Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19676 del 16/04/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 19676 Anno 2014
Presidente: DE ROBERTO GIOVANNI
Relatore: LANZA LUIGI

SENTENZA
decidendo sul ricorso proposto da Musolino Giovanni,

nato il giorno

18 giugno 1943, avverso la sentenza 14 giugno 2013 della Corte di
appello di Messina.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso.
Udita la relazione fatta dal Consigliere Luigi Lanza.
Sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore
Generale Elisabetta Cesqui che ha concluso per la declaratoria di
inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 16/04/2014

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1. Musolino Giovanni ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso
la sentenza 14 giugno 2013 della Corte di appello di Messina che, in
parziale riforma della sentenza del Tribunale monocratico di Messina,

ai capi A) e B), assolvendolo dal capo C) perchè il fatto non sussiste, ha
dichiarato non doversi procedere per il reato del capo sub A) perché
estinto per prescrizione, rideterminando la pena in mesi 4 di reclusione
per le altre imputazioni, con conferma nel resto.
1.1. Al Musolino sono state contestate:
a) al capo A: la violazione degli artt. 81 e 660 e p. perché
molestava ripetutamente e per un lungo periodo di tempo (circa sei
anni) Randazzo Rosa , sia in pubblico ( per strada ) che presso il luogo
di lavoro della stessa ( Ufficio Postale Via Garibaldi 19 succursale n 2 )
ed inoltre con un elevato numero di telefonate anche anonime per
petulanza e al fine di iniziare una relazione sentimentale non gradita, in
Messina sino al 12. dicembre 2006;
b) al capo B): la violazione degli artt. 81. 340 cod. pen. perché
in tempi diversi e con più azioni esecutive del medesimo disegno
criminoso turbava la regolarità del servizio pubblico nell’Ufficio Postale
succursale n 2 di via Garibaldi 190, molestando Randazzo Rosa,
impiegata postale nel mentre la stessa svolgeva il suo servizio,
infastidendo per futili motivi sia gli impiegati che gli utenti e causando
l’intervento della Polizia; in Messina, accertato sino al 12. dicembre
2006;
c) al capo C): la violazione degli artt. 56 e 610 cod. pen. perché
con violenze consistite in assidui e quotidiani pedinamenti e nelle
condotte di cui ai capi che precedono, nonché con minacce di morte,
compiva atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere Randazzo
Rosa ad accettare una relazione non gradita . evento non verificato per

in data 16 marzo 2010, che lo aveva ritenuto colpevole dei reati di cui

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il rifiuto della persona offesa; in Messina accertato sino al 12 dicembre
2006.
2. La corte distrettuale ha ribadito la sussistenza del delitto ex

interruzione vi sia stata, se non quel transeunte trambusto, derivante
dall’invito perentorio del direttore al MUSOLINO e dalla chiamata della
Polizia, giunta quando l’imputato era già andato via ».
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con un unico motivo di impugnazione viene dedotta
inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonché vizio di
motivazione sotto il profilo della sussistenza del delitto di interruzione
di un servizio pubblico affermata attraverso una non consentita
estensione nell’interpretazione della norma.
1.1.In particolare si evidenzia che nella specie:
a) la presenza quasi quotidiana del Musolino nell’Ufficio postale
non aveva mai determinato rallentamenti nell’attività di servizio,
oppure “momenti di confusione e sgomento tra gli utenti”: la stessa
querelante ha infatti affermato che la condotta del ricorrente non
aveva creato disservizi nel suo ambiente di lavoro;
b) in ogni caso, mancherebbe, nel comportamento attribuito
all’imputato, quella connotazione di durata ed intensità idonee a
turbare la regolarità del servizio;
2. Ritiene la Corte che la censura sia fondata per quanto verrà
ora motivato.
2.1. In proposito, va premesso che, ai fini dell’integrazioneconsumazione dell’illecito, nel quale è da escludere che l’impiegata
Randazzo, querelante, possa assumere la qualità di persona offesa
(Cass. pen. sez. 6, u.p. 12 gennaio 2012 Gentile), è richiesto un
pregiudizio effettivo (cass. pen. sez. VI, u.p. 22 settembre 2011 p.m.
c./ Caputo; conforme 30 ottobre 2013 Giannotti), con un fattuale

art. 340 cod. pen., pur ritenendo pacifico che, nella vicenda «nessuna

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rilievo dell’alterazione della regolarità dell’ufficio o del servizio, la quale
deve essere concretamente apprezzabile e non basata esclusivamente
su soggettivi apprezzamenti (cass. pen. sez. 6. u.p. 1 febbraio 2012

3.2. Occorre infine rammentare che il turbamento della
regolarità, che ben può essere sostenuto dal solo dolo eventuale (cass.
pen. sez. (21 maggio 2012 Morana e Pianeta, 9 aprile 2013 Trippitelli),
deve comportare e causare un’alterazione del funzionamento
dell’Ufficio o servizio, ancorché temporanea, ma apprezzata nel suo
complesso, ed espressa con modalità tali ed in grado di incidere,
alterando, la concreta operatività globale dell’attività in questione
(cass. pen. sez. 6, u.p. 4 giugno 2013 Fallù).
3.3. Nella specie, la corte distrettuale, pur ritenendo pacifico che,
nella vicenda «nessuna “interruzione” vi sia stata, se non quel
transeunte trambusto, derivante dall’invito perentorio del direttore al
MUSOLINO e dalla chiamata della Polizia, giunta quando l’imputato era
già andato via », ha affermato la sussistenza dell’azione esecutiva e
della soggettività del delitto, desumendola:
a)

dall’esito di una «disagevole o difficoltosa regolarità delle

prestazioni» dell’Ufficio postale nella cui sede il ricorrente (“innamorato
respinto” dall’impiegata Randazzo) era solito “stazionare” “, talora
anche in assenza di operazioni da compiere;
b) dalla “pesante alterazione” delle condizioni di lavoro dell’intero
ufficio, conseguente alla sistematicità dei comportamenti dell’imputato;
c) dalla realtà di un servizio, rallentato a causa del “nervosismo”,
creato nel personale e nell’utenza, dalla condotta di disturbo del
ricorrente;
d) dal finale “potenziale disincentivo”, anche per l’utenza, a
servirsi di quell’ufficio postale.

Savigni).

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3.4. Ciò posto, ritiene il Collegio, una volta escluso dal giudice di
merito l’evento “interruzione”, che l’inquadramento della condotta del
ricorrente -nello schema dogmatico dell’art. 340 cod. pen.- esiga, da

degli elementi costitutivi della fattispecie, che non può fondarsi solo su
realtà interpretate (soggettive percezioni ed apprezzamenti dei
componenti l’Ufficio o dell’Utenza), ma deve essere ancorata al
concreto, oggettivo ed efficace risultato di interferenza della condotta
contestata su quello che costituiva -in quel preciso contesto- lo
“standard usuale” della complessiva operatività ed efficienza dell’ufficio.
3.5. Ne consegue quindi l’annullamento con rinvio della gravata
sentenza con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Reggio
Calabria , la quale, nella piena libertà delle valutazioni di merito di
competenza, porrà rimedio alle rilevate invalidità, nel rispetto dei
principi di diritto dianzi indicati, considerato che
argomentativo, seguito dalla prima corte territoriale

il percorso
si rivela

gravemente carente sul piano della giustificazione logico-giuridica della
decisione assunta.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Reggio
Calabria per nuovo giudizio.
Così deciso in Roma il giorno16 aprile 2014

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

parte dei giudici di merito, una più articolata e diversa giustificazione

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