Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1966 del 24/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 1966 Anno 2016
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: VERGA GIOVANNA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DI CIANCIA FABIO N. IL 18/01/1972
avverso la sentenza n. 3130/2013 CORTE APPELLO di TORINO, del
03/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA;

Data Udienza: 24/11/2015

OSSERVA

Il ricorso di DI CIANCIA Fabio deve essere dichiarato inammissibile, giacché i motivi sono
manifestamente infondati e ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dai
giudici di merito dovendosi gli stessi considerare, per di più, non specifici.
Nella specie, ci si trova di fronte a due sentenze, di primo e secondo grado, che concordano
nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive

con quella precedente si da costituire un unico complessivo corpo argomentativo, privo di
lacune, che offre congrua e ragionevole giustificazione del finale giudizio di colpevolezza in
ordine al contestato delitto di rapina
L’argomentare dei giudici di merito possiede una stringente e completa capacità persuasiva,
nella quale non sono riconoscibili vizi di manifesta illogicità, avendo analiticamente spiegato,
con valutazioni di fatto non sindacabili in questa sede, come l’imputato si sia impossessato
della borsa che la donna teneva in mano con il manico attorcigliato attorno al polso mediante
violenza e minacce alle quali si è aggiunta l’estrazione del coltello puntato verso la borsa si da
costringere la donna a mollare la presa. Così come è stato sottolineato che nel caso di specie
sussiste pacificamente il fine dell’ingiusto profitto essendosi il ricorrente impossessato del
denaro di proprietà della donna oltre che della borsa contenente i suoi effetti personali allo
scopo di devolverli a terzi ritenuti soggetti più meritevoli. Ed è stato altresì sottolineato come la
tesi difensiva secondo la quale l’imputato avrebbe agito al solo scopo di impedire che la donna
si prostituisse non è compatibile con le modalità della condotta, quale accertata anche sulla
base delle dichiarazioni rese dal carabiniere Marinosci.
A fronte di tutto quanto esposto dai giudici di merito il ricorrente reitera una linea difensiva
basata su ragioni di merito, già congruamente disattesa nelle decisioni dei gradi precedenti .
Inoltre, le censure del ricorrente non tengono conto delle argomentazioni della Corte di appello.
In proposito questa Corte Suprema ha più volte affermato il principio, condiviso dal Collegio,
che sono inammissibili i motivi di ricorso per Cassazione quando manchi l’indicazione della
correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato,
senza cadere nel vizio di aspecificità, che conduce, ex art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c),
all’inammissibilità del ricorso (Si veda fra le tante: Sez. 1, sent. n. 39598 del 30.9.2004 – dep.
11.10.2004-rv 230634)
A mente dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità – determinata da profili di
colpa emergenti dal ricorso (v. Corte Cost. sent. 186/2000) – consegue l’onere delle spese del
procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende,
fissata in via equitativa, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di 1.000,00 (mille) euro.

P.Q.M.
1

decisioni, con una struttura motivazionale della sentenza di appello che si salda perfettamente

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma di 1.000,00 euro.
Così deliberato in Roma il 24.11.2015

Giovanna VERGA

Il Pre e e
Anto io

O

Il Consigliere estensore

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