Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19714 del 14/04/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 19714 Anno 2015
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: MANNA ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da Moccardi Giovanni,
avverso la sentenza 11.3.13 della Corte d’Appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Antonio Manna;
udito il Procuratore Generale nella persona del Dott. Fulvio Baldi, che ha
concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore – Avv. Giovanna Menichino -, che ha concluso per
l’annullamento dell’impugnata sentenza in virtù dei motivi di cui al ricorso.

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza 11.3.13 la Corte d’Appello di Milano confermava — per quel che
rileva nella presente sede — la sentenza 23.1.09 con cui il GIP del Tribunale di
Busto Arsizio aveva dichiarato la penale responsabilità di Giovanni Moccardi per
il delitto di concorso in usura con Pasquale Di Martino ai danni di Massimiliano
Perrillo e rideterminava la pena in anni 2 di reclusione ed euro 2.600,00 di multa.
Tramite il proprio difensore Giovanni Moccardi ricorreva contro la sentenza, di
cui chiedeva l’annullamento per i motivi qui di seguito riassunti nei limiti
prescritti dall’art. 173 co. 1° disp. att. c.p.p.:

Data Udienza: 14/04/2015

-

2

a) difetto dell’elemento soggettivo del reato di usura, essendo stato costretto
il ricorrente a concorrervi per assecondare le richieste del Di Martino, di
cui lo stesso Moccardi era vittima, ed evitare che questi mettesse
all’incasso gli assegni consegnatigli;
b) mancata riqualificazione del reato di usura come favoreggiamento reale,
non avendo il ricorrente tratto alcun vantaggio dalla condotta
addebitatagli;

Martino, colpevole di numerosi reati.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1- Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
Il motivo che precede sub a) confonde l’elemento soggettivo del delitto di usura
— che è del tipo del dolo generico – con il movente del reato e con i presupposti
per l’applicazione dell’esimente dell’art. 54 c.p.
Quest’ultima è, ad ogni modo, incompatibile (anche a voler, in astratta ipotesi,
supporre che l’asserzione del ricorrente risponda al vero) con situazioni di
pericolo volontariamente cagionate dallo stesso soggetto attivo, oltre ad essere
applicabile soltanto a situazioni di pericolo attuale di danno grave alla persona
non altrimenti evitabile: tale non è il rischio della messa all’incasso di assegni in
precedenza consegnati all’atto della pattuizione di interessi usurari, trattandosi di
pericolo di danno al patrimonio e non alla persona, volontariamente cagionato dal
soggetto attivo che, in precedenza, abbia negoziato interessi usurari nel chiedere
un prestito e che è altrimenti evitabile (denunciando in sede penale l’usuraio).

2- Il motivo che precede sub b) è manifestamente infondato perché il delitto di
favoreggiamento reale p. e p. ex art. 379 c.p. postula che il soggetto attivo non
concorra nel delitto presupposto (“Chiunque fuori dei casi di concorso nel reato
… ), mentre nel caso di specie all’odierno ricorrente è stato contestato proprio il
concorso nel delitto di usura.

3- Il motivo che precede sub c) si colloca all’esterno del perimetro di cui all’art.
606 c.p.p., poiché i vizi in esso previsti sono sempre interni al provvedimento
impugnato (cfr., ex aliis, Cass. Sez. In. 4875 del 19.12.12, dep. 31.1.13).

c) eccessività della pena, anche avendo riguardo a quella irrogata al Di

3

Pertanto, non sono deducibili come motivo di ricorso per cassazione ipotetiche
disparità di trattamento nella determinazione della pena rispetto ad altri
coimputati e/o ad altri casi più o meno analoghi.

4- All’inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento a favore della

1.000,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i
principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.

P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale,
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagament delle spese
processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 14.4.15.

Cassa delle Ammende di una somma che stimasi equo quantificare in euro

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA