Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19670 del 06/03/2018
Penale Sent. Sez. 3 Num. 19670 Anno 2018
Presidente: SARNO GIULIO
Relatore: SEMERARO LUCA
SENTENZA
sul ricorso proposto da
AMORE MARCO nato il 01/04/1970 a ROMA
avverso la sentenza del 08/11/2016 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere LUCA SEMERARO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Gianluigi
Pratola, che ha concluso per l’inammissibilità;
il difensore presente avv. Pierfrancesco Bruno si riporta ai motivi e in subordine
chiede la prescrizione
Data Udienza: 06/03/2018
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Roma, con la sentenza del 8 novembre 2016, ha
confermato la condanna di Marco Amore alla pena di anni uno di reclusione ed
euro 2.000 di multa per il delitto ex art. 73 comma 5 del D.P.R. n° 309 del 1990
pronunciata dal Tribunale di Roma con la sentenza del 24 novembre 2011.
Marco Amore è stato condannato per la detenzione di 15 dosi di cocaina di cui
4 dosi, chiuse con laccetti di plastica di colore verde, con anima di metallo, erano
alla sua estremità, e situato nel corridoio adiacente la porta d’ingresso della sua
abitazione. Altre 11 dosi, confezionate con cellophane e chiuse con !accetti in
plastica di colore bianco, con anima di metallo, erano nascosti all’interno di
contenitore di plastica trasparente posto in una canalina utilizzata per il passaggio
dei fili dell’energia elettrica. La canalina si trovava nel corridoio adiacente la porta
di ingresso dell’abitazione dell’Amore.
2. Il difensore di Marco Amore ha proposto ricorso per cassazione avverso la
sentenza del 8 novembre 2016 della Corte di appello di Roma.
2.1. Con il primo motivo, la difesa ha dedotto il vizio di mancanza e/o
manifesta illogicità della motivazione per l’omessa risposta ai motivi di appello
• relativi alle condizioni ed alla qualità della sostanza rinvenuta, in particolare quanto
alla diversa concentrazione del principio attivo contenuto nei singoli reperti in
sequestro.
La difesa, dopo aver riportato la motivazione della sentenza della Corte di
appello di Roma (pag. 2 «non vi siano dubbi circa la riferibilità ad Amore di tutta
la droga de qua, la cui destinazione allo spaccio è agevolmente desumibile dalla
sua suddivisione in ben 15 involucri e dal numero tutt’ altro che minimale di dosi
medie ricavabili»), ha rilevato che con i motivi di appello aveva evidenziato che le
analisi chimiche effettuate sulla sostanza rinvenuta e suddivisa in tre reperti,
avevano rivelato che i campioni analizzati erano fra loro diversi quanto a peso
specifico e non erano omogenei quanto alla percentuale del principio attivo.
I 15 reperti erano stati suddivisi in 3 campioni di cui il primo è risultato
contenere 1,053 grammi di cocaina al 46%; il secondo 2,995 grammi al 48%; il
terzo 1,542 grammi di cocaina al 60%.
Secondo la difesa, tale circostanza non si conciliava con la destinazione alla
cessione a terzi, perché, per comune esperienza, i cedenti in genere acquistano
partite di una certa consistenza, per poi procedere alla suddivisione in dosi, al
confezionamento e poi alla cessione.
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contenute in un fazzoletto di carta nascosto all’interno di un tubo di ferro, aperto
Per la difesa, i tre singoli campioni dovevano essere necessariamente
provenienti all’origine da tre diverse partite di stupefacente, circostanza che mal
si conciliava con le modalità usuali di approvvigionamento da parte dei soggetti
esercenti l’attività di spaccio al dettaglio e che deponeva per la tesi dell’uso
personale.
La difesa ha richiamato il contenuto della memoria difensiva depositata in
appello nella quale si riteneva irragionevole che uno spacciatore abituale si fosse
rifornito da fornitori eterogenei, mentre la presenza dello stupefacente poteva
consumatori. Per la difesa, la Corte di appello di Roma ha totalmente ignorato le
deduzioni difensive, mentre apoditticamente ribadiva (<