Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19695 del 10/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19695 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
HAMMAMI ABDELJAWED DETTO “JAWAD” N. IL 14/01/1982
EL AIACHI MOHAMED N. IL 10/10/1972
GNOUMI HOUSSAMEDDINE ALIAS N. IL 21/03/1983
ACHOUR RAMZI DETTO “COCO” N. IL 14/02/1986
avverso la sentenza n. 10163/2014 GIP TRIBUNALE di GENOVA, del
19/09/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 10/04/2015

,

1) Con sentenza del 19/9/2014 il &IP del Tribunale di Genova applicava a Hammami
Abdeljawed, El Aiachi Mohamed, Gnoumi Houssameddine, Achour Ramzi, ritenuta la
diminuente per la scelta del rito, la pena concordata ex art.444 c.p.p. per i reati di cui
all’art.73 DPR 309/90 ad essi rispettivamente ascritti.
Ricorrono per cassazione gli imputati, con separati ricorsi, denunciando la violazione
di legge ed il difetto di motivazione in ordine al mancato proscioglimento ex art.129
c.p.p. e Gnoumi anche la mancanza o manifesta illogicità della motivazione in ordine
alla congruità della pena.
2) I ricorsi sono manifestamente infondati.
2.1) Va premesso che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo
processuale in virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si accordano sulla
qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza di circostanze,
sulla comparazione delle stesse, sull’entità della pena, su eventuali benefici. Da parte
sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla dopo aver accertato che non
emerga in modo evidente una della cause di non punibilità previste dall’art.129 c.p.p..
Ne consegue che, una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena ex art.444
c.p.p. l’imputato non può rimettere in discussione profili oggettivi o soggettivi della
fattispecie perché essi sono coperti dal patteggiamento.
2.2) Quanto alla motivazione in ordine alla mancata applicazione dell’art.129 c.p.p.
questa Corte ha costantemente affermato che occorre una specifica indicazione
“soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti
elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece
ritenersi sufficiente in caso contrario, una motivazione consistente nella enunciazione
anche implicita che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non
ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art.129 c.p.p.” (ex multis
sez.un.27.3.1992- Di Benedetto; Sez.un.27.9.1995 n.18; Sez. 2 n.6455 di 17.11.2011).
2.3) In ordine alla congruità della pena, secondo la giurisprudenza di questa Corte “In
mancanza di elementi macroscopicamente rivelatori di incongruità, per eccesso o per
difetto, il giudizio in ordine alla ritenuta congruità della pena patteggiata nei limiti di
cui all’art.27 comma terzo Costituzione può dirsi adeguatamente motivato, quando il
giudice si limiti ad esplicitare la propria valutazione in tal senso, allorchè risulti dal
contesto dell’intera decisione che, nella valutazione complessiva, egli ha tenuto
presenti quegli elementi che possono assumere rilevanza determinante, come le
circostanze del reato e la condizione personale dell’imputato” (cfr.Cass.sez.6, ord.
n.549 dell ‘11.2.1994).
Sicchè “Nella motivazione della sentenza applicativa della pena richiesta dalle parti
appare sufficiente il rilievo che detta pena, ricompresa nei limiti di legge inderogabili,

1

OSSERVA

è congrua: ciò dimostra l’avvenuto controllo da parte del giudice di tale rilevante
elemento dell’accordo intervenuto tra imputato e P.M. e la valutazione favorevole
operata ai fini dell’art.27 comma terzo Cost.” (Cass.sez.1 n.1878 del 28.3.1995).
2.3) Il &IP ha ampiamente argomentato in ordine alla mancanza dei presupposti per
applicare l’art.129 c.p.p. (risultando piuttosto dagli atti la prova della responsabilità
dei prevenuti in ordine ai reati rispettivamente ascritti – pag.2 e ss. sent.).
Ha poi ritenuto congrua la pena concordata da Goumi, richiamando tutti i criteri di cui
all’art.133 c.p.
2.4) I ricorsi debbono quindi essere dichiarati inammissibili, con condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a
favore della cassa delle ammende della somma che pare congruo determinare in euro
1.500,00 ciascuno, ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali ed al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro 1.500,00
ciascuno.
Così deciso in Roma il 10/4/2015
Il Consigliere est.
I Presidente

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