Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19770 del 08/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19770 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: IZZO FAUSTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
HOXHA ARJAN N. IL 01/12/1969
HOXHA VATHE N. IL 18/05/1981
PLAKU KASEM N. IL 07/04/1984
avverso la sentenza n. 1172/2012 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
21/09/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FAUSTO IZZO;

Data Udienza: 08/01/2014

OSSERVA

2. Propongono ricorso per cassazione gli imputati deducendo :
2.1. Hoxha Arjan : il difetto di motivazione della sentenza per avere fatto mero
richiamo per relationem alla pronuncia di primo grado, senza neanche valutare
l’attendibilità del chiamante in correità Zanardo.
2.2. Hoxha Vathe : il difetto di motivazione della sentenza per avere fatto mero
richiamo per relationem alla pronuncia di primo grado, senza spigare con riferimento
al capo C) quale fosse stato il suo contributo causale.
2.3. Plaku Kasem : il difetto di motivazione della condanna, essendo stato il suo
contributo limitato a fornire al cognato Hoxha Arjan il numero telefonico di Hankorja
Artur; peraltro i suo contati telefonici erano datati tre mesi prima dell’illecito traffico
contestatigli.
3. I ricorsi sono inammissibili.
3.1. Invero le censure formulate degli imputati non sono consentite nel giudizio di
legittimità, in quanto concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto, nonché
l’apprezzamento del materiale probatorio, profili del giudizio rimessi alla esclusiva
competenza del giudice di merito, che ha fornito una congrua e adeguata motivazione,
immune da censure logiche, perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in
un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza.
Come è noto la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha ritenuto, pressocchè
costantemente, che “l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606,
comma 1, lett. e) c.p.p., è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare
percepibile ictu ocu/i, in quanto l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della
decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di
Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di
un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della
motivazione alle acquisizioni processuali” (Cass. 24.9.2003 n. 18; conformi, sempre a
sezioni unite Cass. n. 12/2000; n. 24/1999; n. 6402/1997).

Più specificamente “esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura
degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via
esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di
legittimità, la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata,
valutazione delle risultanze processuali” (Cass. sezioni unite 30.4.1997, Dessimone).
Il riferimento dell’art. 606 lett. e) c.p.p. alla “mancanza o manifesta illogicità della
motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato” significa
in modo assolutamente inequivocabile che in Cassazione non si svolge un terzo grado
di merito, e che il sindacato di legittimità è limitato alla valutazione del testo
impugnato.
D’altronde, la Corte di merito ha indicato in modo specifico le circostanze su cui ha
basato le condanne. Invero, le dichiarazioni di accusa dello Zanardo Diego erano state
riscontrate da quelle di Melpignano Antonio. Inoltre numerose circostanze (v. pg. 6 7
sent.) confortavano il riconoscimento degli imputati.
Ulteriori elementi di prova si ricavavano dalle intercettazioni svolte e dai servizi di
pedinamento, attraverso i quali era stato possibile arrestare in flagranza l’Hoxha Arjan

1

1. Con la sentenza in epigrafe, resa in giudizio abbreviato, veniva confermata la
condanna di HOXHA Arjan (capi A, C, D) per delitti di cui all’art. 73 T.U. 309 del 1990,
per traffico di cocaina; di HOXHA Vathe (capo A e C); di PLAKU Kasem (capo C).
Veniva anche confermata la pena irrogata in primo grado, per il primo imputato ad
anni 6 di reclusione ed € 30.000= di multa; per il secondo ad anni 2 e mesi 4 di
reclusione ed € 12.000= di multa; per il terzo ad anni 4 e mesi 4 di reclusione ed C
22.000= di multa.

4. Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento
delle spese del procedimento e, ciascuno, al pagamento a favore della Cassa delle
Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 1000,00 (mille/00)
a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e, ciascuno, al pagamento della somma di € 1.000= in favore della
Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 8 gennaio 2014

g TATA

in possesso di un rilevante quantitativo di cocaina (500 gr., capo C), ciò a
dimostrazione del fatto che nei dialoghi intercettati, seppur veniva utilizzato un
linguaggio criptico, oggetto dei colloqui era la droga.
In particolare il Plaku emergeva avere avuto più contatti telefonici per programmare
l’illecita transazione della droga, utilizzando utenze cellulari abusivamente detenute
presso il carcere di Verona ove era ristretto.
La Vathe in più circostanze aveva mantenuto i rapporti telefonici con il fratello, il
marito ed altre persone, mostrando consapevolezza dell’illecito traffico ed informando
il Plaku delle evoluzioni dell’affare, ponendo in essere una condotta che andava al di là
della mera connivenza.
Quanto al capo A), il cui fondamento è basato sulle dichiarazioni dello Zanardo,
acquirente della droga, il coinvolgimento nei fatti di Hoxha Vathe, moglie di Arjan, era
stato riscontrato dalle dichiarazioni di Melpignano Antonio, il quale aveva citato la
presenza della donna alle consegne dello stupefacente.
Quanto al capo D), il linguaggio criptico utilizzato dall’Arjan (“ragazze” “automobili”),
fuori dal contesto logico delle conversazioni, lasciava trasparire in modo chiaro il vero
oggetto illecito dei colloqui, tenuto anche contro del fatto che destinatario della droga
ed interlocutore dell’imputato era tale Cassanella Roberto, pluripregiudicato per droga
e ristretto (all’epoca dei colloqui telefonici) agli arresti domiciliari.
Pertanto, le censure mosse dalla difesa alla sentenza, esprimono solo un dissenso
rispetto alla ricostruzione del fatto (operata in modo conforme dal giudice di primo e
secondo grado) ed invitano ad una rilettura nel merito della vicenda, non consentita
nel giudizio di legittimità, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata che
regge al sindacato di legittimità, non apprezzandosi nelle argomentazioni proposte
quei profili di macroscopica illogicità, che soli, potrebbero qui avere rilievo.

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