Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19741 del 21/03/2018

Penale Sent. Sez. 2 Num. 19741 Anno 2018
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: DI PISA FABIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
A.A.

avverso la sentenza del 11/09/2017 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere FABIO DI PISA
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LUCA TAMPIERI che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso;
Udito il difensore dell’ imputato Avvocato GALELLI STEFANO il quale si è riportato ai motivi del
ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con sentenza del 11/09/2017 la Corte di Appello di Milano confermava la sentenza
del Tribunale di Milano del 12/07/2016 in forza della quale A.A.è stato ritenuto
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Data Udienza: 21/03/2018

colpevole del delitto di truffa ai danni di B.B., legale rappresentante della società “Il
Viaggio s.r.l.”, per avere, con artifici e raggiri consistiti nel fare apparire come seria la richiesta
di acquisto di due biglietti aerei con destinazione Dhaka (Bangladesh) nell’ ottica di un
rapporto di collaborazione nel campo del servizio della biglietteria aerea, indotto in errore il
titolare, procurandosi un ingiusto profitto costituito dalla consegna dei biglietti senza pagare
alcunché (capo a.) nonché colpevole del reato di tentata truffa nei confronti della medesima
parte offesa per avere compiuto artifici e raggiri consistiti nel richiedere con urgenza, per la

bonifico con un codice falso ed, in realtà, mai eseguito inducendo in errore il rappresentante
della società “Il Viaggio s.r.l.” al fine di acquisire un ingiusto profitto non riuscendo nell’ intento
per cause indipendenti dalla propria volontà.

2. Avverso la suddetta sentenza l’imputato, a mezzo del proprio difensore, propone
ricorso per cassazione deducendo due motivi:
– primo motivo: violazione di legge e difetto di motivazione in relazione alla ritenuta
configurabilità del reato di truffa consumata di cui al capo a).
Assume che difettava l’ elemento oggettivo del reato in quanto la società, prima dell’
emissione dei biglietti, non aveva ricevuto alcun documento attestante il pagamento mentre
non poteva avere alcun rilievo ai fini della configurabilità del reato contestato il successivo
inoltro della documentazione attestante i pagamenti mai eseguiti;
– secondo motivo: difetto di motivazione mancando, con riferimento alla vicenda di cui
al capo b), la prova di un comportamento diretto inequivocabilmente a commettere una truffa
in quanto: anche in questo caso la società aveva operato direttamente mentre il documento
attestante il bonifico era stato ricevuto in un momento successivo; era stato lo stesso imputato
a richiedere l’ annullamento dei biglietti in questione; la società in ragione della prenotazione
non doveva pagare alcuna penale, in concreto non corrisposta secondo quanto riferito dal teste
escusso Doveri.

3. Il ricorso è manifestamente infondato.
Il A.A. ha riproposto censure già sostanzialmente prospettate con i motivi di
appello, e sulle quali la Corte territoriale ha esaurientemente risposto. E questa Corte non può
sindacare il contenuto del convincimento dei giudici di merito ma solo la correttezza delle
affermazioni, la logicità dei passaggi tra premesse e conseguenze nonché la rispondenza degli
enunciati alle doglianze proposte dalla parte. In tema di sindacato del vizio di motivazione non
è certo compito del giudice di legittimità quello di sovrapporre la propria valutazione a quella
compiuta dai giudici di merito ne’ quello di “rileggere” gli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione la cui valutazione è compito esclusivo del giudice di merito: quando, come nella
specie, l’obbligo di motivazione è stato esaustivamente soddisfatto dal giudice di merito, con
valutazione critica di tutti gli elementi offerti dall’istruttoria dibattimentale e con indicazione,
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tratta Venezia-Dhaka, undici biglietti per il costo di euro 11.377,00 inviando un riepilogo di un

pienamente coerente sotto il profilo logico- giuridico, degli argomenti dai quali è stato tratto il
proprio convincimento, la decisione non è censurabile in sede di legittimità.
Va, pure, evidenziato che non è sindacabile in sede di legittimità, salvo il controllo sulla
congruità e logicità della motivazione, la valutazione del giudice di merito, cui spetta il giudizio
sulla rilevanza e attendibilità delle fonti di prova, circa contrasti testimoniali o la scelta tra
divergenti versioni e interpretazioni dei fatti. (Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011 – dep.
25/05/2011, Tosto, Rv. 25036201).

rientra, anche sotto il profilo psicologico, nell’ipotesi della truffa contrattuale che, secondo la
consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità, è configurabile allorché l’agente pone
in essere artifici e raggiri al momento della conclusione del negozio giuridico, traendo in
inganno il soggetto passivo che viene indotto a prestare un consenso che altrimenti non
sarebbe stato dato. La successiva inadempienza pertanto non costituisce illecito civile, ma la
conclusione dell’attività criminosa:

ex plurimis Cass. /1980 Rv. 148455 – Cass. /2008 Rv.

242296. Nella truffa contrattuale, poi, l’elemento che imprime al fatto della inadempienza il
carattere di reato è costituito dal dolo iniziale, quello cioè che, influendo sulla volontà negoziale
di uno dei contraenti (falsandone, quindi, il processo volitivo avendolo determinato alla
stipulazione del negozio in virtù dell’errore in lui generato mediante artifici o raggiri) rivela nel
contratto la sua intima natura di finalità ingannatoria: (Cass. /1981 Rv. 149803 – Cass. /1983
Rv. 164164), apparendo, quindi, del tutto priva di fondamento la tesi circa la sussistenza di un
mero inadempimento contrattuale ovvero di altre fattispecie di reato.

4. Orbene la Corte territoriale ha dato conto, con motivazione logica, congrua e
adeguata, non censurabile in questa sede, delle ragioni in base alle quali ha affermato la
responsabilità dell’imputato ritenendo che le modalità delle vicende confermavano la
sussistenza degli estremi oggettivi e soggettivi dei reati contestati, apparendo evidente la
condotta truffaldina dell’ imputato il quale ebbe a predisporre, al fine di trarre profitto (con l’
acquisto di biglietti aerei senza pagare alcunché) documentazione attestante dei bonifici mai
effettuati con l’ indicazione di codici bancari (C.R.0.) inesistenti.

5. Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla declaratoria d’inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al pagamento in favore
della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal
ricorso, si determina equitativamente in euro duemila.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
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3.1. In punto di diritto va, quindi, rilevato che la condotta posta in essere dall’ imputato

processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.
Sentenza a motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, 21 Marzo 2018

H consigliere estensore
Fabio Di Pisa

H presidente

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