Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19682 del 16/03/2018


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19682 Anno 2018
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
AMODEO GIOVANNI nato il 12/05/1938 a ROMA
AMODEO AGNESINA nato il 28/08/1944 a ROMA

avverso la sentenza del 22/09/2016 del TRIBUNALE di AVELLINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere ALESSIO SCARCELLA
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore dott. SANTE
SPINACI, che ha concluso per l’annullamento con rinvio per morte del ricorrente
AMODEO AGNESINA, rigetto per AMODEO GIOVANNI;
Udito il difensore di parte civile, avvocato ESPOSITO ALAIA GIUSEPPE, che
deposita in udienza procura speciale, nota spese e conclusioni scritte alle quali si
riporta;
Udito per i ricorrenti, il difensore avvocato G.P. PEZZUTI, che, nel riportarsi ai
motivi di ricorso, chiede in subordine annullarsi la sentenza senza rinvio per
AMODEO AGNESINA per morte del reo;

Data Udienza: 16/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza 22.09.2016, il Tribunale di Avellino dichiarava gli attuali ricorrenti
colpevoli del reato di cui all’art. 674, c.p. per aver provocato esalazioni atte ad
offendere e molestare le persone, in relazione a fatti accertati sino al 29.05.2014,
contestati come commessi secondo le modalità esecutive e spazio – temporali

scuno di ammenda, in esito al giudizio abbreviato e con il concorso di attenuanti
generiche per entrambi, condannandolo altresì al risarcimento dei danni in favore
della parte civile costituita da liquidarsi in separata sede.

2. Contro la sentenza hanno proposto personalmente congiunto ricorso per cassazione gli imputati, prospettando due identici motivi che meritano pertanto di
essere congiuntamente illustrati, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deducono, con il primo motivo, la violazione di legge ed il vizio di mancanza
assoluta di motivazione con riferimento alla dedotta e non rilevata nullità’dell’accertamento di PG eseguito in violazione dell’art. 114 disp. att. c.p.p., e degli artt.
356, 354, 178, co. 1, . lett. c) e 180, 182, co. 2, secondo periodo, c.p.p.
Sostengono i ricorrenti che il giudice avrebbe totalmente omesso di pronunciarsi
in merito alla dedotta nullità dell’accertamento di PG eseguito in data 29.05.2014
per mancato avvertimento degli imputati sulla possibilità di farsi assistere da un
difensore; detta nullità era stata tempestivamente eccepita dai difensori nel giudizio di primo grado, prima della deliberazione della sentenza; l’avvertimento del
diritto all’assistenza difensiva ex art. 114 disp. att. c.p.p. sarebbe sicuramente
riferibile anche agli accertamento di PG come quello eseguito presso l’abitazione
della ricorrente Amodeo Ageesina in data 29.05.2014 e non risulta dall’accertamento di PG che sia stato fornito agli imputati un avvertimento sulle possibilità di
nominare il difensore; sulla tempestività dell’eccezione, richiama la decisione delle
Sezioni Unite di questa Corte n. 5396/2015, che nel confermare la natura di nullità
a regime intermedio, precisa che detta eccezione debba essere sollevata fino al
momento della deliberazione della sentenza di primo grado come avvenuto all’ud.
22.09.2016; l’omessa pronuncia sull’eccezione, pertanto, inficerebbe la sentenza
impugnata.

meglio descritte nel capo di imputazione, condannandoli alla pena di 92,00 € cia-

2.2. Deducono, con il secondo motivo, la violazione di legge ed il vizio di mancanza
assoluta di motivazione per il mancato riconoscimento della causa di non punibilità
di cui all’art. 131 bis, c.p.
Il giudice avrebbe totalmente omesso di pronunciarsi in merito alla ulteriore richiesta difensiva, formalizzata all’ud. 21.09.2016, circa l’applicazione della speciale causa di non punibilità di cui sopra; risulterebbe assolutamente evidente la

che per la non abitualità del comportamento, del resto essendo evidente l’esiguità
del danno derivante dal reato che denotava scarso allarme sociale, avendo peraltro
il giudice tenuto conto dello stato di incensuratezza degli imputati, avendo agli
stessi riconosciuto le circostanze attenuanti generiche, senza tuttavia motivare
sulla non applicabilità dell’art. 131 bis, c.p., ciò che, anche per recente giurisprudenza richiamata in ricorso, renderebbe viziata la sentenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il congiunto ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.

4. Ed invero, quanto alla doglianza di cui al primo motivo, secondo cui il giudice
avrebbe totalmente omesso di pronunciarsi in merito alla dedotta nullità dell’accertamento di PG eseguito in data 29.05.2014 per mancato avvertimento degli
imputati sulla possibilità di farsi assistere da un difensore, nullità tempestivamente
eccepita prima della deliberazione della sentenza di primo grado, è sufficiente rilevare che il giudizio si è svolto nelle forme del rito abbreviato, cúi gli imputati
erano stati ammessi all’udienza del 18.02.2016, con rinvio del processo per le
conclusioni all’ud. 22.09.2016, udienza nel corso della quale la difesa aveva sollevato l’eccezione di nullità per violazione dell’art. 114, disp. att., c.p. e delle ulteriori
norme processuali collegate, avanzando contestualmente richiesta di applicazione
dell’art. 131 bis c.p.
E’ ben vero che le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che la nullità
conseguente al mancato avvertimento della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, in violazione dell’art. 114 disp. att. cod. proc. pen., può essere
tempestivamente dedotta, a norma del combinato disposto degli artt. 180 e 182,
comma secondo, secondo periodo, cod. proc. pen., fino al momento della deliberazione della sentenza di primo grado (Sez. U, n. 5396 del 29/01/2015 – dep.
05/02/2015, P.G. in proc. Bianchi, Rv. 263023), ma è altrettanto vero che, trattandosi di nullità di ordine generale ed a regime intermedio, la stessa deve ritenersi sanata, ai sensi dell’art. 183 cod. proc. pen., qualora l’imputato formuli una
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ricorrenze dei presupposti normativi per l’applicazione, sia per la tenuità dell’offesa

richiesta di rito abbreviato (v., sul punto: Sez. 4, n. 16131 del 14/03/2017 – dep.
30/03/2017, Nucciarelli, Rv. 269609).
L’intervenuta sanatoria della nullità conseguente alla scelta del rito, pertanto, determina la manifesta infondatezza del primo motivo.

5. Ad analogo approdo deve pervenirsi con riferimento al secondo motivo, con cui

rito alla ulteriore richiesta difensiva, formalizzata all’ud. 21.09.2016, circa l’applicazione della speciale causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis, c.p.
Sul punto, è sufficiente rilevare come, nel caso di specie, dal complesso della motivazione della sentenza impugnata emergesse inequivocabilmente un giudizio di
non particolare tenuità del fatto; il giudice, in particolare, nell’esprimere il giudizio
di responsabilità penale di entrambi gli imputati, descrive in chiave del tutto negativa il loro comportamento, a prescindere dal riconoscimento delle attenuanti
generiche (e valutata anche la natura permanente del reato in esame ex Sez. 3,
n. 19637 del 27/01/2012 – dep. 24/05/2012, Ghidini, Rv. 252890, ciò che, pur
non coincidendo con l’abitualità richiesta dall’art. 131-bis, c.p., importa una attenta valutazione con riferimento alla configurabilità della particolare tenuità
dell’offesa, la cui sussistenza è tanto più difficilmente rilevabile quanto più a lungo
si sia protratta la permanenza, come avvenuto nel caso in esame; cfr. in termini
Sez. 3, n. 47039 del 08/10/2015 – dep. 27/11/2015, P.M. in proc. Derossi, Rv.
265448) -, osservando come gli stessi, nonostante le numerose denunce-querèle,
non avessero mai provveduto all’adeguata manutenzione dei gatti e degli altri animali, mostrando totale disinteresse per i gravi problemi causati al vicinato, in particolare alla costituita parte civile ed alla sua famiglia.
In tale contesto, dunque, il rigetto della richiesta di applicazione dell’art. 131 bis,
c.p. risulta per implicito dallo stesso tenore argomentativo della sentenza impugnata, come del resto consentito al giudice di merito; è stato infatti già affermato
da questa Corte che l’assenza dei presupposti per l’applicabilità della causa di non
punibilità per la particolare tenuità del fatto può essere rilevata anche con motivazione implicita (Sez. 5, n. 24780 del 08/03/2017 – dep. 18/05/2017, Tempera,
Rv. 270033).
Alla stregua di quanto sopra, pertanto, l’omessa pronuncia del giudice su ambedue
le questioni dedotte davanti al giudice di merito, non è idonea ad inficiare la sentenza impugnata considerata la manifesta infondatezza dei motivi di ricorso, trovando quindi applicazione il principio secondo cui non costituisce causa di annui-

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si censura il fatto che il giudice avrebbe totalmente omesso di pronunciarsi in me-

lamento della sentenza impugnata il mancato esame di un motivo che risulti manifestamente infondato (v., tra le tante: Sez. 3, n. 21029 del 03/02/2015 – dep.
21/05/2015, Dell’Utri, Rv. 263980).

6. Deve, peraltro, essere rilevato che l’imputata AMODEO AGNESINA, a seguito di
accertamenti disposti per le vie brevi dalla cancelleria di questa Sezione ai quali è

P del 16.03.2018, trasmessa dalla predetta Stazione carabinieri ed in atti allegata)
risulta essere deceduta. L’impugnata sentenza dev’essere pertanto annullata
senza rinvio nei confronti della stessa, per essere il reato estinto per morte del
reo.

7. Alla stregua delle considerazioni che precedono il ricorso del coimputato dev’essere, invece, dichiarato inammissibile.
Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello
del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in 2.000,00 euro e delle spese relative all’azione civile, liquidate
come da dispositivo in applicazione dei parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014.

P.O.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di AMODEO
AGNESINA per essere il reato estinto per morte dell’imputata; dichiara inammissibile il ricorso di AMODEO GIOVANNI che condanna al pagamento delle spese del
procedimento e della somma di C 2000,00 in favore della Cassa delle ammende
nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile VACCHIANO MARIANO
che liquida in complessivi C 3500,00, oltre spese generali nella misura del 15% ed
accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 16 marzo 2018

Il Consi

estensore

Il Pre •dente

stato dato riscontro da parte della Stazione CC di Baiano (nota 051850/6 di prot.

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