Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19712 del 08/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19712 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CAFA’ DEBORAK N. IL 17/01/1981
avverso la sentenza n. 702/2011 TRIBUNALE di AGRIGENTO, del
12/04/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 08/01/2014

Osserva
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Cafà Deborak avverso la sentenza
emessa in data 12.4.2012 ai sensi dell’art. 444 c.p.p. dal Giudice del Tribunale di
Agrigento con la quale veniva applicata alla predetta la pena concordata e
condizionalmente sospesa di mesi quattro di arresto ed € 1.000,00 di ammenda, con
il beneficio della non menzione, oltre alla sospensione della patente di guida per anni
due per il reato di cui all’art. 186 comma 2° lett. c) e comma 2° sexies C.d.S..

sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida in
assenza della previsione della computabilità di tale sanzione con quella disposta dal
Prefetto.
Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi manifestamente infondati.
Giova rammentare che con la sentenza di “patteggiamento” vanno applicate le
sanzioni amministrative accessorie, essendo il divieto, eccezionale, dell’art. 445 cod.
proc. pen. limitato alle pene accessorie ed alle misure di sicurezza diverse dalla
confisca obbligatoria. Ne consegue che con la sentenza ex art. 444 cod. proc. pen.
deve essere disposta la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della
patente di guida prevista dall’art. 186 comma 2 lett. c) C.d.S., e ciò persino se essa
sia stata già disposta dal prefetto. Infatti, all’esito dell’accertamento di violazione del
codice stradale il giudice, nell’applicare la sanzione amministrativa accessoria, deve
autonomamente determinare il periodo di sospensione definitiva della patente di
guida, prescindendo dalla determinazione provvisoria prefettizia (Cass. pen. Sez.
III, n. 37721 del 22.9.2006, Rv. 235532).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che
si ritiene equo liquidare in € 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non
ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di
inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, addì 8.1.2014

Deduce il vizio di motivazione in ordine alla determinazione della durata della

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