Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19805 del 07/04/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 19805 Anno 2015
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: CASSANO MARGHERITA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RONCHI FERNANDO N. IL 27/11/1958
avverso la sentenza n. 46545/2012 CORTE DI CASSAZIONE di
ROMA, del 02/10/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;
1e4e/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Uditi difensor Avv.;

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c9n;e4–tD

Data Udienza: 07/04/2015

Ritenuto in fatto.

1.Fernando Ronchi, con richiesta personale datata 5 agosto 2014, pervenuta il
successivo 20 agosto alla cancelleria di questa Corte, ha proposto ricorso
straordinario ex art. 625-bis c.p.p. avverso la sentenza pronunziata dalla Quinta
Sezione Penale di questa Corte il 2 ottobre 2013 (la cui motivazione è stata

Corte d’appello di Milano dell’ 1 marzo 2012. Quest’ultima, confermando la
decisione di primo grado (sentenza del Tribunale di Milano del 13 maggio 2011),
aveva dichiarato Ronchi colpevole, oltre che del reato previsto dagli artt. 110 c.p.,
216 L.F. (nella qualità di amministratore di fatto della “s.r.l. Soeco”, dichiarata
fallita con sentenza del Tribunale di Milano del 18 dicembre 2003), anche dei reati
previsti dagli artt. 81 cpv., 644, commi 1 e 5, nn. 3 e 4 c.p., commessi sino all’ 1
febbraio 2002, condannandolo alle pene ritenute di giustizia.
Ronchi lamenta l’errore percettivo concernente la data di maturazione della
prescrizione dei reati di usura, commessi dal 2000 all’I febbraio 2002 (capo 3. capo
b, parte offesa De Giovanni).
Osserva che i reati di usura sono stati commessi durante la vigenza della più
favorevole disciplina penale, quella antecedente le modifiche introdotte con la I. n.
251 del 2005, secondo quanto del resto risulta dalla sentenza del Tribunale (pag.
28). Di conseguenza la pena massima per il reato di usura aggravato è pari a nove
anni di reclusione e il tempo necessario alla prescrizione è di undici anni e tre mesi.
Pertanto, alla data dell’i maggio 2013, la prescrizione era maturata.

Considerato in diritto.

Il ricorso è manifestamente infondato.
Il delitto di usura è punito con la pena della reclusione da due a dieci anni e con
la multa da cinquemila a trentamila euro (art. 644, comma 1).
Ai sensi dell’art. 644-ter c.p., inserito dall’art. 11 della 1. 7 marzo 1996, n. 108,
la prescrizione del reato di usura decorre dal giorno dell’ultima riscossione, sia
degli interessi che del capitale. Nel caso in esame tale giorno è da individuare nell’I
febbraio 2002 (capo b, parte offesa De Giovanni), circostanza questa non contestata
neppure dal ricorrente.

depositata il 5 marzo 2014) che aveva rigettato il ricorso contro la sentenza della

Qualora, come richiesto dal ricorrente, si applichi la disciplina sulla prescrizione
antecedente la 1. n. 251 del 2005, ai sensi del previgente art. 157, comma 1, n. 2,
c.p. la prescrizione maturerà l’ 1 febbraio 2017, atteso che, ai sensi dell’art. 157,
comma 2, c.p. previgente formulazione, si deve tenere conto dell’aumento massimo
di pena stabilito per le circostanze aggravanti e si verte in un caso di reato per il
quale è prevista la pena non inferiore a dieci anni.

prescrizione, quale introdotta dalla 1. n. 251 del 2005 (essendo stata la sentenza di
primo grado pronunciata dal Tribunale di Milano il 13 maggio 2011), la
prescrizione maturerà 1’1 marzo 2020, dovendosi tenere conto, ai sensi del novellato
art. 157, comma 2, delle aggravanti ad effetto speciale disciplinate dal comma 5, nn.
3 e 4, dell’art 644 c.p., ritenute sussistenti con sentenza irrevocabile di condanna,
nonché dell’aumento di un quarto della pena, ai sensi del combinato disposto degli
artt. 160 e 161, comma 2, c.p.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa
l’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione (Corte Cost. sent. n. 186
del 2000), al versamento della somma di mille euro alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa delle
ammende.
Così deciso, in Roma, il 7 aprile 2015.

Nell’ipotesi in cui si faccia, invece, riferimento alla nuova disciplina sulla

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