Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19745 del 08/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19745 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BEVILACQUA MICHAEL N. IL 02/07/1986
avverso la sentenza n. 5269/2012 CORTE APPELLO di ROMA, del
14/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 08/01/2014

Osserva
Ricorre per cassazione Bevilacqua Michael avverso la sentenza emessa in data 14.11.2012
dalla Corte di Appello di Roma che confermava quella del Tribunale di Roma in data
22.2.2012 con cui il predetto era stato condannato alla pena di anni tre, mesi quattro di
reclusione ed C 14.000,00 di multa oltre all’interdizione dai pp.uu. per anni cinque per il
delitto di cui all’art. 73 dPR 309/1990 (hashish e cocaina).
Deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione al mancato
riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 73 comma 5 0 dPR 309/1990.

Corretta e congrua è la motivazione svolta dal Giudice a quo in ordine alla concedibilità
dell’invocata attenuante della “lieve entità”. Al riguardo la Corte territoriale ha fatto corretta
applicazione della normativa di settore, come costantemente interpretata dalla Corte di
legittimità, secondo la quale in tema di sostanze stupefacenti, ai fini della concedibilità o del
diniego della circostanza attenuante del fatto di lieve entità, il giudice è tenuto a
complessivamente valutare tutti gli elementi indicati dalla norma, sia quelli concernenti
l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto
materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta
criminosa): dovendo, conseguentemente, escludere la concedibilità dell’attenuante quando
anche uno solo di questi elementi porti ad escludere che la lesione del bene giuridico
protetto sia di “lieve entità” (di recente, Cass. Pen. Sez. IV, n. 43399 del 12.11.2010 Rv.
248947).
Sicchè deve anche ritenersi la sostanziale aspecificità delle censure mosse che hanno
riproposto in questa sede pedissequamente le medesime doglianze rappresentate dinanzi
alla Corte territoriale e da quel giudice disattese con motivazione ampia e congrua, immune
da vizi ed assolutamente plausibile.
Ed è stato affermato che “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che
ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame,
dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero,
dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per
la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle
poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del
giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591
comma 1 lett. c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. IV, 29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e
successive conformi, quale: Sez. II, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene
equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi
assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.

2

Il ricorso è inammissibile essendo i motivi addotti manifestamente infondati ed aspecifici.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, addì 8.1.2014

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