse dell’indagato a ricorrere per cassazione avverso l’ordinanza del
tribunale del riesame che abbia ritenuto sussistente una circostanza aggravante ad effetto
speciale è necessario che da questa conseguano immediati, riflessi sulla valutazione della
gravità del fatto ovvero sul computo della durata massima della custodia cautelare.

4.

Declinando il principio nel caso di specie, occorre verificare la sussistenza in capo al

ricorrente di un interesse concreto alla rimozione dal titolo cautelare delle aggravanti ritenute
sussistenti nell’ordinanza genetica, che (lo si ribadisce) riguardano l’art. 7 d.l. n. 152/91 e la
premeditazione, mentre quella dei futili motivi era stata già esclusa dal gip.

5. Le ragioni addotte in ricorso a sostegno di tale interesse sono destituite di fondamento, in
quanto muovono da una errata lettura del dato normativo.
5.1. È vero, infatti, che, dopo l’intervento della Corte costituzionale con la sentenza n. 164
del 2011 e la novella di cui alla legge n. 47 del 2015, la presunzione normativa di adeguatezza
della custodia in carcere per fronteggiare il pericolo di reiterazione del reato, nei riguardi dei
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sarebbe riflessa sul giudizio cautelare, in quanto, ove detti profili circostanziali si fossero

soggetti gravemente indiziati per il delitto di cui all’art. 575 cod. pen., pur non essendo venuta
meno, è stata trasformata da assoluta in relativa, in virtù del temperamento rappresentato
dall’applicabilità di una misura meno gravosa allorché, nel caso concreto, risultino acquisiti
specifici elementi favorevoli di valutazione in ordine all’idoneità di una misura alternativa alla
custodia inframuraria a contenere la pericolosità del soggetto.
E’, altrettanto, vero, però, che per superare detta presunzione occorrono, pur sempre,
elementi di segno positivo rivelatori della totale o fortemente ridotta pericolosità del reo.

confutare la sussistenza delle suindicate aggravanti, senza considerare che la presenza di
queste ultime rafforza il giudizio di pericolosità dell’indagato (nel caso dell’art. 7 d.l. n. 152/91
addirittura introducendo un’ulteriore presunzione) ma non ne costituisce la ragione fondante.
Ne consegue che, ove anche il tribunale del riesame avesse conferito credito alle doglianze
difensive, ciò non sarebbe valso, in assenza (lo si ribadisce) di elementi positivi a favore
dell’imputato, a sovvertire la presunzione di recidiva correlata al titolo di reato (omicidio) in
contestazione.
In tale situazione, i giudici hanno, dunque, correttamente escluso, in relazione alla
sussistenza delle circostanze aggravanti l’interesse della difesa ad impugnare la decisione del
gip.

6. Da quanto considerato discende la manifesta infondatezza delle ulteriori censure
difensive rivolte alla mancata applicazione degli arresti domiciliari con il controllo a distanza
tramite il c.d. braccialetto elettronico, dovendosi, ancora una volta, evidenziare l’omessa
allegazione da parte del ricorrente di alcun elemento positivo che consentisse di ritenere
quanto meno attenuate le esigenze cautelari.
Al riguardo non può conferirsi credito alla considerazione difensiva secondo cui la misura
invocata garantirebbe «l’impossibilità di una effettiva evasione o allontanamento dal luogo
degli arresti domiciliari» del soggetto sottoposto alla predetta misura, in ragione del
funzionamento del congegno elettronico tale da segnalare ogni manomissione dello stesso o
allontanamento del sottoposto dal luogo di esecuzione della misura.
L’assunto è, invero, all’evidenza, privo di logicità.
Ciò che il cd. “braccialetto elettronico” garantisce è semmai l’accertamento del reato di
evasione’, ma non pone, di certo, al riparo dall’evenienza che il soggetto sottoposto alla misura
decida, ugualmente, di allontanarsi arbitrariamente dal domicilio per finalità criminose.
Ne consegue che l’accesso alla misura in questione è sempre subordinato alla presenza di
un ridotto grado di pericolosità del reo, che nel caso di specie si è visto difettare.
Sul punto, deve, peraltro, rilevarsi che i giudici, nell’argomentare le ragioni della decisione
resa, non si sono ancorati alla presunzione di pericolosità del Lo Presti, ma hanno evidenziato
una serie di elementi a carico del predetto, rivelatori del «concreto, elevatissimo ed attuale
pericolo di reiterazione criminosa»; tra questi: i precedenti a carico del predetto e le modalità
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5.2. Nel caso di specie, il ricorrente non ha dedotto alcuno di detti profili, ma si è limitato a

Trasmessa copia ex art. 23
n. 1 ter L. 8-8-95 n. 332
“R oma, li

MAG, 2018

del fatto, ritenute sintomatiche della speciale propensione alla violenza e di una indifferenza
assoluta rispetto al bene primario della vita.
Rispetto a questo ulteriore passaggio della motivazione, la difesa non è andata al di là di un
tentativo di sminuire la gravità del vissuto “penale” del Lo Presti evidenziando che i precedenti
delitti erano stati commessi senza l’uso di armi.
Il rilievo puramente fattuale non può, come tale, trovare ingresso nel presente giudizio di
legittimità. Peraltro, non può farsi a meno di evidenziarsene la palese inconsistenza, avendo

resistenza a pubblico ufficiale di cui l’imputato si era reso protagonista.

7. Alla manifesta infondatezza del ricorso segue la dichiarazione di inammissibilità dello
stesso e la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al
pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), anche al
versamento a favore della Cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che si stima equo
determinare, tra’il minimo e il massimo previsti, in euro duemila.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod.
proc. pen..

Così deciso il 23 marzo 2018.

trascurato il ricorrente la componente violenta, insita nei reati di rapina, lesioni aggravate e

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