Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19742 del 21/03/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 19742 Anno 2018
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: DI PISA FABIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CRUPI COSTANTINO nato il 26/11/1984 a MESSINA

avverso la sentenza del 08/05/2017 della CORTE APPELLO di MESSINA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere FABIO DI PISA
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LUCA TAMPIERI
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con sentenza del 08/05/2017 la Corte d’ Appello di Messina confermava la sentenza
emessa dal Tribunale di Messina in data 20/03/2013 in forza della quale CRUPI Costantino,
previa derubricazione del reato contestato nell’ ipotesi di cui all’ art. 648 comma 2 cod. pen.,
era stato condannato per il reato di ricettazione di un cellulare ed in parziale riforma di detta
sentenza rideterminava la pena, revocando il beneficio della sospensione condizionale.

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Data Udienza: 21/03/2018

2. Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo
difensore, formulando quattro motivi:
– primo motivo: violazione della legge e difetto di motivazione per avere la corte
territoriale apoditticamente confermato la affermazione della penale responsabilità dell’
imputato senza esaminare i motivi di gravame;
– secondo motivo: violazione di legge e difetto di motivazione dal momento che non era
emersa la prova della responsabilità al di là di ogni ragionevole dubbio e difettava la prova

– terzo motivo: violazione di legge e difetto di motivazione avendo la corte di appello
errato nell’ escludere che la condotta contestata andava, semmai, qualificata ai sensi dell’art.
712 cod. pen.;
– quarto motivo: violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla revoca della
sospensione condizionale della pena, disposta in assenza di qualunque argomentazione.

3. Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Va premesso che in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità
la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma
adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal
ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a
quelli adottati dal giudice del merito. (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015 – dep. 27/11/2015,
Musso, Rv. 26548201).
Occorre, quindi, rilevare che le doglianze sono prive del necessario contenuto di critica
specifica al provvedimento impugnato, le cui valutazioni, ancorate alle complessive emergenze
processuali, si palesano, peraltro, immuni da vizi logici o giuridici.
Rileva il collegio che le argomentazioni della corte territoriale – la quale ha considerato
tutte le risultanze fattuali acquisite dal processo, valutando il medesimo tenore delle
dichiarazioni rese dal CRUPI- appaiono congrue in fatto e corrette in diritto anche in ordine alla
assenza di prova di ogni giustificazione idonea a comprovare la buona fede dell’ imputato.
La motivazione resiste alle censure di parte ricorrente anche nella parte in cui ha
escluso l’ ipotesi di cui all’ art. 712 cod. pen., dovendosi ribadire che ricorre il dolo di
ricettazione nella forma eventuale quando l’agente ha consapevolmente accettato il rischio che
la cosa acquistata o ricevuta fosse di illecita provenienza, non limitandosi ad una semplice
mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della cosa, che invece connota l’ipotesi
contravvenzionale dell’acquisto di cose di sospetta provenienza (Sez. II, n. 45256 del 22
novembre 2007, Lapertosa, rv. 238515).

4. L’ ultimo motivo deve ritenersi anch’ esso inammissibile in quanto del tutto generico
ed aspecifico non avendo chiarito il ricorrente per quali ragioni il beneficio condizionale della
pena non potesse essere revocato dalla corte territoriale pur in presenza dei “molteplici
2

dell’elemento soggettivo del reato di ricettazione;

precedenti penali annoverati dal CRUPI”, come specificamente indicato nella sentenza
impugnata.

5. Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla declaratoria d’inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al pagamento in favore
della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.
Sentenza a motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, 21 Marzo 2018

H consigliere estensore
Fabio Di Pisa

II presidente
Pierc millo Davigo

ricorso, si determina equitativamente in euro duemila.

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