Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19671 del 06/03/2018


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 19671 Anno 2018
Presidente: SARNO GIULIO
Relatore: CERRONI CLAUDIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Sabatini Gabriele, nato a Vimercate il 26/04/1959

avverso la sentenza del 13/12/2017 della Corte di Appello di Milano

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Claudio Cerroni;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Gianluigi Pratola, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 13 dicembre 2017 la Corte di Appello di Milano, in
parziale riforma della sentenza del 20 luglio 2016 del Tribunale di Lecco, ha
infine rideterminato in mesi uno e giorni dieci di reclusione ed euro 200 di multa
la pena complessivamente inflitta a Gabriele Sabatini, quale legale
rappresentante della ditta W.K.M. Factory, ed in relazione alla sola annualità
2010, per il reato di cui agli artt. 81 capoverso, cod. pen., nonché 2, comma 1-

bis, del decreto legge 12 settembre 1983 n. 463, conv. in legge 11 novembre
1983, n. 638.

Data Udienza: 06/03/2018

2. Avverso la predetta decisione è stato proposto ricorso per cassazione con
unico articolato motivo di impugnazione.
2.1. In particolare, il ricorrente ha dedotto erronea applicazione di norme
nonché vizio motivazionale (sotto il profilo del travisamento della prova e della
contraddittorietà del ragionamento), in considerazione dell’invocata assoluta
impossibilità di adempiere al debito d’imposta, da ritenere quale esclusione della
responsabilità penale in caso di dimostrata non imputabilità della crisi d’impresa
e di impossibilità di fronteggiare in concreto la carenza di liquidità, anche

al ragionamento della Corte territoriale (che di tali aspetti non si era occupata),
erano già intervenute due sentenze di proscioglimento in relazione all’impresa
del ricorrente, ed era stato documentato il pagamento in favore di Equitalia di
ben 287.000 euro, a fronte di rateizzazioni riferite ad omessi versamenti degli
anni precedenti.
Altrimenti detto, il ricorrente ha affermato di non avere saldato le ritenute
previdenziali confidando di farvi fronte con la postergazione.
Alla stregua di ciò, andava applicata l’esimente della forza maggiore di cui
all’art. 45 cod. pen., tenuto conto dei consistenti versamenti personali effettuati
dall’imputato e del contestuale pagamento rateizzato in favore dell’Erario. In
ogni caso l’indisponibilità di liquidità, non fronteggiabile attraverso altre idonee
misure, andava ad incidere sull’elemento soggettivo stante l’inesigibilità della
condotta.
3. Il Procuratore generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è infondato.
4.1. In relazione al complesso motivo di impugnazione, non vi è questione
circa il mancato tempestivo pagamento, voluto, dei contributi previdenziali ed
assistenziali.
4.2. Non vi è neppure contestazione in ordine alla nuova configurazione del
reato contestato, siccome ricordata dalla Corte territoriale. Infatti, mentre
secondo la previgente configurazione il delitto in esame si consumava alla
scadenza della singola mensilità, venendo in rilievo, in caso di più omissioni, una
ipotesi di continuazione tra una pluralità di violazioni, secondo l’attuale regime la
fattispecie considerata configura il superamento della soglia annuale quale vero e
proprio elemento caratterizzante il disvalore di offensività, che viene a segnare,
tra l’altro, il momento consumativo dello stesso (Sez. 3, n. 37232 del
11/05/2016, Lanzoni, Rv. 268308).

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facendo ricorso alle azioni sul patrimonio personale. In specie, e contrariamente

In altri termini, in passato si era affermato che il reato in questione, da
considerarsi come “omissivo proprio istantaneo”, si perfezionava,
indipendentemente dall’entità dell’importo non versato, all’atto dello scadere del
termine previsto per il pagamento, allorché il soggetto attivo non avesse
provveduto a corrispondere quanto avrebbe dovuto, in precedenza, accantonare.
Attualmente, in esito alla novella di cui al d.lgs. 8 del 2016, il momento
consumativo si identifica invece in quello in cui, dopo la scadenza di una o più
mensilità, sia superata, nell’arco del medesimo anno solare, la soglia prima

Ne consegue, dunque, che dopo la recente modifica normativa, la condotta
del reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali può configurarsi
anche attraverso una pluralità di omissioni, compiute nel periodo annuale di
riferimento, le quali, singolarmente considerate, possono di per sé anche non
costituire reato; sicché la consumazione del delitto può essere istantanea o di
durata e, in quest’ultimo caso, ad effetto prolungato sino al termine dell’anno in
contestazione (Sez. 3, n. 35589 del 11/05/2016, Di Cataldo, Rv. 268115).
4.3. Sempre in premessa, va altresì osservato che la Corte territoriale ha
dato atto della produzione delle sentenze di assoluzione pronunciate dai Tribunali
di Monza e di Lecco, peraltro rilevando che esse potevano fornire la prova del
fatto, ma non della valutazione giuridica di tale fatto.
4.4. Nel merito della censura, il ricorrente ha ribadito che la situazione di
crisi aziendale non gli aveva consentito di adempiere agli obblighi contributivi;
con ciò prefigurandosi, da un lato, una situazione di forza maggiore idonea a
escludere l’attribuibilità della condotta omissiva in capo all’imputato e, dall’altro
lato, la mancanza del prescritto coefficiente psicologico. Secondo la previsione
contenuta nell’art. 45 cod. pen., infatti, “non è punibile chi ha commesso il fatto
per caso fortuito o per forza maggiore”.
4.5. Ciò posto, è assegnata al “caso fortuito” la valenza di una situazione
“scusante”, come tale idonea ad escludere l’elemento soggettivo in quanto

ricordata.

consistente in un avvenimento “imprevisto e imprevedibile” che si sovrappone
alla condotta dell’agente, la quale, conseguentemente, non può, in alcun modo e
nemmeno a titolo di colpa, farsi risalire alla dimensione psichica e soggettiva
dell’agente (ex plurimis, Sez. 4, n. 6982 del 19/12/2012, dep. 2013, D’Amico,
Rv. 254479); mentre la “forza maggiore” si configura come un evento,
naturalistico o umano, che fuoriesca dalla sfera dì dominio dell’agente e che sia
tale da determinarlo incoercibilmente (vis maior cui resisti non potest) verso la
realizzazione di una determinata condotta, attiva od omissiva, la quale,
conseguentemente, non può essergli giuridicamente attribuita (in questa
direzione Sez. 5, n. 23026 del 3/04/2017, Mastrolia, Rv. 270145). Secondo
questa ricostruzione, dunque, la forza maggiore si colloca su un piano distinto e

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Jir

logicamente antecedente rispetto alla configurabilità dell’elemento soggettivo,
ovvero nell’ambito delle situazioni in grado di escludere finanche la cd. suitas
della condotta.
Ora, secondo la prospettazione difensiva la situazione di crisi di impresa
avrebbe impedito, in termini di una assoluta impossibilità, di adempiere agli
obblighi contributivi; impedimento che il giudice di merito avrebbe dovuto
apprezzare con riferimento allo specifico momento della scadenza dell’obbligo
contributivo. Dunque, secondo questa impostazione, si verserebbe proprio

Mentre i pagamenti sarebbero stati organizzati postergandoli, come dimostrava
anche l’ingente somma versata ad Equitalia in relazione alle precedenti
annualità.
5. In fatto, peraltro, doveva escludersi siffatta situazione di impossibilità,
atteso che rappresenta circostanza pacifica l’avvenuta erogazione, alla scadenza
mensile della relativa obbligazione retributiva, dello stipendio ai dipendenti;
segno, evidentemente, che la crisi di liquidità non era affatto assoluta e che,
pertanto, l’impresa non si trovava in quella situazione di impossibilità di
compiere scelte alternative, ovvero nella condizione di una condotta (omissiva)
irresistibilmente coartata verso un determinato risultato o effetto (il mancato
versamento delle ritenute previdenziali). Ciò che, pertanto, consente di rilevare
la palese insussistenza, nella specie, di una situazione di “forza maggiore”.
Invero la corresponsione, ogni mese, delle retribuzioni, non ha consentito di
dimostrare la dedotta situazione di impossibilità di adempimento delle
obbligazioni previdenziali alla scadenza del termine mensile. Pertanto la
condizione di assoluta illiquidità non è stata dimostrata nella sua reale efficienza
causale rispetto alla condotta omissiva.
In proposito, inoltre, è stato più volte osservato che non è possibile
riconoscere alcuna valenza esimente o anche semplicemente scusante a una
situazione astrattamente idonea a escludere l’elemento soggettivo e finanche la
suitas

della condotta, quando tale situazione sia stata preordinata alla

realizzazione della condotta medesima o anche solo prevista come certa o
altamente probabile, secondo uno schema riconducibile al cd. dolo eventuale. Nel
caso di specie, anche a voler ritenere dimostrata l’impossibilità del versamento
alla scadenza del termine per gli adempimenti contributivi, l’agente doveva avere
previsto come risultato certo che, a fronte della reiterazione, mese dopo mese,
del pagamento delle retribuzioni, non avrebbe potuto adempiere agli obblighi
contributivi, essendo necessario procedere all’ulteriore pagamento delle
spettanze dei lavoratori; ciò che del resto è stato apertamente rivendicato,
quantomeno nelle fasi di merito.

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nell’ambito tipico della cd. “forza maggiore” nell’accezione prima delineata.

In proposito, va altresì aggiunto che, in ipotesi di conflitto tra l’obbligo
contributivo e il diritto dei lavoratori a percepire la retribuzione agli stessi
spettante, non illogicamente è stato ritenuto di dover accordare prevalenza a
quello che, solo, riceve, secondo la non irragionevole scelta del legislatore, una
tutela penalistica attraverso la previsione della fattispecie incriminatrice qui in
rilievo. Pertanto, l’imputato avrebbe dovuto, dinnanzi al contestuale sorgere
delle due obbligazioni, accantonare le somme corrispondenti al debito
previdenziale, onde provvedere al versamento entro il sedici del mese successivo
(cfr. amplius, in motivazione, Sez. 3, n. 56432 del 18/07/2017, Franzini, non

6. In particolare, è stato invero precisato (così, riassuntivamente ed anche
per gli ulteriori riferimenti, Sez. 3, n. 18501 del 17/07/2014, dep. 2015, Rubino,
non mass.) che è necessario che siano assolti, sul punto, precisi oneri di
allegazione che devono investire non solo l’aspetto della non imputabilità al
contribuente della crisi economica che improvvisamente avrebbe investito
l’azienda, ma anche la circostanza che detta crisi non potesse essere
adeguatamente fronteggiata tramite il ricorso ad idonee misure da valutarsi in
concreto. Occorre cioè la prova che non sia stato altrimenti possibile per il
contribuente reperire le risorse economiche e finanziarie necessarie a
consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur
avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo
patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di
un’improvvisa crisi di liquidità, quelle somme necessarie ad assolvere il debito
erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e ad allo
stesso non imputabili. Mentre in ogni caso, ai fini della sussistenza del reato, non
è richiesto il fine di evasione, tantomeno l’intima adesione del soggetto alla
volontà di violare il precetto, il dolo del reato in questione essendo integrato
dalla condotta omissiva posta in essere nella consapevolezza della sua illiceità,
non richiedendo la norma, quale ulteriore requisito, un atteggiamento antidoveroso di volontario contrasto con il precetto violato.
7.

In definitiva, quindi, la forza maggiore che esclude la

suitas della

condotta è la vis cui resisti non potest, a causa della quale l’uomo non agit sed

agitur. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la forza maggiore
rileva come causa esclusiva dell’evento, mai quale causa concorrente di esso
(Sez. 4, n. 1492 del 23/11/1982, Chessa, Rv. 157495; Sez. 4, n. 1966 del
06/12/1966, Incerti, Rv. 104018; Sez. 4 n. 2138 del 05/12/1980, Biagini, Rv.
148018); essa sussiste solo e in tutti quei casi in cui la realizzazione dell’evento
stesso o la consumazione della condotta antigiuridica è dovuta all’assoluta ed
incolpevole impossibilità dell’agente di uniformarsi al comando, mai quando egli

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mass.).

si trovi già in condizioni di illegittimità, e non può quindi ricollegarsi in alcun
modo ad un’azione od omissione cosciente e volontaria dell’agente.
In tal modo è stato sempre escluso, quando la specifica questione è stata
posta, che le difficoltà economiche in cui versa il soggetto agente possano
integrare la forza maggiore penalmente rilevante (Sez. 3, n. 4529 del
04/12/2007, Cairone, Rv. 238986; Sez. 1, n. 18402 del 05/04/2013, Giro, Rv.
255880; Sez. 3, n. 24410 del 05/04/2011, Bolognini, Rv. 250805; Sez. 3, n.
9041 del 18/09/1997, Chiappa, Rv. 209232; Sez. 3, n. 643 del 22/10/1984,

Nei reati omissivi integra pertanto la causa di forza maggiore l’assoluta
impossibilità, non la semplice difficoltà di porre in essere il comportamento
omesso (Sez. 6, n. 10116 del 23/03/1990, Iannone, Rv. 184856). Sì che: a) il
margine di scelta esclude sempre la forza maggiore perché non esclude la suitas
della condotta; b) la mancanza di provvista necessaria all’adempimento
dell’obbligazione tributaria penalmente rilevante non può pertanto essere
addotta a sostegno della forza maggiore quando sia comunque il frutto di una
scelta politica imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità; c) non si
può invocare la forza maggiore quando l’inadempimento penalmente sanzionato
sia stato con-causato dai mancati accantonamenti e dal mancato pagamento alla
singole scadenze mensili e dunque da una situazione di illegittimità; d)
l’inadempimento • tributario penalmente rilevante può essere attribuito a forza
maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore che non ha
potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e
che sfuggono al suo dominio finalistico.
8. Alla stregua dei rilievi che precedono, quindi, nonché dalle stesse
emergenze processuali e dalle convinzioni espresse dal ricorrente, quest’ultimo
operò altre scelte imprenditoriali, omettendo di versare tempestivamente
all’Istituto previdenziale quanto già avrebbe dovuto essere accantonato in suo
favore, ed in ogni caso scegliendo i creditori da soddisfare e comunque
disegnando la scaletta dei propri impegni economici secondo necessità aziendale
e non secondo gli obblighi di legge. In tal modo collocandosi al di fuori del
perimetro della forza maggiore, ed integrando sicuramente l’elemento soggettivo
del reato.
D’altronde le vicissitudini lamentate, in relazione ad es. all’andamento del
mercato ovvero all’impossibile accesso al credito bancario, appaiono legate
all’ineludibile rischio d’impresa.
8.1. Anche recentemente, in conclusione, è stato così ribadito che il reato di
omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali è a dolo generico,
ed è integrato dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti,
ravvisabile anche qualora il datore di lavoro, in presenza di una situazione di

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Bottura, Rv. 167495; Sez. 3, n. 7779 del 07/05/1984, Anderi, Rv. 165822).

difficoltà economica, abbia deciso di dare preferenza al pagamento degli
emolumenti ai dipendenti ed alla manutenzione dei mezzi destinati allo
svolgimento dell’attività di impresa, e di pretermettere il versamento delle
ritenute all’erario, essendo suo onere quello di ripartire le risorse esistenti all’atto
della corresponsione delle retribuzioni in modo da adempiere al proprio obbligo
contributivo, anche se ciò comporta l’impossibilità di pagare i compensi nel loro
intero ammontare (Sez. 3, n. 43811 del 10/04/2017, Agozzino, Rv. 271189).
9. In definitiva, quindi, il complessivo motivo di impugnazione non appare

Ne consegue altresì la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma il 06/03/2018

Il Consigliere estensore
dio Cerroni

Il Presidente
Giulio Sarno

meritevole di accoglimento, per cui va rilevata l’infondatezza del ricorso.

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