Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19795 del 13/03/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 19795 Anno 2015
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
VENOSA Giovanni, nato in Belgio il 4/02/1979,
avverso l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Campobasso del 26 maggio
2014.

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonella Patrizia Mazzei;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale, Enrico Delehaye, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, emessa il 26 maggio 2014, il
Tribunale di sorveglianza di Campobasso ha respinto il reclamo proposto da
Venosa Giovanni, ai sensi dell’art.

69-bis della legge 26/07/1975, n. 354, di

ordinamento penitenziario (Ord. Pen.), avverso il provvedimento del Magistrato
di sorveglianza della sede che aveva dichiarato inammissibile la sua domanda di
liberazione anticipata speciale, proposta a norma dell’art. 4, commi 1 e 4, d.l.
23/12/2013, n. 146, prima della conversione in legge 21/02/2014, n. 10.

Data Udienza: 13/03/2015

La mancata ammissione al beneficio è stata giustificata con la radicale
esclusione di tutti i condannati per delitti previsti dall’art. 4-bis Ord. Pen. dal
novero dei destinatari della liberazione anticipata speciale, giusta modifica
apportata dalla legge di conversione n. 10 del 2014 all’art. 4 del decreto legge n.
146 del 2013 che, invece, nell’originaria versione, consentiva l’accesso al
beneficio anche ai condannati per i predetti delitti nel caso in cui avessero dato
prova, nel periodo di detenzione, di un concreto recupero sociale, desumibile da

2. Avverso il provvedimento suddetto ha proposto ricorso per cassazione
Venosa personalmente, il quale il quale deduce due motivi.
2.1. Inosservanza o erronea applicazione degli artt. 4 d.l. n. 146 del 2013 e
54 legge n. 354 del 1975 (Ord. Pen.), dovendo applicarsi la disposizione più
favorevole al condannato in vigore al tempo della presentazione della domanda,
nelle more della conversione in legge del decreto legge n. 146 del 2013;
mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione emergente
dal testo del provvedimento impugnato, anche in relazione al concreto recupero
sociale dell’istante, in atti documentato, che avrebbe imposto il riconoscimento
del beneficio.
2.2. Non manifesta infondatezza e rilevanza della questione di illegittimità
costituzionale dell’art. 4, comma 1, di. n. 146 del 2013, come modificato dalla
legge di conversione n. 10 del 2014, per l’esclusione dal novero dei beneficiari
della liberazione anticipata speciale dei condannati per taluno dei delitti previsti
dall’art. 4-bis della legge n. 354 del 1975, in relazione agli artt. 3 e 27, terzo
comma, Cost., e dell’art. 117 Cost. con riguardo all’art. 3 della Cedu.

3. Il Procuratore generale, nella requisitoria depositata il 23 ottobre 2014,
ha chiesto il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere respinto per le ragioni già compiutamente illustrate
dalla Corte nella precedente sentenza di questa stessa sezione prima, n. 34073
del 27/06/2014, Panno, Rv. 260848.

2. Il ricorrente postula l’applicazione della disciplina speciale di particolare
favore recata dal d.l. 23 dicembre 2013, art. 4, che estendeva a tutti i
condannati la detrazione di settantacinque giorni (anziché quarantacinque) per
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comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalità.

ogni singolo semestre di pena scontata, a titolo di liberazione anticipata prevista
dalla legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 54.
In particolare il detto comma 4, eliminato dalla legge di conversione,
prevedeva che “Ai condannati per taluno dei delitti previsti dalla legge 26 luglio
1975, n. 354, art. 4-bis, la liberazione anticipata può essere concessa nella
misura di settantacinque giorni, a norma dei commi precedenti, soltanto nel caso
in cui abbiano dato prova, nel periodo di detenzione, di un concreto recupero

personalità”; attualmente, invece, per effetto delle modifiche al comma 1,
apportate dalla legge di conversione, il riconoscimento della maggiore detrazione
di pena è previsto “Ad esclusione dei condannati per taluno dei delitti previsti
dalla legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 4-bis”.
Il ricorrente, pur essendo in espiazione di pena per un delitto previsto dalla
legge n. 354 del 1975, art. 4-bis, sostiene che le modifiche apportate in sede di
conversione in legge non s’applicherebbero al condannato che aveva fatto
istanza prima di detta conversione, vuoi perché la normativa di cui si discute,
incidendo sulla pena avrebbe carattere sostanziale; vuoi perché occorrerebbe
comunque far riferimento al momento della domanda.
2.1. Come già osservato nel precedente giurisprudenziale richiamato in
esordio, gli argomenti in diritto a sostegno della tesi del ricorrente sono
infondati, poiché errato ne è il presupposto.
Le disposizioni in materia di liberazione anticipata non hanno natura
sostanziale poiché attengono all’esecuzione della pena e non alla sua
determinazione, incidendo sulla sanzione e non sul fatto cui essa attiene; e il
tempo che rileva ai fini del rispetto del principio dell’irretroattività della legge
penale (art. 25, secondo comma, Cost.; art. 7, comma 1, Cedu; art. 11 preleggi)
e, in particolare, della disposizione meno favorevole (art. 2, quarto comma, cod.
pen.), è quello del fatto e non il tempo della domanda di un beneficio
penitenziario, come quello evocato nel caso in esame.
La regola che fa riferimento alla disciplina vigente al momento della
domanda (in base al principio generale di cui costituisce espressione l’art. 5 cod.
proc. civ.) postula che si verta in materia attinente alla giurisdizione o alla
competenza, ovverosia in materia squisitamente processuale, ciò che costituisce
l’esatto contrario della tesi giuridica del ricorrente, secondo cui la norma più
favorevole contenuta nel decreto legge, sebbene non convertita in legge,
dovrebbe prevalere proprio in forza della sua natura sostanziale, essendo in
vigore al tempo della domanda del beneficio penitenziario speciale.

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sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della

Non alla domanda dunque occorre aver riguardo, ma al “tempo” di
espiazione in cui si è tenuta la condotta della quale si chiede la valutazione al
fine di ottenere la maggiore detrazione di pena.
Ed è fin troppo agevole osservare che, al tempo del comportamento da
valutare, la norma in tema di liberazione anticipata speciale, estesa ai
condannati per delitti previsti dall’art. 4-bis Ord. Pen., non era prevista, poiché il
decreto legge del 23 dicembre 2013, n. 146, da cui è stata introdotta, è entrato

decaduta, per mancata conversione, in forza di legge del 21 febbraio 2014, n. 10
vigente dal 22 febbraio 2014.
Ne discende che non sono pertinenti al caso in esame l’art. 25, secondo
comma, Cost.; l’art. 11 delle preleggi; e l’art. 2, terzo comma, cod. pen.
2.2. Non osta alla tesi qui sostenuta la giurisprudenza della Corte Edu.
Sia la giurisprudenza costituzionale (C. cost., ord. n. 10 del 1981 e sent. n.
376 del 1997), sia la giurisprudenza della Corte Edu costantemente escludono
che, in materia di benefici penitenziari in genere e di liberazione anticipata in
particolare, sia applicabile il principio della irretroattività della legge più
sfavorevole. Ed espressamente anche la Corte Edu, sent. Grande Camera del
21.10.2013, Del Rio Prada contro Spagna, ric. n. 42750/09, evidenzia che: «Sia
la Commissione sia la Corte hanno delineato nella loro giurisprudenza una
distinzione tra una misura che costituisce in sostanza una pena e una misura che
riguarda l’esecuzione o l’applicazione della pena. Conseguentemente, se la
natura e il fine della misura riguarda la detrazione di pena o una modifica del
regime di liberazione anticipata, essa non fa parte della pena ai sensi dell’art. 7
[—l».
E se è vero che la Corte Edu, nella medesima sentenza, riconosce che «in
pratica la distinzione tra una misura che costituisce una pena e una misura che
riguarda l’esecuzione e l’applicazione della pena può non essere sempre chiara
(si vedano Kafkaris, […] §. 142; Gurguchiani, […] § 31; e M. c. Germania, […]
§ 121)», e che è possibile perciò «che le misure adottate dal legislatore, dalle
autorità amministrative o dai tribunali successivamente all’inflizione della pena
definitiva, o nel corso dell’espiazione della pena, possano comportare la
ridefinizione o la modifica della portata della pena inflitta dal tribunale del
merito», chiaramente rimarca, tuttavia, che «per determinare se una misura
adottata nel corso dell’esecuzione di una pena riguarda solo la modalità di
esecuzione della pena o, al contrario, incide sulla sua portata», occorre
«esaminare in ciascun caso che cosa comportava effettivamente la “pena” inflitta
in base al diritto interno in vigore al momento pertinente, o in altre parole, quale
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in vigore il 24 dicembre 2013 e la norma estensiva è, comunque, definitivamente

era la sua natura intrinseca», considerando «il diritto interno nel suo complesso
e la modalità con cui esso era applicato al momento pertinente». Sicché, nel
precedente sottoposto al suo esame, la Corte Edu è giunta alla conclusione che
la disciplina della redenciòn de penas, prima prevista dall’ordinamento spagnolo
e abrogata nel 1995, poteva essere considerata parte integrante del droit penai
materie!, vuoi per gli importanti riflessi ad essa accordati dalla giurisprudenza

con riguardo al problema del cumulo materiale delle pene; vuoi, soprattutto, per

formulare disposizioni transitorie volte a garantire l’applicazione del beneficio ai
soggetti giudicati sulla base del codice penale del 1973; con la conseguenza che
il révirement giurisprudenziale adottato in proposito dalla Corte suprema violava
l’art. 7 della Convenzione.
Con riguardo alla liberazione anticipata speciale ora in esame, nessuno degli
aspetti (incidenza sul limite delle pene cumulate da eseguire e révirement della
giurisprudenza al riguardo) evidenziati dalla Corte Edu per giungere alla
sostanziale assimilazione del mutamento giurisprudenziale ad un mutamento del
(o incidente sul) diritto penale sostanziale, può invece all’evidenza ravvisarsi, e
dunque il riferimento fatto in ricorso a detta sentenza della Corte Edu risulta non
pertinente.
2.3. E, soprattutto, sul piano del diritto costituzionale, va rilevato che i
principi regolanti in vario modo il fenomeno della successione di leggi nel tempo
non s’attagliano al differente fenomeno in esame, che concerne la sorte delle
disposizioni di decreti-legge non recepite nella legge di conversione e che trae
regola direttamente dall’art. 77 Cost.
Questo, al comma 3, dispone infatti che «I decreti perdono efficacia sin
dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro
pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici
sorti sulla base dei decreti non convertiti».
Non deroga, né potrebbe, a tale norma di rango superiore la legge n. 400
del 1988, art. 15, comma 5, laddove dispone che «Le modifiche eventualmente
apportate al decreto-legge in sede di conversione hanno efficacia dal giorno
successivo a quello della pubblicazione della legge di conversione, salvo che
quest’ultima non disponga diversamente.[…}», giacché tale disposizione sta solo
a prevedere che tutti gli emendamenti approvati in sede di conversione entrano
in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione della relativa legge, e
non più dopo il decorso dell’ordinaria vacatio legis se nulla espressamente viene
disposto al riguardo (cfr. Cass. Civ. Sez. 1, sent. n. 4781 del 02/05/1991, Rv.
471926; Sez. 3, sent. n. 6368 del 07/06/1995, Rv. 492709).
5

il fatto che, in occasione della riforma del 1995, il legislatore si era curato di

In altri termini, l’efficacia” del decreto-legge (in tutto o in parte) non
convertito che può farsi salva è da ritenere per principio circoscritta ai soli atti o
«rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti» e non può in alcun
modo essere estesa sino al riconoscimento di un diritto o di una aspettativa per
comportamenti o situazioni precedenti quando la relativa domanda era ancora
sub iudice al momento della conversione del decreto.
Come osserva, infatti, C. cost. n. 51 del 1985, l’art. 77 Cost., terzo comma,

come norma in vigore nel tratto di tempo tra la sua adozione e quello della
mancata conversione; ed anzi, se interpretato sia in riferimento al suo specifico
precetto (privazione, per il decreto-legge non convertito, di ogni effetto fin
dall’inizio), sia in riferimento al sistema in cui esso si colloca (ispirato -come
appare anche dagli altri due commi dell’art. 77 Cost.- a maggior rigore nella
riserva al Parlamento della potestà legislativa), vieta di considerarla tale».
Dunque, «indipendentemente da quello che possa ritenersi in proposito della
norma dettata con decreto-legge ancora convertibile, la norma contenuta in un
decreto-legge non convertito non ha […] attitudine, alla stregua del terzo e
ultimo comma dell’art. 77 Cost., ad inserirsi in un fenomeno “successorio”, quale
quello descritto e regolato dai commi secondo e terzo dell’art. 2 cod. pen.»,
ovverosia in un fenomeno successorio concernente norme penali sostanziali per
le quali vale il principio di irretroattività delle disposizioni di sfavore.
2.4. Né può invocarsi, in subiecta materia, il principio di uguaglianza di cui si
assume la violazione in danno del ricorrente rispetto alla analoga posizione di
quei condannati in espiazione di pena per delitti previsti dall’art. 4-bis Ord. Pen.,
i quali, avendo presentato domanda di liberazione anticipata speciale nel vigore
del d.l. n. 146 del 2013, ne hanno ottenuto l’accoglimento prima della modifica
restrittiva dell’originaria disciplina del beneficio da parte della legge n. 10 del
2014 di conversione del medesimo decreto.
E’ fin troppo evidente, infatti, che la disparità non è sostenibile in presenza
di situazioni obiettivamente diverse in relazione ai tempi difformi di decisione
delle rispettive istanze, in vigenza del decreto legge non ancora convertito
ovvero dopo la legge di conversione, con modifiche restrittive, dello stesso.

3. Manifestamente infondata è da ritenere, infine, la questione di legittimità
costituzionale prospettata con riferimento all’esclusione dei condannati per i reati
di cui all’art. 4-bis Ord. Pen. dalla disciplina di maggiore favore in tema di
liberazione anticipata. In proposito è da chiarire che la disposizione di cui si
discute rappresenta, per definizione espressa del legislatore, una disciplina
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9r-

«in nessun caso considera la norma dettata con “decreto-legge non convertito”

”speciale”, che estende con alcune eccezioni i vantaggi conseguenti a un
beneficio penitenziario già previsto e applicabile indiscriminatamente a tutti i
condannati.
Non si è in presenza perciò di una situazione in cui l’accesso al beneficio è in
radice precluso al condannato per particolari tipi di reato. Si assiste invece al
fenomeno di una disposizione speciale, che amplia a certe condizioni gli effetti di
favore, escludendo solo i condannati per taluni delitti ritenuti dal legislatore di

È agevole quindi l’osservazione che, trattandosi di disposizione speciale di
favore, in tanto sarebbe possibile porre un problema di irragionevole diversità di
trattamento in quanto fossero individuabili situazioni assolutamente omologhe
differentemente e meglio trattate, da porre quali termini di comparazione
appropriati. Ma, come è da ritenere acquisito, i delitti previsti dall’art.

4-bis,

commi 1, 1-ter e 1-quater, Ord. Pen. hanno natura e connotazioni di maggiore
pericolosità che rende non discriminatoria (art. 3, primo comma, Cost.), né
contraria al principio di rieducazione della pena (art. 27, terzo comma, Cost.), e
neppure irragionevole la limitata applicazione dei benefici penitenziari e,
segnatamente, l’esclusione della liberazione anticipata speciale introdotta dal d.l.
n. 146 del 2013, art. 4, convertito con modificazioni dalla legge n. 10 del 2014,
per i condannati in espiazione di pena per i più gravi delitti elencati nel
medesimo articolo 4-bis Ord. Pen.
Non sussiste neppure la denunciata violazione dell’art. 117 Cost. in relazione
all’art. 3 della Cedu sul divieto di trattamenti inumani o degradanti, il quale
sarebbe contraddetto dalla normativa in esame, voluta dal legislatore anche in
funzione di rimedio compensativo della violazione dei diritti dei detenuti a causa
delle condizioni di sovraffollamento e degrado in cui versano le carceri italiane,
come riconosciuto dalla Corte Edu, nella sentenza 8/01/2013, Torreggiani; al
riguardo è agevole rilevare che l’esclusione del beneficio della liberazione
anticipata speciale nei riguardi dei condannati per i delitti più gravi non è causa
generatrice o rafforzativa di trattamenti carcerari disumani e degradanti, i quali
derivano dalle condizioni strutturali e funzionali delle carceri italiane in rapporto
al numero dei detenuti in esse ristretti, e non certamente dalla maggiore o
minore estensione dei destinatari dei benefici penitenziari e, segnatamente, della
liberazione anticipata speciale qui in esame.

In conclusione, può affermarsi il seguente principio di diritto: in tema di
liberazione anticipata, trattandosi di beneficio penitenziario che non incide sul
reato e sulla pena con riguardo al momento di commissione del fatto e di
7

particolare allarme sociale.

irrogazione della relativa sanzione, non si applicano le disposizioni dell’art. 2 cod.
pen., e dell’art. 25 Cost., e neppure quelle dell’art. 7 Cedu; in particolare, non
può ritenersi suscettibile di vigore ultrattivo la disposizione -non recepita dalla
legge di conversione- di cui all’art. 4 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n.
146, intitolato “Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei
detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria”, la quale ai
comportamenti pregressi dei detenuti per delitti cosiddetti ostativi, di cui all’art.

rispetto a quelle previste nei riguardi dei detenuti per delitti non ostativi; tale
disposizione, infatti, non è stata recepita dalla legge di conversione 21 febbraio
2014, n. 10, che al primo comma dell’art. 4 del decreto legge ha espressamente
premesso l’esclusione dei condannati per taluno dei delitti di cui all’art.

4-bis,

cit., dal beneficio della liberazione anticipata speciale, operante invece nei
riguardi degli altri detenuti per i semestri di pena scontata già positivamente
valutati a decorrere dal 10 gennaio 2010 e per quelli ancora da espiare per un
periodo di due anni dalla data del 24 dicembre 2013 di entrata in vigore del
medesimo decreto.

4. Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con la condanna del
ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle
spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 13 marzo 2015.

4-bis Ord. Pen., collegava un effetto favorevole seppure a condizioni più rigorose

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