Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19678 del 19/03/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 19678 Anno 2014
Presidente: DE ROBERTO GIOVANNI
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MORLEO ALESSANDRO N. IL 09/05/1985
avverso l’ordinanza n. 1010/2013 TRIB. LIBERTA’ di LECCE, del
27/12/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS;
4ette/sentite le conclusioni del PG Dott. C.1-4 GlCZ.; E E Ft

La t: 4-4L–

Uditi difensor Avv.;

e..P

e 1.,_

Data Udienza: 19/03/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 27 dicembre 2013 il Tribunale di Lecce ha rigettato
l’appello proposto da Morleo Alessandro avverso l’ordinanza della Corte
d’appello di Lecce del 29 novembre 2013, con la quale gli era stata applicata,
ai sensi dell’art. 276, comma 1-ter, c.p.p., la misura della custodia cautelare in

quanto ritenuto responsabile di evasione.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il
difensore di Morleo, deducendo l’errata interpretazione dell’art. 276, comma

I-

ter, c.p.p., e la manifesta illogicità della motivazione, sul presupposto che, nel
caso di specie, non vi è stata alcuna violazione della prescrizione annessa alla
misura degli arresti domiciliari, poichè l’imputato non ha trasgredito alcun
obbligo impostogli nell’autorizzazione ad espletare l’attività lavorativa, ed il
fatto di essere andato via dal posto di lavoro, prima della fine del turno, per
recarsi presso la propria dimora, non comporta alcuna violazione, perché nulla
imponeva al Morleo di dare avviso di eventuali entrate o uscite presso il posto
di lavoro.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile, in quanto manifestamente infondato.

4. Questa Suprema Corte ha più volte affermato (da ultimo, Sez. 6, n.
3744 del 09/01/2013, dep. 23/01/2013, Rv. 254290; Sez. 5, n. 1821 del
29/09/2011, dep. 17/01/2012, Rv. 251715; Sez. 5, n. 1821 del 29/09/2011,
dep. 17/01/2012, Rv. 251715) il principio secondo cui la trasgressione alle
prescrizioni concernenti il divieto di allontanarsi dal luogo di esecuzione degli
arresti domiciliari determina, ex art. 276, comma primo – ter, cod. proc. pen.,
la revoca obbligatoria degli arresti domiciliari, seguita dal ripristino della
custodia cautelare in carcere, senza che al giudice, una volta accertata la
i

carcere in sostituzione della precedente misura degli arresti domiciliari, in

trasgressione, sia riconosciuto un potere di rivalutazione delle esigenze
cautelari.
Nel caso in esame, invero, il Tribunale ha fatto buon governo di tali
principii, ponendo in evidenza, da un lato, che il ricorrente si è allontanato, del
tutto ingiustificatamente, dal luogo di esecuzione della misura (un esercizio
commerciale ove era stato autorizzato a svolgere attività lavorativa entro

lato, che tale condotta non era giustificata da alcuno stato di necessità legato
ad un improvviso malore (secondo quanto riferito dal datore di lavoro e padre
della sua convivente), o comunque a motivi di salute, non essendo stato
fornito al riguardo alcun elemento significativo di riscontro, ed anzi rimanendo
smentito l’assunto difensivo dall’esito dell’immediato controllo effettuato dagli
operanti presso l’abitazione del ricorrente, ove egli è risultato assente,
sopraggiungendo presso la sua abitazione solo dopo alcuni minuti, a bordo di
un’autovettura con la quale viaggiava in compagnia della convivente.

5. A fronte di tale completo apprezzamento delle emergenze
procedimentali, esposto attraverso un insieme di sequenze motivazionali chiare
e prive di vizi logici, il ricorrente non ha individuato passaggi o punti della
decisione tali da inficiare la complessiva tenuta del discorso argomentativo
delineato dal Tribunale, né ha soddisfatto l’esigenza di una critica puntuale e
ragionata che deve informare l’atto di impugnazione, ma ha sostanzialmente
contrapposto una lettura alternativa delle risultanze processuali, facendo leva,
peraltro con asserzioni del tutto generiche, sull’apprezzamento di profili di
merito già puntualmente vagliati in sede di appello cautelare, ed il cui esame
non è, evidentemente, sottoponibile al giudizio di questa Suprema Corte.
Giova al riguardo ribadire il consolidato quadro di principii secondo cui
l’impugnazione è inammissibile, per genericità dei motivi, qualora difetti ogni
indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione
impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto di impugnazione, il cui
contenuto non può di certo ignorare le affermazioni del provvedimento
censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità (v., ex multis, Sez. 6, n. 39926
2

precise fasce orarie giornaliere determinate dalla Corte d’appello), dall’altro

del 16/10/2008, dep. 24/10/2008, Rv. 242248; Sez. 4, n. 34270 del
03/07/2007, dep. 10/09/2007, Rv. 236945).

6. Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere
dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente, ex art.
616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa

euro mille.
La Cancelleria provvederà all’espletamento degli incombenti di cui all’art.
94, comma 1 ter, disp. att., c.p.p..

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma
disp. att., c.p.p. .

Così deciso in Roma, lì, 19 marzo 2014.

1 ter,

delle ammende di una somma che si stima equo quantificare nella misura di

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