Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19795 del 08/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19795 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: FOTI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MAZZARA PIETRO N. IL 25/09/1972
avverso la sentenza n. 776/2013 TRIBUNALE di MODENA, del
18/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;

Data Udienza: 08/01/2014

Con sentenza del 18 aprile 2013, il giudice monocratico del Tribunale di Modena,
sull’accordo delle parti, ex art. 444 cod. proc. pen., ha applicato a Mazzara Pietro -imputato
di una serie di furti aggravati, consumati o tentati,- ritenuta la continuazione, riconosciute le
circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto alle aggravanti
contestate e con la diminuente del rito, la pena di nove mesi di reclusione e 200,00 euro di
multa.
Avverso tale sentenza, propone ricorso per cassazione l’imputato, che deduce il vizio di
motivazione della sentenza impugnata in relazione alla mancata applicazione dell’art. 129
cod. proc. pen., alla qualificazione giuridica dei fatti contestati ed alla quantificazione della
pena.

Considerato in diritto.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, non solo perché tende a rimettere in
discussione i termini dell’accordo finalizzato all’applicazione della pena oggetto del
patteggiamento (ciò che, come ripetutamente ha affermato questa Corte, non è consentito a
nessuna delle parti, salvo i casi di palese violazione di legge), ma anche perché non tiene in
alcun conto del fatto che al giudice del merito, nell’ipotesi di pena concordata tra le parti, non
spettano particolari obblighi motivazionali o di approfondimento dei fatti contestati,
sostanzialmente ammessi dall’imputato che ha chiesto di patteggiare la pena, bensì solo di
accertare, oltre che la corretta qualificazione dei fatti e la congruità della pena concordata,
l’eventuale presenza di cause di non punibilità che impongano l’immediata relativa
declaratoria, ex art. 129 c.p.p.
Compito al quale ha regolarmente atteso quel giudice, che ha puntualmente preso e dato
atto, seppure in termini sintetici, che, alla stregua degli atti processuali, il fatto era stato
correttamente qualificato e che non emergevano elementi che potessero autorizzare una
sentenza di proscioglimento. Elementi, peraltro, neanche individuati dallo stesso ricorrente,
che si limita a proporre generiche censure.
Quanto alla determinazione della pena in concreto applicata, la censura si presenta ancor
più manifestamente infondata, avendo il giudice del merito preso e dato atto della congruità
di quella concordata tra le parti.
Deve, peraltro, in proposito essere richiamato il principio ripetutamente affermato di questa
Corte (Cass. n. 18385/04), secondo cui non è consentito all’imputato proporre con il ricorso
per cassazione censure che coinvolgono il patto dallo stesso accettato, e ratificato dal giudice,
tranne che la pena determinata sia stata illegittimamente quantificata. Situazione non
ricorrente nel caso di specie e, peraltro, neanche denunciata.
La stessa censura si presenta, inoltre, del tutto generica, poiché il ricorrente omette di
indicare le ragioni per la quali ritiene che avrebbe dovuto essere applicata una pena diversa
da quella concordata.
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della cassa delle
ammende, di una somma che si ritiene equo determinare in euro 1.500,00.
P .Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.
Così decis
4.

Ritenuto in fatto.

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