Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19788 del 08/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19788 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: FOTI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DISHA ERIND N. IL 06/07/1992
avverso la sentenza n. 6939/2012 GIP TRIBUNALE di RIMINI, del
16/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;

Data Udienza: 08/01/2014

Ritenuto in fatto.
Con sentenza del 16 gennaio 2013, il Gup del Tribunale di Rimini, sull’accordo delle parti,
ex art. 444 cod. proc. pen., ha applicato a Disha Erind -imputato ex artt. 81 cpv cod. pen., 73
del d.p.r. n. 309/90-, ritenuta la continuazione tra i reati, riconosciute le circostanze attenuanti
generiche e con la diminuente del rito, la pena di tre anni, otto mesi di reclusione e 14.000,00
euro di multa.
Avverso tale sentenza, propone ricorso per cassazione l’imputato, che censura la sentenza
impugnata con riguardo alla quantificazione della pena, ritenuta eccessiva.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, non solo perché tende a rimettere in
discussione i termini dell’accordo finalizzato all’applicazione della pena oggetto del
patteggiamento (ciò che, come ripetutamente ha affermato questa Corte, non è consentito a
nessuna delle parti, salvo i casi di palese violazione di legge), ma anche perché non tiene in
alcun conto del fatto che al giudice del merito, nell’ipotesi di pena concordata tra le parti, non
spettano particolari obblighi motivazionali o di approfondimento dei fatti contestati,
sostanzialmente ammessi dall’imputato che ha chiesto di patteggiare la pena, bensì solo di
accertare, oltre che la corretta qualificazione dei fatti e la congruità della pena concordata,
l’eventuale presenza di cause di non punibilità che impongano l’immediata relativa
declaratoria, ex art. 129 c.p.p.
Compito al quale ha puntualmente assolto il giudice del merito che, con riferimento alla
pena patteggiata, ha preso e dato atto della congruità di quella concordata tra le parti e dallo
stesso ratificata.
Deve, peraltro, in proposito essere richiamato il principio ripetutamente affermato di questa
Corte (Cass. n. 18385/04), secondo cui non è consentito all’imputato proporre con il ricorso
per cassazione censure che coinvolgono il patto dallo stesso accettato, e ratificato dal giudice,
tranne che la pena determinata sia stata illegittimamente quantificata. Situazione non
ricorrente nel caso di specie e, peraltro, neanche denunciata.
La stessa censura si presenta, inoltre, del tutto generica, poiché il ricorrente omette di
indicare le ragioni per la quali ritiene che avrebbe dovuto essere applicata una pena diversa
da quella concordata.
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della cassa delle
ammende, di una somma che si ritiene equo determinare in euro 1.500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, l’ 8 gennaio 2014.

Considerato in diritto.

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