Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19799 del 08/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19799 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: FOTI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RAMUNNO MICHELE N. IL 29/12/1982
RAMUNNO GIOVANNI N. IL 12/11/1978
CAPRIATI GAETANO N. IL 25/09/1962
avverso la sentenza n. 1474/2013 GIP TRIBUNALE di BOLZANO, del
16/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;

Data Udienza: 08/01/2014

Ritenuto in fatto.
Con sentenza del 16 aprile 2013, il Gup del Tribunale di Bolzano, sull’accordo delle parti,
ex art. 444 cod. proc. pen., ha applicato a Capriati Gaetano, Ramtumo Giovanni ed a
Ramunno Michele -imputati del reato di furto aggravato-, con la diminuente del rito, la pena
di due anni di reclusione e 400,00 euro di multa; pena sospesa per Ramunno Giovanni.
Avverso tale sentenza, propongono ricorso per cassazione i tre imputati, che deducono i
vizi di violazione di legge e di motivazione della sentenza impugnata in relazione alla
mancata applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen., e alla qualificazione giuridica del fatto.

Il ricorso, congiuntamente proposto, deve essere dichiarato inammissibile, non solo perché
tende a rimettere in discussione i termini dell’accordo finalizzato all’applicazione della pena
oggetto del patteggiamento (ciò che, come ripetutamente ha affermato questa Corte, non è
consentito a nessuna delle parti, salvo i casi di palese violazione di legge), ma anche perché
non tiene in alcun conto del fatto che al giudice del merito, nell’ipotesi di pena concordata tra
le parti, non spettano particolari obblighi motivazionali o di approfondimento dei fatti
contestati, sostanzialmente ammessi dall’imputato che ha chiesto di patteggiare la pena, bensì
solo di accertare, oltre che la corretta qualificazione dei fatti e la congruità della pena
concordata, l’eventuale presenza di cause di non punibilità che impongano l’immediata
relativa declaratoria, ex art. 129 c.p.p.
Compito al quale ha regolarmente atteso quel giudice, che ha puntualmente preso e dato
atto, seppure in termini sintetici, che, alla stregua degli atti processuali, il fatto era stato
correttamente qualificato e che non emergevano elementi che potessero autorizzare una
sentenza di proscioglimento. Elementi, peraltro, neanche individuati dagli stessi ricorrenti,
che si limitano a proporre generiche censure.
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso, consegue la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della cassa delle
ammende, di una somma che si ritiene equo determinare in euro 1.500,00 ciascuno.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.500,00 ciascuno in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, l’ 8 gennaio 2014.

Considerato in diritto.

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