Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19733 del 08/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19733 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CANAJ VILSON N. IL 27/07/1983
avverso la sentenza n. 1058/2012 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
25/09/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 08/01/2014

Osserva
Ricorre per cassazione Canaj Vilson avverso la sentenza emessa in data 25.9.2012
dalla Corte di Appello di Firenze che, in parziale riforma di quella del G.i.p. del
Tribunale di Arezzo in data 7.11.2011, rideterminava la pena inflitta per il reato di cui
agli artt. 81 cpv. c.p. e 73 comma 10 dPR 309/1990, in anni quattro e mesi otto di
reclusione ed € 20.000,00 di multa con espulsione dallo Stato a pena espiata.
Deduce la violazione di legge

Ming ed il vizio motivazionale in relazione alla
mancata concessione dell’attenuante di cui al 5 0 comma dell’art. 73 dPR 309/1990,

misura dell’aumento di pena applicato per la continuazione per i 2 reati satellite e
della qualificazione dell’imputato come soggetto socialmente pericoloso, con la
conseguente espulsione dallo Stato a pena espiata.
Il ricorso è inammissibile essendo i motivi addotti manifestamente infondati ed
aspecifici.
E’ palese la sostanziale aspecificità delle censure mosse che hanno riproposto in
questa sede pedissequamente le medesime doglianze rappresentate dinanzi alla Corte
territoriale e da quel giudice disattese con motivazione ampia e congrua, immune da
vizi ed assolutamente plausibile, su ognuno dei punti qui riproposti.
Ed è stato affermato che “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi
che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del
gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del
motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato
senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett.
c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. IV, 29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e
successive conformi, quale: Sez. II, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).
In tema di determinazione della misura della pena, il giudice del merito, con la
enunciazione, anche sintetica, dell’eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri
indicati nell’art. 133 cod. pen., assolve adeguatamente all’obbligo della motivazione:
tale valutazione, infatti, rientra nella sua discrezionalità e non postula un’analitica
esposizione dei criteri adottati per addivenirvi in concreto (da ultimo, Cass. pen. Sez.
II, 19.3.2008 n. 12749 Rv. 239754).
Tanto meno può ritenersi alcuna violazione delle richiamate norme poste a presidio
della determinazione della pena, laddove il giudice, nell’ambito dell’anzidetta sua
discrezionalità, abbia dato conto delle ragioni su cui ha basato la quantificazione della
sanzione esplicitandone correttamente il calcolo, come nel caso di specie. Peraltro, in
tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche,
ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda la dosimetria della
2

dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 c.p. e di quelle generiche. Si duole infine, della

pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la giurisprudenza di questa
Corte non solo ammette la c.d. motivazione implicita (Cass. pen. Sez. VI 22.9.2003 n.
36382 n. 227142) o con formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” v. Cass. pen.
Sez. VI 4.8.1998 n. 9120 rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni relative al
giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in
riferimento ai criteri di cui all’art. 133 c.p., sono censurabili in cassazione solo quando
siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. pen. Sez. III 16.6. 2004 n.
26908 rv. 229298); e certamente, nel caso di specie, non può sostenersi che il

arbitrio attesa la congrua motivazione addotta dal Giudice al riguardo.
Peraltro la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione della normativa di settore,
come costantemente interpretata dalla Corte di legittimità, secondo la quale in tema
di sostanze stupefacenti, ai fini della concedibilità o del diniego della circostanza
attenuante del fatto di lieve entità, il giudice è tenuto a complessivamente valutare
tutti gli elementi indicati dalla norma, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità
e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato
(quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa):
dovendo, conseguentemente, escludere la concedibilità dell’attenuante quando anche
uno solo di questi elementi porti ad escludere che la lesione del bene giuridico
protetto sia di “lieve entità” (di recente, Cass. Pen. Sez. IV, n. 43399 del 12.11.2010
Rv. 248947).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si
ritiene equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non
ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di
inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, addì 8.1.2014

diniego delle circostanze generiche e la quantificazione della pena siano frutto di

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