Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19696 del 27/03/2018


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19696 Anno 2018
Presidente: ANDREAZZA GASTONE
Relatore: MENGONI ENRICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Diodoro Giuseppe, nato a Teramo il 26/9/1933

avverso la sentenza del 15/6/2016 della Corte di appello di L’Aquila;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale Felicetta Marinelli, che ha concluso chiedendo dichiarare
inammissibile il ricorso;
udite le conclusioni dei difensori del ricorrente, Avv. Paologiulio Mastrangelo
e Achille Ronda, che hanno concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 15/6/2016, la Corte di appello di L’Aquila, in parziale
riforma della pronuncia emessa il 29/7/2014 dal Tribunale di Teramo, dichiarava
non doversi procedere nei confronti di Giuseppe Diodoro in ordine al reato
ascrittogli, limitatamente alla contestata omissione contributiva per il mese di
dicembre 2007, perché estinto per prescrizione, rideterminando la pena nel resto

Data Udienza: 27/03/2018

- previa esclusione della recidiva – in tre mesi, dieci giorni di reclusione e 400,00
euro di multa; allo stesso – quale legale rappresentante della ditta “Diodoro
Edilfer” – era contestato il delitto di cui agli artt. agli artt. 81 cpv. cod. pen., 2,
comma 1-bis, di. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla
I. 11 novembre 1983, n. 638, per aver omesso di versare all’I.n.p.s. le ritenute
assistenziali e previdenziali operate sulle retribuzioni dei dipendenti negli anni
2008/2009.
2. Propone ricorso per cassazione il Diodoro, a mezzo del proprio difensore,

– violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., per omessa
notifica dell’avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen. Contrariamente a quanto
indicato in sentenza, tale notifica sarebbe stata irritualmente effettuata – con
servizio postale – barrando la casella “destinatario persona giuridica” e non
quella “destinatario persona fisica”; al riguardo, peraltro, la fede privilegiata
dell’atto non consentirebbe di pervenire a conclusioni che stravolgano il dato
obiettivo, ad esempio ricorrendo – come affermato dalla Corte di merito – alla
comparazione della firma apposta sull’avviso in oggetto con altre risultanti in
successive notificazioni;
– inosservanza degli artt. 53 e ss., I. n. 689 del 1981; vizio motivazionale. Il
ricorrente risulterebbe gravato da un unico precedente doloso, commesso nel
1984, ed avrebbe versato oltre 20.000 euro allorquando era ampiamente
decorso il termine trimestrale dalla diffida del 17/12/2009, quando cioè non
avrebbe potuto più giovarsi di significativi benefici in sede penale; la sanzione
sarebbe stata individuata in termini prossimi ai minimi, peraltro con
riconoscimento della sospensione condizionale della pena. Orbene, premesso
tutto ciò, la sentenza avrebbe negato la conversione della pena, ai sensi del
citato art. 53, con motivazione contraddittoria e manifestamente illogica, ossia
per mera inadeguatezza all’entità del fatto ed alla personalità del ricorrente, pur
destinatario della sospensione condizionale.

Si chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO

Preliminarmente si osserva che la presente motivazione è redatta in forma
semplificata, ai sensi del decreto n. 68 del 28/4/2016 del Primo Presidente di
questa Corte.
3. Il ricorso risulta del tutto infondato.
Con riguardo al primo motivo, di natura processuale, rileva la Corte che lo
stesso è stato già adeguatamente affrontato dalla sentenza impugnata, e lì

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deducendo i seguenti motivi:

risolto con argomento congruo e non manifestamente illogico; come tale,
dunque, non censurabile. In particolare, il Collegio di merito ha evidenziato che:
a) l’avviso di ricevimento della raccomandata in esame (impiegata per notificare
l’avviso di cui all’art. 415-bis cod. proc. pen.) risultava barrato nella casella
“destinatario persona fisica”, sebbene in modo non centrato e “sconfinante” su
quello “destinatario persona giuridica”; b) in ogni caso, la firma del destinatario
risultava «uguale a quella apposta sull’avviso di ricevimento della raccomandata
relativa alla notifica dell’estratto contumaciale dell’appellata sentenza, parimenti

Un accertamento in fatto adeguatamente motivato, quindi, come tale non
censurabile in sede di legittimità, oltre che riscontrato anche da questa Corte,
attesa la natura della doglianza, con esame del fascicolo in atti.
4. In ordine, poi, al secondo motivo di gravame, si osserva in primo luogo
che, per costante e condiviso indirizzo di legittimità, ai fini della sostituzione
della pena detentiva con pena pecuniaria il giudice ricorre ai criteri previsti
dall’art. 133 cod. pen.; tuttavia, ciò non implica che egli debba prendere in
esame tutti i parametri contemplati nella suddetta previsione, potendo la sua
discrezionalità essere esercitata motivando sugli aspetti ritenuti decisivi in
proposito, quali l’inefficacia della sanzione. (Sez. 5, n. 10941 del 26/1/2011,
Orabona, Rv. 249717: in applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha
ritenuto immune da censure la motivazione con cui il giudice di appello confermando la decisione del G.u.p. che aveva condannato l’imputato alla pena
di mesi due di reclusione per il reato di lesioni personali – ha rigettato l’istanza di
conversione, ritenendo la pena pecuniaria inadeguata alla gravità del fatto ed
alla personalità dell’imputato, non esercitando la stessa efficacia afflittiva né
rieducativa in presenza di un comportamento violento. In termini, tra le altre,
Sez. 3, n. 19326 del 27/1/2015, Pritoni, Rv. 263558). Ciò premesso, la Corte di
appello ha fatto buon governo di questo canone ermeneutico, negando la
sostituzione de qua in ragione sia dell’entità del fatto (plurime omissioni,
ancorché in parte ormai prive di rilievo penale, per circa 53.600 euro) che della
personalità dell’imputato, “già gravato da due precedenti penali e che risulta
peraltro averne già usufruito, inutiliter, non esercitando la stessa efficacia”.
Un argomento del tutto adeguato, quindi, che sfugge alle censure proposte.
5. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché

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consegnato al “destinatario persona fisica”».

quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in euro 2.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.

sigliere estensore

Il Pr fdente

Così deciso in Roma, il 27 marzo 2018

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