Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19738 del 21/03/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 19738 Anno 2018
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: DI PISA FABIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BALBO VINCENZA nato il 05/04/1960 a PALERMO
avverso la sentenza del 27/03/2017 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere FABIO DI PISA;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LUCA TAMPIERI che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso;
Udito il difensore della parte civile l’Avvocato TODARO ANTONINO che ha depositato
conclusioni scritte e nota spese delle quali ha chiesto la liquidazione a favore dello
Stato.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 27/03/2017 la Corte di Appello di Palermo, pronunziando
sull’ appello proposto dalla parte civile RIBAUDO Salvatore in riforma della sentenza
del Tribunale di Palermo in data 17/04/2015 – con la quale era stato dichiarato non
doversi procedere per difetto di tempestiva querela nei confronti di BALBO Vincenza
dichiarava quest’ ultima, ai soli effetti della responsabilità civile, responsabile del reato
di insolvenza fraudolenta (art. 641 cod. pen.) e per l’ effetto la condannava al
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Data Udienza: 21/03/2018

risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede civile ed al pagamento delle spese
sostenute dalla parte civile.
1.1. La Corte territoriale, nel premettere che l’ appello proposto da RIBAUDO
Salvatore doveva ritenersi avanzato dalla parte civile ai sensi dell’ art. 576 cod. proc.
pen. ai fini della pronunzia sulla responsabilità civile, ha ritenuto che, contrariamente a
quanto affermato dal giudice di primo grado il quale aveva dichiarato l’ improcedibilità
dell’ azione in ragione della tardività della querela, la stessa doveva ritenersi
tempestivamente formulata, precisando che dovevano ritenersi integrati gli estremi del

2. Avverso la suddetta sentenza l’imputata, a mezzo del proprio difensore,
propone ricorso per Cassazione, deducendo due motivi:
– primo motivo: inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità
(artt. 568 comma 4 e 591 cod. proc. pen.) per non avere la corte territoriale dichiarato
I’ inammissibilità dell’ appello dalla parte civile per carenza di interesse sulla base dei
principi sanciti dalle S.U. della Cassazione nella pronunzia n. 35599/2012;
– secondo motivo: inosservanza di norme processuali (artt. 568 comma 1, 571
e 576 cod. proc. pen.) stabilite a pena di nullità per non avere i giudici di appello
dichiarato l’ inammissibilità dell’ appello dalla parte civile per essere stato l’ appello,
con il quale parte appellante aveva chiesto la condanna dell’ imputata per il reato di
insolvenza fraudolenta, proposto al di fuori dei casi previsti dalla legge.
2.1. La parte civile RIBAUDO Salvatore, ha depositato memoria in data
14/11/2017 con la quale ha chiesto dichiararsi l’ inammissibilità del ricorso per:
mancanza di procura speciale del difensore di fiducia dell’ imputato Avv. Valerio
Anastasio; manifesta infondatezza dei motivi di impugnazione; difetto del requisito di
autosufficienza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso, ritualmente proposto ai sensi dell’ art. 571 comma 3 cod. proc.
pen. dal difensore di fiducia dell’ imputato Avv. Valerio Anastasio, iscritto alli Albo dei
Cassazionisti, è fondato.

2. Occorre premettere che a seguito della declaratoria di improcedibilità emessa
dal giudice di primo grado, giusta sentenza in data 17/04/2015, la pronunzia è stata
impugnata dalla sola parte civile e non anche dall’ ufficio del pubblico ministero.
2.1. La Corte territoriale, come detto, nell’ osservare che l’ appello avanzato
dalla parte civile RIBAUDO Salvatore doveva ritenersi proposto ai sensi dell’ art. 576
cod. proc. pen. ai soli fini della pronunzia sulla responsabilità civile, ha ritenuto che
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reato di insolvenza fraudolenta contestato.

querela in questione doveva ritenersi tempestivamente proposta, condannando l’
imputata al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede civile.

3. Orbene va osservato che in tema di impugnazioni il riconoscimento del diritto
al gravame è subordinato alla presenza di un interesse immediato, concreto ed attuale
a rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione
giudiziale di cui si contesta la correttezza ed a conseguire un’utilità, ossia una
decisione dalla quale derivi per il ricorrente un risultato “più” vantaggioso.

proporre impugnazione ai sensi dell’art. 568, comma 4, cod. proc. pen., ad opera della
parte civile ha avuto modo di precisare che «detto interesse deve essere apprezzabile
non solo in termini di attualità ma anche di concretezza; esso deve essere correlato
agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare e sussiste se il gravame
sia idoneo a costituire, attraverso l’eliminazione del contesto pregiudizievole, una
situazione pratica più vantaggiosa rispetto a quella determinatasi con la pronuncia
giudiziale. D’altro canto, la concretezza dell’interesse è ravvisabile non solo quando
l’impugnante, attraverso l’impugnazione, si riprometta di conseguire effetti processuali
diretti vantaggiosi, ma anche quando miri ad evitare conseguenze extrapenali
pregiudizievoli ovvero ad assicurarsi effetti extrapenali più favorevoli, come quelli che
l’ordinamento fa derivare dal giudicato delle sentenze di condanna o di assoluzione
dell’imputato nei giudizi di danno (artt. 651, 652 cod. proc. pen.) o in altri giudizi civili
o amministrativi (art. 654 cod. proc. pen.). In altre parole, si palesano rilevanti, nei
riguardi della parte civile ai fini dell’interesse ad agire, tutte le conseguenze
configurabili, anche extrapenali, che possono comunque influire in modo a lei
favorevole, nel giudizio di accertamento della responsabilità civile del prevenuto. In
conclusione, l’impugnazione, per essere ammissibile, deve tendere all’eliminazione
della lesione concreta di un diritto o di un interesse giuridico del proponente
l’impugnazione. V. Sez. U, n. 42 del 03/12/1995 dep. 1996, Tampini, Rv.203093; Sez.
U, n. 40049 del 25/05/2008, Guerra, Rv. 240815».

4. Va, quindi, evidenziato che come dedotto da parte ricorrente secondo quanto
statuito dalla S.U. la parte civile è priva di interesse a proporre impugnazione avverso
la sentenza di proscioglimento dell’imputato per improcedibilità dell’azione penale
dovuta a difetto di querela, trattandosi di pronuncia penale meramente processuale
priva di idoneità ad arrecare vantaggio al proponente ai fini dell’azione civilistica (Sez.
U, n. 35599 del 21/06/2012 – dep. 17/09/2012, P.0 . in proc. Di Marco e altro, Rv.
25324201).
In seno a detta pronunzia il Supremo Collegio ha avuto modo di precisare
che:«… in mancanza di gravame del p.m. della sentenza di proscioglimento per
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3.1. La giurisprudenza nella individuazione dei caratteri qualificanti l’interesse a

mancanza di querela, l’accertamento circa la sussistenza o meno dell’atto
condizionante la procedibilità penale non influisce in alcun modo sulla posizione
processuale del danneggiato, nell’esercizio dell’azione intesa ad affermare la
responsabilità civile dell’autore dell’illecito e la sua obbligazione di risarcimento del
danno procurato. La parte civile non ha alcun interesse a che la querela sia qualificata
o meno come sussistente. In tal guisa, l’impugnazione della parte civile di una
pronuncia penale meramente processuale si palesa priva di ogni idoneità ad apportare
al proponente effetti di vantaggio o non pregiudizievoli di qualunque genere, non

concreto e attuale, immediato e diretto, risulti connessa all’accoglimento
dell’impugnazione ».

5. Le considerazioni suddette comprovano la non ricorrenza di un interesse
giuridico della parte civile all’impugnazione in sede di appello della pronunzia di primo
grado in quanto il diritto al risarcimento del danno del danneggiato risulta(va)
pienamente e congruamente garantito innanzi al giudice civile anche nella asserita
insussistenza delle condizioni (di procedibilità) tali da consentire l’esercizio dell’azione
in sede penale nei confronti del responsabile dell’illecito.
Invero nei casi d’improcedibilità dell’azione penale per difetto di querela, spetta
al giudice civile accertare se ricorrano o meno gli estremi di un reato al fine della
liquidazione dei danni morali (vedi,

ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 15022 del

21/11/2000, Rv. 541961 – 01), con la conseguenza che il danneggiato ben avrebbe
potuto agire direttamente innanzi al giudice civile senza subire alcun pregiudizio sotto
il profilo del diritto all’ integrale risarcimento del danno, l’ unico perseguito anche con
la iniziale costituzione di parte civile.

6.

Conseguentemente stante l’ inammissibilità dell’ appello proposto dal

RIBAUDO la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, rimanendo le spese a
carico della parte civile in ragione della soccombenza della stessa.

P.Q.M.

annulla senza rinvio la sentenza impugnata.
Così deciso in Roma, il 21 Marzo 2018
II consigliere estensore

II presidente

configurandosi alcuna utilità, ai fini dell’azione civilistica intentata, che, in modo

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