Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19813 del 08/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19813 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: IZZO FAUSTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
YAGOUBI NEJIB N. IL 01/03/1976
YAGOUBI RIADH N. IL 15/08/1977
HAMDI KHALED N. IL 26/03/1986
FOUDHAILI NABIL N. IL 29/01/1973
avverso la sentenza n. 5956/2012 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di PARMA, del 06/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FAUSTO IZZO;

Data Udienza: 08/01/2014

OSSERVA

2. I ricorsi sono inammissibili, ex articolo 606, comma 3, c.p.p., perché proposti per
motivi manifestamente infondati e, ex articolo 591, comma 1, lettera c), c.p.p.,
perché i motivi sono privi del requisito della specificità, consistendo nella generica
esposizione della doglianza senza alcun contenuto di effettiva critica alla decisione
impugnata.
Come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis Cass. S.U. 27
settembre 1995, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di applicazione
concordata della pena va conformato alla particolare natura della medesima e deve
ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché succintamente, di aver
proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo
delle parti, la corretta qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di eventuali
circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la congruità della pena, la concedibilità
della sospensione condizionale della pena ove la efficacia della richiesta sia ad essa
subordinata) e di quelli negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di
proscioglimento a norma dell’articolo 129 c.p.p.).
In particolare, il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di una delle ipotesi di cui
all’articolo 129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica motivazione
soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti
elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece,
ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione,
anche implicita, che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non
ricorrono le condizioni per una pronuncia di proscioglimento ai sensi della disposizione
citata (ex plurimis Cass. IV, 17\10\2006, n. 34494; Cass. I, 6\2\2007, n. 4688).
Nel procedimento speciale di applicazione della pena su richiesta delle parti, il giudice
decide, invero, sulla base degli atti assunti ed è tenuto, pertanto, a valutare se
sussistano le anzidette cause di proscioglimento soltanto se le stesse preesistano alla
richiesta e siano desumibili dagli atti medesimi.
Non è consentito, dunque, all’imputato, dopo l’intervenuto e ratificato accordo,
proporre questioni in ordine alla mancata applicazione dell’articolo 129 c.p.p., senza
precisare per quali specifiche ragioni detta disposizione avrebbe dovuto essere
applicata nel momento del giudizio.
3. Quanto all’entità della pena, va ricordato che l’istituto del patteggiamento trova il
proprio fondamento primario nella convergente richiesta di pubblico ministero e
imputato sul merito dell’imputazione (responsabilità e pena conseguente), dal
momento che chi chiede la pena pattuita rinuncia ad avvalersi della facoltà di
contestare l’accusa.
Ne consegue, come questa Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato
non può prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal
medesimo accettato, a meno che la pena determinata non sia stata quantificata in
modo illegittimo (Cass. VI, 21\4\2004, n. 18385).
Nella concreta fattispecie, la pena è stata applicata nella misura richiesta e la
valutazione in ordine alla congruità della medesima risulta effettuata.

le Gli imputati FOUDAHAILI Nabil, YAGOUBI Nejib, JAGOUBI Riadh e HAMDI
10Med ricorrono per cassazione contro la sentenza di applicazione concordata della
pena in epigrafe indicata (per plurimi reati di cui all’art. 73 T.U. 309 del 1990),
deducendo carenza di motivazione della medesima in ordine all’insussistenza di una
delle “cause di non punibilità” di cui all’articolo 129 c.p.p. ed in relazione al
trattamento sanzionatorio; nonché il FOUDAHAILI la violazione di legge per non
essere stata fatta applicazione dell’art. 649 c.p.p., per essere già stato giudicato per i
fatti dell’odierno processo.

4. Infine, in relazione alla invocata applicazione dell’art. 649 c.p.p., da parte
dell’imputato Foudhaili, va premesso che il giudice di merito ha riconosciuto la
continuazione tra i reati per cui odiernamente si procede e quelli giudicati con
sentenza del G.i.p. di Parma del 16\11\2009 (nr. 389\10).
Il riconoscimento della violazione del principio “ne bis in idem”, non rilevabile ictu °culi
nel caso di specie, implica accertamenti di fatto inibiti al giudice della legittimità ed a
cui peraltro l’imputato ha rinunciato al momento della richiesta di patteggiamento.

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e, ciascuno, della somma di € 1.500= in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 8 gennaio 2014

5. Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento
delle spese del procedimento e, ciascuno, al pagamento a favore della Cassa delle
Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 1500,00
(millecinquecento/00) a titolo di sanzione pecuniaria.

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