Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19647 del 24/04/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 19647 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: LOMBARDO LUIGI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
BARALLA Gianluca, n. 1’8.6.1970;
avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze del 13.5.2013;
Sentita la relazione del Consigliere Luigi Lombardo;
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale Fulvio Baldi, che
ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito, per la parte civile, l’Avv. Enrico Marzaduri, che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
Udito, per l’imputato, l’Avv. Giovanni Aricò, che ha concluso per
l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e, in subordine, per
l’annullamento con rinvio al giudice civile competente per valore in grado
di appello;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 2.10.2013, il Tribunale di Lucca dichiarò Baralla
Gianluca responsabile del delitto di appropriazione indebita e, concesse le
attenuanti generiche, lo condannò alla pena di giustizia, oltre al

Data Udienza: 24/04/2014

risarcimento dei danni in favore della parte civile costituta, da liquidarsi in
separata sede (l’appropriazione aveva ad oggetto la somma di euro 800
mila di Pellizzari Maria – nonna dell’imputato, poi deceduta – proveniente
dalla vendita di un immobile).
Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame, ma la Corte di
Appello di Firenze, con sentenza del 13.5.2013, dichiarò non doversi

intervenuta prescrizione e liquidò il risarcimento del danno in favore della
parte civile costituita Failla Pietro Gaspare (figlio della defunta e zio
dell’imputato) in euro 200 mila, oltre agli interessi legali dall’apertura
della successione al soddisfo.
Ricorre per cassazione l’imputato – a mezzo del suo difensore deducendo la violazione degli artt. 649 cod. pen. e 129 cod proc. pen.;
deduce, in particolare, che dalla imputazione contestata all’imputato
risulterebbe che il reato è stato commesso in danno della Pellizzari,
mentre questa era ancora in vita; dunque, i giudici di merito avrebbero
dovuto fare applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art.
649 cod. pen., trattandosi di reato commesso in danno di ascendente; né
potrebbe addursi che la mancata applicazione dell’art. 649 cod. pen. non
ha costituito oggetto di apposito motivo di appello, giacché la Corte
territoriale, prima di dichiarare estinto il reato per prescrizione, avrebbe
dovuto rilevare d’ufficio la suddetta causa di non punibilità a norma
dell’art. 129 cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini che seguono.
Dalla lettura del capo di imputazione contestato all’imputato si evince
con chiarezza che il Baralla è stato chiamato a rispondere di
appropriazione indebita commessa in danno della nonna Pellizzari Maria,
madre della di lui madre (ne è chiara conferma la contestazione
dell’aggravante dell’abuso di ospitalità e relazioni domestiche, relativa al
fatto che la Pellizzari abitava in casa della figlia Failla Maria,
originariamente imputata in concorso col Baralla).
Orbene, l’art. 649 comma 1 n. 2 cod. pen. stabilisce che non è
punibile chi ha commesso un delitto contro il patrimonio (ad eccezione

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procedere nei confronti dell’imputato per essere il reato estinto per

dei delitti di cui agli artt. 628, 629 e 630 e di ogni altro delitto contro il
patrimonio commesso con violenza alle persone) in danno – tra gli altri di un ascendente in linea retta, senza che assuma rilievo la circostanza
che tra soggetto attivo e soggetto passivo del reato intercorra o meno un
rapporto di convivenza (rilevante, invece, nelle ipotesi di cui al n. 3 della
medesima disposizione).

era stata già stata sollevata dall’imputato con l’atto di appello, e disattesa
dai giudici di secondo grado; trattasi, comunque, di questione rilevabile
d’ufficio anche nel giudizio di cassazione (Cass., Sez. 2, n. 41461 del
11/11/2010 Rv. 248927; Sez. 7, n. 21579 del 06/03/2008 Rv. 239956).
Essendo pacifico che la persona offesa dal reato era ascendente in
linea retta (nonna) dell’imputato, non rimane – ai sensi dell’art. 649,
primo comma, n. 2 cod. pen. – che dichiarare la non punibilità del Baralla
per il reato di appropriazione indebita ascrittogli.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché l’imputato non è
punibile ai sensi dell’art. 649 comma 1 n. 2 cod. pen.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione
Penale, addì 24 aprile 2014.

La questione sulla sussistenza della suddetta causa di non punibilità

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