Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19734 del 08/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19734 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
JAZE ARTAN N. IL 04/07/1976
avverso la sentenza n. 2095/2012 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
06/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 08/01/2014

Osserva
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Jaze Artan avverso la sentenza emessa
in data 6.11.2012 dalla Corte di Appello di Firenze che, in parziale riforma di quella
del Tribunale di Prato in data 21.12.2011, rideterminava la pena inflitta per il reato di
cui all’art. 73 comma 10 dPR 309/1990, in anni due e mesi otto di reclusione ed C
14.000,00 di multa.
Deduce la violazione di legge in relazione alla mancata applicazione della scriminante

quale emergente dal testo della sentenza impugnata in relazione alla determinazione
della pena che avrebbe dovuto essere contenuta in misura prossima al minimo
edittale.
Il ricorso è inammissibile essendo i motivi addotti manifestamente infondati ed
aspecifici.
E’ palese la sostanziale aspecificità delle censure mosse che hanno riproposto in
questa sede pedissequamente le medesime doglianze rappresentate dinanzi alla Corte
territoriale e da quel giudice disattese con motivazione ampia e congrua, immune da
vizi ed assolutamente plausibile, su ognuno dei punti qui riproposti e segnatamente in
ordine alla mancata integrazione degli estremi dell’invocata causa di giustificazione
(del tutto fuori luogo) e dell’attenuante della collaborazione la cui sussistenza è stata
del tutto esclusa dal giudice a quo.
Ed è stato affermato che “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi
che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del
gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del
motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato
senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett.
c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. IV, 29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e
successive conformi, quale: Sez. II, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).
Peraltro si tratta di censure con cui si pretende di rivalutare le acquisizioni probatorie
ed i comportamenti dell’imputato, prerogativa, questa, riservata al giudice di merito e
preclusa in sede di legittimità.
Infine, in tema di determinazione della misura della pena, il giudice del merito, con la
enunciazione, anche sintetica, dell’eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri
indicati nell’art. 133 cod. pen., assolve adeguatamente all’obbligo della motivazione:
tale valutazione, infatti, rientra nella sua discrezionalità e non postula un’analitica
esposizione dei criteri adottati per addivenirvi in concreto (da ultimo, Cass. pen. Sez.
II, 19.3.2008 n. 12749 Rv. 239754).

di cui all’art. 54 c.p.; la violazione di legge in relazione al mancato riconoscimento
dell’attenuante di cui all’art. 73 comma 7 0 dPR 309/1990; ed il vizio motivazionale

Tanto meno può ritenersi alcuna violazione delle richiamate norme poste a presidio
della determinazione della pena, laddove il giudice, nell’ambito dell’anzidetta sua
discrezionalità, abbia dato conto delle ragioni su cui ha basato la quantificazione della
sanzione esplicitandone correttamente il calcolo, come nel caso di specie. Peraltro, in
tema di valutazione dei vari elementi relativi alla dosimetria della pena ed i limiti del
sindacato di legittimità su tale punto, la giurisprudenza di questa Corte
ammette la c.d. motivazione implicita (Cass. pen. Sez. VI 22.9.2003 n. 36382 n.
227142) o con formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” v. Cass. pen. Sez. VI

peraltro ridotta rispetto a quella comminata in primo grado, sia frutto di arbitrio o
ragionamento illogico attesa la congrua motivazione addotta dal Giudice al riguardo.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si
ritiene equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non
ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di
inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, addì 8.1.2014

4.8.1998 n. 9120 rv. 211583), né può sostenersi che la quantificazione della pena,

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