Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19749 del 08/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19749 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: IZZO FAUSTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MATRANGA ALESSANDRO N. IL 22/10/1983
avverso la sentenza n. 8826/2012 GIP TRIBUNALE di PALERMO, del
14/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FAUSTO IZZO;

Data Udienza: 08/01/2014

OSSERVA

2. Il ricorso è inammissibile, ex articolo 606, comma 3, c.p.p., perché proposto per
motivi manifestamente infondati e, ex articolo 591, comma 1, lettera c), c.p.p.,
perché i motivi sono privi del requisito della specificità, consistendo nella generica
esposizione della doglianza senza alcun contenuto di effettiva critica alla decisione
impugnata.
Come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis, Cass. S.U. 27
settembre 1995, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di applicazione
concordata della pena va conformato alla particolare natura della medesima e deve
ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché succintamente, di aver
proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo
delle parti, la corretta qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di eventuali
circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la congruità della pena, la concedibilità
della sospensione condizionale della pena ove la efficacia della richiesta sia ad essa
subordinata) e di quelli negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di
proscioglimento a norma dell’articolo 129 c.p.p.).
In particolare, il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di una delle ipotesi di cui
all’articolo 129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica motivazione
soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti
elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece,
ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione,
anche implicita, che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non
ricorrono le condizioni per una pronuncia di proscioglimento ai sensi della disposizione
citata (ex plurimis , Cass. IV, 17\10\2006, n. 34494; Cass. I, 6\2\2007, n. 4688).
Nel procedimento speciale di applicazione della pena su richiesta delle parti, il giudice
decide, invero, sulla base degli atti assunti ed è tenuto, pertanto, a valutare se
sussistano le anzidette cause di proscioglimento soltanto se le stesse preesistano alla
richiesta e siano desumibili dagli atti medesimi.
Non è consentito, dunque, all’imputato, dopo l’intervenuto e ratificato accordo,
proporre questioni in ordine alla mancata applicazione dell’articolo 129 c.p.p., senza
precisare per quali specifiche ragioni detta disposizione avrebbe dovuto essere
applicata nel momento del giudizio.
3. Quanto alla censura relativa alla carenza di motivazione in relazione al mancato
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche (non previsto nel patto
stipulato), va ricordato che nella giurisprudenza di questa Corte si è ripetutamente
affermato che, nel procedimento speciale disciplinato dagli articoli 444 ss. c.p.p.,
l’applicazione della pena si fonda sulla richiesta del pubblico ministero o dell’imputato,
cui l’altra parte aderisce convenendo sulla qualificazione giuridica del fatto,
sull’applicazione e la comparazione delle circostanze, sulla entità della pena, sulla
eventuale concessione della sospensione condizionale della stessa.
L’istituto in esame trova, dunque, il proprio fondamento primario nella convergente
richiesta di pubblico ministero e imputato sul merito dell’imputazione (responsabilità e
pena conseguente), dal momento che chi chiede la pena pattuita rinuncia ad avvalersi
della facoltà di contestare l’accusa.

1. L’imputato MATRANGA Alessandro ricorre per cassazione contro la sentenza di
applicazione concordata della pena per il reato p. e p. dall’ art. 73 T.U. 309 del 1990
(acc. in Carini il 3\8\2012), per carenza di motivazione della medesima in ordine al
mancato proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p. ed alla mancata concessione delle
attenuanti generiche.

Ne consegue, come questa Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato
non può prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal
medesimo accettato.
Nella concreta fattispecie, la pena è stata applicata nella misura richiesta e la
valutazione in ordine alla congruità della medesima risulta effettuata.
Resta, pertanto, preclusa ogni successiva doglianza al riguardo.

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende .
Così deciso in Roma il 8 gennaio 2014
Il Consigliere estensore

4. Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende,
non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 1.500,00
(millecinquecento/00) a titolo di sanzione pecuniaria.

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