Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19747 del 21/01/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 19747 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

Data Udienza: 21/01/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ADINOLFI CONCETTA N. IL 16/04/1963
BRANCACCIO ALESSANDRO N. IL 05/03/1973
BRANCACCIO LUIGI N. IL 24/08/1966
CARIO ANTONIO N. IL 05/05/1982
CAVALIERE GIOVANNA N. IL 12/11/1967
. CELLA ANTONIO N. IL 15/10/1971
“CELLA LUIGI N. IL 28/09/1978
CELLA MAURIZIO N. IL 20/12/1975
• CELLA PATRIZIO N. IL 27/05/1977
• DE LUCA STEFANIA N. IL 27/10/1967
GAUDINO GAETANO N. IL 20/03/1959
• LANZETTA LUIGI N. IL 05/07/1963
MASTELLONE LUIGI N. IL 03/02/1978

avverso la sentenza n. 1160/2013 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
26/06/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/01/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per .11;,<,<,444"4-a-)A3.-6/;VAr v• ,914f Ri42.-etlo f3-e,c,42,,0,3 t, C'ert,) ,D 4,01)-C, - to-z ffj44c3 1 -&d /04-)`-‘: Q1/40 . Cd4. /4-72 - ) i Ctq " ette-it • /(A., /7 a-7 ege-u-"/ ( Uditi difensoràvv. kto xfi tirey-24, b2f-r e *4 G1/29 /1/(46/&.t CUA (44dCCi Aife 2/(2/°/ i (A1122)6k-- t I% L)e'íeL Iii,zigAn, RITENUTO IN FATTO 1. IVIZ Il GIP del Tribunale di o con sentenza del 26/11/2012, emessa all'epilogo di giudizio abbreviato, statuì, fra gli altri, la penale responsabilità di Adinolfi Concetta, Brancaccio Alessandro, Brancaccio Luigi, Cario Antonio, Cavaliere Giovanna, Cella Antonio, Cella Luigi, Cella Maurizio, Cella Patrizio, De Luca Stefania, Gaudino Gaetano, Lanzetta Luigi e Mastellone Luigi, giudicati variamente colpevoli di plurime condotte di traffico di stupefacente all'art. 74 del d.P.R. n. 309/1990, condannando ciascuno di loro, in relazione alle ipotesi di reato per le quali vennero riconosciute sussistenti le prove a carico, alle pene reputate di giustizia. 1.1. La Corte d'appello di Napoli, investita dall'impugnazione proposta anche dagli odierni ricorrenti, con sentenza del 9/9/2013, in parziale riforma della sentenza di primo grado, nel resto confermata: I) ridusse la pena inflitta ad Adinolfi Concetta, Cavaliere Giovanna, Lanzetta Luigi, Mastellone Luigi e Cella Maurizio; II) rideterminò la pena nei confronti di Brancaccio Alessandro, previo giudizio di equivalenza delle attenuanti generiche alla contestata recidiva; III) assolse Cario Antonio dal reato associativo; IV) escluse la recidiva, rideterminando le rispettive pene, nei confronti di Brancaccio Luigi e Cella Antonio; V) escluse il ruolo di promotore, rideterminando la pena, per Cella Luigi; VI) escluse la recidiva, rideterminando la pena nei confronti di Cella Patrizio; VII) riconosciuta la sussistenza delle attenuanti generiche, rideterminò la pena nei confronti di De Luca Stefania e Gaudino Gaetano. 1.2. Al fine di consentire una puntuale ricostruzione della vicenda processuale appare opportuno chiarire che gli appellanti di cui appresso rinunciavano a larga parte delle censure proposte con l'impugnazione, salvo quanto di seguito, mantenuto fermo: Brancaccio Alessandro e Brancaccio Luigi, limitatamente alla invocata esclusione della recidiva, al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e alla quantificazione della pena; Cavaliere Giovanna, limitatamente alla quantificazione della pena; Cella Luigi, limitatamente alla qualifica di capo e promotore dell'associazione, alla recidiva, al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e alla quantificazione della pena; De Luca Stefania, limitatamente all'invocata prevalenza delle attenuanti generiche e alla quantificazione della pena; Lanzetta Luigi, limitatamente alla quantificazione della pena; Mastellone Luigi, limitatamente alla negata esclusione dell'aggravante di cui all'art. 80 del d.P.R. n. 309/1990, al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, del tipo cocaina, nonché, per taluno di costoro, del reato associativo di cui all'aumento a titolo di continuazione e alla quantificazione della pena. Infine, è di utilità ricordare che Cario Antonio nel corso del giudizio d'appello ammetteva spontaneamente di essere soprannominato «Pipetta>> e di
essere lui l’interlocutore delle telefonate intercettate.

2.

Risulta utile, nei limiti che qui rilevano, riprendere i termini

essenziali della vicenda siccome narrati nelle sentenze di merito.
Complesse attività informative ed investigative attivate in quel di

giustizia Giuliano Luigi, avevano consentito d’identificare Mastroianni Pasquale
e Gaudino Gaetano, quali stabili rifornitori di piazze di spaccio centrali in città;
indi Brancaccio Luigi, anch’egli rifornitore e, successivamente, in esito alle
risultanze d’intercettazioni, pedinamenti, osservazioni e sequestri, di mettere
a fuoco i tre gruppi criminali che si spartivano l’illecito commercio
(Mastroianni, Cella e Gaudino). I capi d’imputazione elevati, di conseguenza,
descrivevano le illecite attività addebitate ai tre gruppi (dal capo 1 al 15,
Mastroianni; dal 16 al 20, Cella e dal 21 al 28, Gaudino); nonché altre vicende
delinquenziali collaterali (capi 29-34) e i reati associativi (capi 35-37).

3. Tutti gli imputati di cui sopra ricorrono per cassazione.

4. Cella Maurizio, con la proposta unitaria censura, sviluppata nel
ricorso a firma dell’avv. Antonio Rocco Briganti, deduce violazione di legge e
vizio motivazionale.
Nonostante fosse stato chiarito che i contatti intrattenuti con altri
gruppi erano relativi solo al traffico di tabacchi di contrabbando e che il
ricorrente aveva rivestito ruolo marginale all’interno dell’associazione, la Corte
di merito, facendo ricorso a motivazione apparente, aveva negato l’accesso
alle attenuanti generiche; senza, inoltre, adeguatamente apprezzare la leale
condotta processuale del medesimo, il quale aveva rinunciato ai motivi
d’appello concernenti la penale responsabilità.
Con il motivo illustrato nel ricorso a firma dell’avv. Sergio Cola il
ricorrente assume la sussistenza di vizio motivazionale in ordine, ancora una
volta, alle negate attenuanti generiche e al complessivo trattamento penale. Il
ricorso, in particolare, contesta la sussistenza delle circostanze richiamate
dalla Corte territoriale per escludere le attenuanti generiche e quantificare la
pena (le partecipazioni agli episodi delittuosi erano state esigue, non
constavano contatti con altri gruppi criminali, i rapporti erano stati tenuti con
un solo fornitore, la condotta era stata cessata dopo i sequestri).

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Napoli, e che avevano preso le mosse dalle dichiarazioni del collaboratore di

5. Cella Luigi, con il primo motivo denunzia vizio motivazionale e
violazione di legge sotto i due seguenti profili: a) nonostante in primo grado
non fosse stato applicato aumento di pena per l’aggravante del numero dei
partecipanti (art. 74, cit., comma 3) la Corte territoriale, pur in assenza
d’impugnazione da parte del P.M., aveva disposto il predetto aumento; b)
nonostante la riduzione operata, essendo stato escluso il ruolo di promotore,
la Corte d’appello non aveva indicato i criteri determinativi adottati.

riconoscimento delle attenuanti generiche, prospetta vizio motivazionale,
assumendo che la Corte napoletana aveva fatto ricorso ad argomenti generici
e sommari, accomunando, in particolare, i fratelli Cella.

5.3. Con il terzo ed ultimo motivo il ricorrente afferma che il Giudice
d’appello non aveva reso motivazione in ordine alla richiesta d’esclusione e,
comunque, riduzione, delle pene accessorie.

6. Gaudino Gaetano e Adinolfi Concetta

rsó allegano i motivi di

censura di cui appresso.

6.1. Adinolfi.
a) Violazione di legge e vizio motivazionale. La Corte territoriale, senza
spendere motivazione apprezzabile, aveva giudicato la ricorrente colpevole
della violazione di cui all’art. 73 cit. in contestazione (detenzione a fini di
spaccio di 390 gr. di cocaina in concorso con il marito, Gaudino Gaetano ed il
figlio Giovanni, in data 23/6/2006) senza considerare che quell’episodio era
stato oggetto di altra valutazione giudiziaria, ormai divenuta irrevocabile, che
aveva individuato il solo responsabile in Gaudino Giovanni.
b) Violazione di legge e vizio motivazionale. La Corte partenopea, sulla
base di poche intercettazioni telefoniche, aveva giudicato la ricorrente
partecipe del delitto associativo, senza considerare che la condotta tenuta,
siccome specificato nel corpo dei motivi d’appello, avrebbe dovuto inquadrarsi
nell’àmbito della mera connivenza non punibile.

6.2. Entrambi i ricorrenti. Violazione di legge e vizio motivazionale.
La ricostruzione dei singoli episodi delittuosi, pur qualificata dai
ricorrenti come impeccabile, non giustificava la condanna per l’associazione,
della quale non erano state provate le fondamenta.

5.2. Con il secondo motivo il ricorrente, dolendosi del mancato

6.3. Gaudino. Violazione di legge e vizio motivazionale. La Corte
d’appello, per le ragioni che sano state riportate sopra, aveva errato
nell’affermare la penale responsabilità del ricorrente in ordine all’episodio del
23/6/2006.

7. Cavaliere Giovanna con l’unico motivo posto a corredo del proprio
ricorso si duole, allegando violazione di legge e vizio motivazionale, del fatto
che, sibbene vi fosse stata rinunzia ai motivi d’appello concernenti

prosciogliere l’imputata, facendo applicazione dell’art. 129, cod. proc. pen.

8. Mastellone Luigi, denunziando vizio motivazionale e violazione di
legge, si duole del fatto che il quantitativo di sostanza stupefacente contestato
al capo 18) era stato giudicato ingente, in assenza di qualsivoglia
accertamento chimico. Né appariva logicamente convincente far derivare
presunzione di purezza della sostanza dal fatto che la stessa fosse stata
ritenuta provenire da «grossisti>> spagnoli.

8.1. Con il secondo motivo il ricorrente, sempre denunziando violazione
di legge e vizio motivazionale, afferma che la Corte di merito, alla quale, con
la rinunzia agli altri motivi, si era attribuito il solo compito di rimodulare il
trattamento penale, pur avendo ridotto la pena, non aveva fornito argomenti
apprezzabili sullo scostamento dal minimo edittale. Inoltre, le attenuanti
generiche erano state negate in assenza di precipua spiegazione, sconfinando,
così, in una decisione arbitraria.

9. Cario Antonio con l’unico motivo posto a corredo del ricorso allega
violazione di legge e vizio motivazionale. Secondo il ricorrente la Corte di
merito aveva disatteso la sussistenza dell’ipotesi lieve di cui al comma 5
dell’art. 73 cit., valorizzando tre considerazioni «fallaci». Il valore della
merce risultava solo presunto; le modalità dell’acquisto ed il ruolo
d’intermediazione svolto dal ricorrente non erano descritti e si era omesso di
considerare che il Cario ben avrebbe potuto tenere condotta del tutto
compatibile con la fattispecie attenuata evocata.

10. Cella Antonio con il primo motivo lamenta violazione di legge e
vizio motivazionale in ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti
generiche prevalenti e alla determinazione della pena nel minimo edittale.
Assume il ricorrente che la Corte di Napoli aveva omesso di
adeguatamente valorizzare tutta una pluralità di circostanze che avrebbero

l’affermazione di penale responsabilità, la Corte d’appello avrebbe dovuto

ragionevolmente indotto ad accogliere la richiesta di complessiva importate
mitigazione del trattamento sanzionatorio: il Cella non era stato
<>. Il Collegio si riservava di decidere all’esito della
pubblica udienza.

CONSIDERATO IN DIRITTO
16. L’istanza in premessa, la quale propone una questione preliminare
di rito, non merita di essere accolta.
La vicenda rilevante in fatto è la seguente: il ricorrente Brancaccio
-24nd
i
Alessandro .errttaffrentegricorrente Brancaccio Luigi proposero ricorso, datato
15/10/2013, su carta intestata dell’avv. Michele Basile, con studio in Napoli,
via Nuova Poggioreale, n. 45/a. In calce al predetto ricorso è dato rinvenire il
nominativo degli avv.ti Nunzio Limite e Michele Basile, ma il ricorso è firmato
solo da quest’ultimo. La notifica dell’avviso d’udienza è stato regolarmente
dato all’avv. Michele Basile presso il di lui studio.
Una pluralità convergente di considerazioni impongono il rigetto
dell’istanza. Osservato che nel caso di specie non si è in presenza di una
omissione di notifica, ma, semmai, di mera irregolarità, decisiva appare la
constatazione che l’istante, lungi dall’affermare di non aver avuto conoscenza
dell’udienza, si è limitato ad asserire di non aver ricevuto avviso della stessa a
suo nome. In definitiva, invece che allegare che, a causa dell’irregolarità, egli
non seppe della fissazione, si limita a denunziare il mero vizio formale di cui
s’è detto.
In sede di legittimità si è più volte affermato, sia pure in relazione alla
posizione dell’imputato (ma la questione non muta), per un verso, che la
nullità assoluta ed insanabile di cui all’art. 179, cod. proc. pen., ricorre solo in
presenza di vera e propria omissione, o di modalità atipiche che non siano
state in grado di raggiungere lo scopo della conoscenza effettiva e non in ogni

clausole di stile, aveva omesso di fornire adeguata motivazione sul punto.

caso di scostamento dal previsto modello; per altro verso, che l’eccezione, per
potere essere presa in considerazione, non deve limitarsi alla mera denunzia
dell’inosservanza, dovendo rappresentare lo stato d’ignoranza effettivo
procurato dalla predetta inosservanza (S.U., n. 119/05 del 27/10/2004, Rv.
nn. 229539 e 229541; Sez. 6, n. 34170 del 4/7/2008, Rv. 240705). Con la
conseguenza che la nullità che ne è derivata deve ritenersi sanata quando
risulti provato che la stessa non ha impedito all’imputato di conoscere
l’esistenza dell’atto e di esercitare il diritto di difesa (in tal senso, cfr. Cass.,

Rv. 247109; Sez. 4, n. 6211/010 del 12/11/2009, Rv. 246639).
Nel caso in esame ricorrono le condizioni sananti di cui detto in relazione alla
notifica dell’avviso al difensore. Difatti, come si è anticipato, – e ciò solo è
bastevole -, l’istante non ha neppure prospettato di non aver potuto avere
conoscenza della udienza a cagione dell’omissione, essendosi limitato a
rilevare la circostanza neutra di non aver ricevuto l’avviso, che, invece, risulta
essere regolarmente pervenuto all’altro difensore. Conoscenza che, peraltro,
appare difficilmente contestabile sulla base del contenuto del ricorso sopra
evocato.

17. In prima battuta devesi osservare che tutti i ricorsi, ad)tcezione,
almeno in parte, di quello di Mastellone Luigi, sovente anche omettendo di
confrontarsi con la motivazione avversata, propongono una diversa lettura dei
fatti di causa o, comunque, una diversa valutazione discrezionale, in questa
sede escluse, non essendo consentito sostituire la motivazione del giudice di
merito, pur anche ove il proposto ragionamento alternativo apparisse di una
qualche plausibilità.
Sull’argomento può richiamarsi, fra le tante, la seguente massima, tratta
dalla sentenza n.15556 del 12/2/2008 di questa Sezione, particolarmente
chiara nel delineare i confini del giudizio di legittimità sulla motivazione: Il
nuovo testo dell’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., come modificato dalla I.
20 febbraio 2006 n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di
apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del processo”,
non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di
legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In
questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di cassazione di
procedere a una rinnovata valutazione dei fatti ovvero a una rivalutazione del
contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via
esclusiva al giudice del merito. Il “novunn” normativo, invece, rappresenta il
riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il
cosiddetto travisamento della prova, finora ammesso in via di interpretazione

Sez. 3, n. 44880 del 18/7/2014, Rv. 260606; Sez. 3, n. 20349 del 16/3/2010,

giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza del quale la Cassazione, lungi dal
procedere a un’inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle
prove, può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde
verificare se il relativo contenuto sia stato o no “veicolato”, senza
travisamenti, all’interno della decisione.

18. Cella Maurizio, con i due rassegnati ricorsi, senza ragione si duole del
rtàc_o”4 ,nuMx44 1-0
mancato enemrlin delle attenuanti generiche e del trattamento penale.

ha spiegato (pag. 27) i motivi per i quali doveva escludersi la ricorrenza
dell’attenuante innominata per tutti i fratelli Cella, tenuto conto della
complessiva attività illegale dai medesimi svolta. Di talché risulta vano
asserire la sussistenza di un ruolo secondario: senza necessità di contestare
l’assertività dell’affermazione è bastevole evidenziare che Cella Maurizio ebbe
a collaborare all’intrapresa criminale nella piena consapevolezza della
professionalità della stessa, dei ruoli da ognuno svolti e al fine di perseguire lo
scopo comune.
Quanto alla determinazione della pena non si registra il grave deficit
motivazionale denunziato. Infatti, la Corte d’appello, intervenendo sul
computo della stessa, al fine di operarne riduzione, condividendo, per il resto,
i criteri adottati dal Tribunale, non aveva alcuna ragione di dilungarsi
ulteriormente sul punto, giustificando perché non avesse ulteriormente
abbassato la pena.

19. Vanno disattese le censure mosse da Cella Luigi.
Quanto all’aggravante del numero delle persone partecipanti
all’associazione basterà precisare che, a fronte della rituale contestazione, il
giudice non ha affatto escluso la ricorrenza dell’aggravante in parola,
infliggendo, peraltro, una pena compatibile con il riconoscimento in parola.
Quanto alla determinazione della pena valgono le osservazioni di cui
immediatamente sopra al § 18.
Quanto al diniego delle attenuanti generiche valgono del pari gli
argomenti svolti a riguardo del ricorso del fratello Maurizio.
Infine, il motivo che investe le sanzioni accessorie impinge
nell’inammissibilità: lo stesso, infatti, a non volerlo considerare coperto dalla
rinuncia si presenta palesemente aspecifico.

20. Anche i ricorsi di Adinolfi Concetta e Gaudino Gaetano non possono
essere accolti.

La Corte di merito, infatti, con motivazione pienamente soddisfacente,

La circostanza che per uno dei fatti delittuosi contestati nel passato fosse
stato condannato Gaudino Giovanni, figlio della coppia, non costituisce affatto
circostanza preclusiva all’affermazione di penale responsabilità per
quell’episodio anche degli odierni ricorrenti.
La Adinolfi, come si è visto, si duole inoltre per essere stata giudicata
colpevole del delitto associativo, assumendo che la Corte di merito l’avrebbe
dovuta considerare mera connivente non colpevole. L’affermazione, apodittica
e aspecifica (perché non si confronta con le ragioni della decisione), trova

34-37), dal quale si trae la piena, consapevole ed efficiente partecipazione
della donna all’attività delinquenziale.
Infine, palesemente inammissibile deve giudicarsi il motivo con il quale
entrambi i ricorrenti, senza curarsi di contestare specificamente la
motivazione di condanna, asseriscono che le plurime violazioni dell’art. 73 cit.
dovevano stimarsi monadi isolate e non manifestazioni dell’attività illecita di
un’associazione criminale.

21.Non merita accoglimento la censura mossa da Cavaliere Giovanna, la
quale, avendo rinunciato ai motivi d’appello concernenti la penale
responsabilità, tuttavia, lamenta la mancata verifica da parte del giudice
d’appello della ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’art. 129, cod. proc. pen.
In primo ed assorbente luogo devesi ricordare che questa Corte di
legittimità ha già avuto modo di affermare che a seguito dell’abrogazione del
c.d. patteggiamento in appello (articolo 599, commi quarto e quinto, cod.
proc. pen.), la rinunzia parziale ai motivi di appello deve ritenersi
incondizionata e determina il passaggio in giudicato della sentenza gravata
limitatamente ai capi oggetto di rinunzia; ne consegue che la Corte di appello
non ha l’onere di motivare in ordine ad essi. (Cass.,2, n. 46053, 21/11/2012,
Rv. 255069).
In secondo luogo non può farsi a meno di osservare che il concetto di
«evidenza» dell’innocenza dell’imputato presuppone la manifestazione di una
verità processuale chiara, palese ed oggettiva, tale da consistere in un quid
pluris rispetto agli elementi probatori richiesti in caso di assoluzione con
formula ampia (Cass. 19/7/2011, n. 36064).
Il giudice può pronunciare sentenza di assoluzione ex art. 129 c.p.p.
solo quando le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la
commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale
emergano dagli atti in modo assolutamente incontestabile (Cass. 14/11/2012,
n. 48642). Situazione che qui non ricorre, tanto che financo la stessa
ricorrente neppure si perita di affermarsi innocente, ma si limita ad asserire

n

articolata e puntuale smentita nello specifico passaggio motivazionale (pagg.

che sarebbe stata violata la legge per non essere stata effettuata esplicita
verifica negativa della ricorrenza di alcuna delle ipotesi liberatorie previste
dall’art. 129, cod. proc. pen.

22. Non ha fondamento la prima critica mossa da Mastellone Luigi.
La Corte di merito, in linea con l’orientamento maturato in sede di
legittimità, che questa Corte condivide, ha escluso che per affermare la
sussistenza dell’ingente quantitativo, occorra il presupposto di risultanze di

altre fonti probatorie che il detto principio sia superiore a duemila volte il
valore massimo in milligrammi (Cass., Sez. 5, n. 10961 del 10/1/2013, Rv.
255221).
Invero, non può sorgere dubbio sulla capacità drogante e sul
superamento della soglia di cui al citato art. 80, comma 2, della sostanza
commerciata dagli imputati sulla base del complesso delle acquisizioni
istruttorie le quali smentiscono la vendita di mere inerti o blande sostanze,
certamente improponibile nel mercato all’ingrosso della cocaina, direttamente
importata, come ricorda la Corte di merito, per oltre 26 Kg., dai luoghi di
produzione, al fine di rifornire importanti piazze di spaccio, che procedono
successivamente al taglio e, indi, alla vendita al dettaglio.
Pur vero che in alcune occasioni questa Corte ha evidenziato la necessità
di procedere ad accertamento chimico (Cass., Sez. III, n. 16154 del
2/2/2011, Rv. 249880 e, solo in presenza, di modestissimi quantitativi, per
Cass., Sez. III, n. 44420 del 26/9/2013, Rv. 257596), tuttavia, in altre ha
escluso che il giudice abbia il dovere di procedere a perizia o accertamento
tecnico, ove abbia modo di attingere, come nel caso in esame, la propria
conoscenza da altre fonti di prova (in tal senso, Sez. VI, n. 47523 del
29/10/2013, Rv. 257836).
Il secondo motivo, con il quale il ricorrente si duole del mancato
riconoscimento delle attenuanti generiche e del trattamento sanzionatorio
risulta solo in parte fondato.
Quanto al trattamento sanzionatorio, così come si è già avuto modo sopra
di rilevare, la favorevole rideterminazione della pena non imponeva di certo
l’approntamento di un apparato motivazionale ulteriore rispetto a quello
adottato dal giudice di primo grado.
Quanto, invece, al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche
deve rilevarsi una omissione di pronuncia, a fronte della specifica richiesta
avanzata con l’appello. Sul punto, pertanto, s’impone l’annullamento della
statuizione con rinvio, perché sul punto si pronunci il giudice competente di

laboratorio sulla percentuale del principio attivo, ben potendosi dedurre da

merito. Ovviamente l’affermazione di penale responsabilità diviene
irrevocabile con la presente sentenza.

23. La pretesa di veder riconosciuta l’ipotesi minore di cui al comma 5 del
citato art. 73 prospettata da Cario Antonio non ha pregio.
La motivazione con la quale la Corte di Napoli ha escluso la sussistenza
della fattispecie evocata non è in alcun modo censurabile in questa sede (pag.
32), nel mentre la posizione avversativa del ricorrente poggia su una

24.

Il complesso delle censure mosse da Cella Antonio non merita

accoglimento.
Quanto alla pretesa concernente le attenuanti generiche basti ricordare
quanto già rilevato a proposito degli altri fratelli Cella e vanamente il
ricorrente si sforza di enumerare le ragioni per le quali egli avrebbe dovuto
ritenersi di portata criminale meno intensa rispetto ai fratelli. Quel che la
Corte d’appello ha correttamente evidenziato è che anche Cella Antonio ebbe
a partecipare all’organizzata illecita attività, nella piena consapevolezza
dell’imponenza della stessa.
In ordine alla quantificazione della pena appare del tutto inconsistente,
come si è visto, il preteso diritto ad una specifica motivazione per giustificare
lo scostamento dal minimo edittale. Anche in questo caso non resta che
evidenziare come il Giudice d’appello, operando riduzione della pena per le
ragioni esposte in sentenza, allo stesso tempo, condividendo, nel resto, le
determinazioni del primo giudice, non avesse l’obbligo di espressamente
spiegare perché non aveva inteso applicare pena ulteriormente ridotta o il
minimo edittale assoluto.
Analogamente incensurabile in questa sede deve reputarsi la stima
dell’aumento a titolo di continuazione. Per quanto già chiarito, l’aumento per
l’aggravante del numero dei partecipanti non può considerarsi illegale.
Infine, la censura afferente le sanzioni accessorie, inammissibile per
quanto già riferito a proposito del ricorrente Cella Luigi, risulta ulteriormente
irrituale in quanto sul punto non consta che l’imputato ebbe a proporre
appello.

25. Infondati devono valutarsi i ricorsi di Brancaccio Luigi e Brancaccio
Alessandro.
Il primo, a torto, istituisce una consequenzialità non prevista dalla legge,
secondo la quale la esclusione della recidiva avrebbe dovuto imporre di
determinare la pena nel minimo assoluto o comunque, avrebbe reso doverosa

ricostruzione alternativa della vicenda che lo ha visto coinvolto.

una specifica motivazione, in presenza di un discostamento (pur lieve, come
nel caso al vaglio).
Il secondo, contesta la decisione di non esclusione della contestata
recidiva, assumendo che averlo ritenuto <

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